STORIA DELLA SCUOLA

image_pdfimage_print

 

STORIA DELLA SCUOLA

Settore particolare della ricerca storica sull’educazione. Allo scopo di offrire un quadro d’insieme, si restringe in questo ambito la scelta dei temi e dei problemi, e ci si limita a ripercorrere le tappe più significative dello sviluppo della scuola occidentale, le cui radici affondano nelle esperienze del vicino Oriente. Per le questioni storiografiche si rimanda a s. della pedagogia Per i contenuti si vedano, in modo particolare, le seguenti voci: Grecia, Roma, Medioevo, Umanesimo rinascimentale, Filantropismo, Risorgimento, Scuole Nuove.

1.​​ Cenno alle origini.​​ Le liste lessicali e grammaticali trovate a Shuruppak, risalienti al 2600 a.C., testimoniano l’esistenza di scuole. Le liste di parole trovate a Uruk (l’attuale Warka), attestano che già agli albori della scrittura (verso il 3200 a.C.) esisteva nella Mesopotamia un certo tipo d’insegnamento. Finché il numero di scribi necessari per le registrazioni economiche non fu elevato, si provvedeva alla loro formazione con l’apprendistato: uno scriba anziano iniziava qualche giovane all’arte dello scrivere. Quando la vita sociale diventò più complessa e le esigenze amministrative del tempio e del palazzo reale aumentarono, si dovette disporre di un maggior numero di scribi con un’ istruzione più accurata, rendendosi necessaria a tale scopo un’istituzione permanente. Questa istituzione chiamata in sumerico​​ edubba​​ («casa della tavolette») era un locale annesso al tempio. I membri dell’edubba​​ venivano denominati «figli della casa delle tavolette». Il maestro principale era assistito da uno studente anziano («fratello maggiore»). Nelle scuole più numerose, oltre l’insegnante di accadico e di disegno, esistevano i responsabili della sorveglianza e della disciplina (molto rigorosa). Il programma scolastico offerto al futuro scriba (dubsar)​​ era ampio: scrittura, grammatica, matematica e geometria, rudimenti di filosofia, teologia, diritto, geografia, amministrazione civile. Non solo gli scribi (notai, archivisti, consiglieri), ma anche gran parte della classe dirigente (nobili, sacerdoti) frequentavano la scuola. Sulle tavolette dei contratti babilonesi appare pure qualche nome di donna; tuttavia, la cultura degli scribi mesopotamici rimase limitata a un gruppo elitario. Nell’Egitto faraonico pare che l’alfabetizzazione sia stata un fatto più diffuso. L’espressione equivalente a scuola («casa dell’istruzione») appare verso il 2000 a.C. Accanto alla scrittura, l’aritmetica e la geometria, la scuola (gravitante attorno al tempio) dava spazio alle attività fisiche: tiro con l’arco, cura e uso dei cavalli, nuoto (particolarmente necessario in un paese fluviale). Le ragazze erano educate alla danza, al canto, a suonare strumenti musicali. Per ciò che riguarda la didattica, sembra probabile, «alla maggior parte degli studiosi che si sono occupati della questione, che in Egitto si insegnasse a scrivere col metodo globale senza nessun preliminare insegnamento dei singoli segni» (Moscati, 1976, 61). Vengono privilegiati, come nella Mesopotamia, i metodi mnemonici. Negli​​ Insegnamenti​​ (scritti sapienziali), letti e copiati dai ragazzi egiziani, si fustiga l’ozio e si addita come ideale «la pratica di una buona condotta verso gli altri e verso la divinità».

2.​​ La scuola in Grecia e a Roma.​​ La scuola greca raggiunse nell’epoca ellenistica la sua espressione più compiuta. La diffusione della cultura nel Mediterraneo e in parte dell’Asia non significò svuotamento della medesima, anzi favorì la consapevolezza di una tradizione e l’impegno di approfondimento dei testi «classici». Contemporaneamente, con il contatto con altri popoli, la Grecia assorbì usi e idee religiose e culturali del mondo orientale (Egitto, Siria), con ripercussioni nell’ambito scolastico, in un’epoca in cui si hanno ormai scuole pubbliche e l’istruzione non è più lasciata alla sola iniziativa privata. Le iscrizioni trovate in Asia Minore attestano la presenza di questo tipo di istituzioni nel sec. III a.C., anche se continuano a esistere quelle private sostenute dai contributi degli alunni. L’impostazione delle scuole ellenistiche nei tre livelli fondamentali e con i programmi di studi umanistici rimane un punto di riferimento fino all’età moderna: 1° La scuola primaria del​​ didáskalos​​ è frequentata dal bambino dopo i sette anni. 2° La scuola secondaria del​​ grammatikós​​ si propone di dare una cultura generale (enkyklios paideia).​​ 3° Le modalità e caratteristiche delle scuole superiori non rispondono a un modello unico. Ci sono forme «minori» come le lezioni o conferenze che si danno nel ginnasio e nell’efebía,​​ accanto alla formazione atletica. Per i giovani greci, fare gli studi superiori comportava la frequenza della scuola del retore. La filosofia era patrimonio di una​​ élite​​ ridotta. Nell’antica Roma, lo Stato non si interessa dell’organizzazione e del finanziamento della scuola finché Vespasiano (dal 69 al 79) non prende provvedimenti a favore dei maestri di retorica. Dal II sec. a.C. la scuola romana adotta sostanzialmente il modello greco in tre livelli (scuola elementare o​​ ludus;​​ scuola del​​ grammaticus;​​ scuola del​​ rethor).​​ Speciale attenzione viene dedicata allo studio del diritto e alla professione forense. Un’istituzione privata, il​​ paedagogium,​​ cura la formazione degli schiavi e liberti destinati a professioni paraliberali. Nel corso dei primi secoli, i cristiani non creano proprie scuole. Essi considerano normale che i ragazzi acquisiscano la cultura profana frequentando le comuni scuole del tempo. Gli scrittori più intransigenti nei confronti dei pericoli del paganesimo accettano la cultura tradizionale, considerata come un insegnamento di base necessario per la comprensione della Bibbia. I cristiani vissuti nel mondo classico accettano una categoria dell’umanesimo ellenistico: l’esigenza dello sviluppo di tutte le potenzialità dell’uomo in quanto tale, prima di qualsiasi altra determinazione.

3.​​ La scuola nel Medioevo.​​ Quando il Vangelo si diffonde nei popoli «barbari», la Chiesavita alla scuola, in cui l’insegnamento ha però un carattere religioso. Le prime «scuole monastiche», sorte nel sec. IV, mirano all’istruzione elementare dei «giovani oblati» accolti nel monastero ancora ragazzi; la timida apertura ai giovani laici trova forti opposizioni, soprattutto in Oriente (​​ monachesimo). Nel sec. VI sorgono le «scuole cattedrali» nelle città e, nelle campagne, le «scuole presbiterali» per assicurare la formazione dei futuri preti. Con le invasioni barbariche non scompaiono del tutto le scuole romane. Le scuole ecclesiastiche vengono organizzate «per reazione contro l’insegnamento dato dai maestri tradizionali», indirizzato ai giovani desiderosi di acquisire una erudizione profana e di ottenere un posto nell’amministrazione; i chierici, che risentono l’influenza monastica, volevano che «la Bibbia fosse nota al più grande numero di persone» (Riché, 1991, 25). In un secondo momento frequentano le scuole ecclesiastiche anche alunni chiamati alla vita laica. Il programma è modesto: leggere, scrivere, imparare alcuni salmi, canto religioso, nozioni dottrinali, canoniche e liturgiche. Sembra che le​​ ​​ arti liberali siano state insegnate in scuole episcopali spagnole promosse da​​ ​​ Isidoro di Siviglia. Lo sviluppo di alcuni centri monastici e l’impulso dato dalla legislazione scolastica di Carlo Magno produce un’offerta culturale più ricca. Nel sec. XII alcune scuole cattedrali, sorte nelle città con maggior afflusso di studenti, si trasformano gradualmente in​​ ​​ Università. L’esplosione dei mestieri lungo il sec. XIII e l’organizzazione delle corporazioni di artigiani fanno maturare l’esigenza di un periodo di apprendistato. L’apprendista non riceve solo una preparazione tecnica, ma viene anche iniziato agli usi e segreti del mestiere attraverso un prolungato contatto con il maestro nell’officina e nella casa. Finito l’apprendistato, il candidato diventa​​ ufficiale,​​ e dopo due anni di pratica,​​ ​​ maestro.

4.​​ Dal Rinascimento all’Illuminismo.​​ La centralità dell’uomo e la riscoperta dei classici greci e latini spiegano la rinnovata attenzione dell’​​ ​​ Umanesimo ai problemi della scuola. Contemporaneamente a un percettibile decadimento delle scuole ecclesiastiche nel sec. XIV, le autorità comunali dedicano maggiori cure all’organizzazione dell’istruzione e la nobiltà si mostra più sensibile alla cultura, chiamando in famiglia, come precettori dei figli, preti o laici. Tra l’istruzione elementare e le università si fa strada un tipo di istituzione scolastica il cui programma di studi umanistici è all’origine del moderno insegnamento secondario classico. Le esperienze italiane più rinomate sono la scuola di​​ ​​ Guarino e la «Ca’ giocosa» di​​ ​​ Vittorino da Feltre. Gli umanisti elaborano le prime trattazioni su temi didattici (De tradendis disciplinis​​ di​​ ​​ Vives). Ebbero notevole risonanza e influsso i primi internati fondati in Olanda dai Fratelli della Vita Comune (sec. XIV-XV). La frattura verificatasi all’interno del Cristianesimo nel sec. XVI lascia una profonda traccia nell’impostazione della scuola. Nell’ambito del​​ ​​ Protestantesimo spicca l’opera di Melantone, organizzatore dell’insegnamento secondario e superiore in Germania, e, in campo cattolico, quella dei​​ ​​ Gesuiti. Il loro regolamento o metodo di studi per i collegi (​​ Ratio studiorum)​​ rimane un punto di riferimento fino a tempi recenti; inoltre, tra i ragazzi dei quartieri poveri romani, inizia il suo lavoro, nell’ultimo scorcio del ’500, il​​ ​​ Calasanzio, creatore della scuola popolare e gratuita in Europa. Nel clima riformatore del concilio di Trento, emerge l’impegno del​​ ​​ Borromeo nella fondazione di seminari e nella diffusione di scuole domenicali. Vengono create inoltre nuove congregazioni religiose dedite all’insegnamento:​​ ​​ Barnabiti, Somaschi, Orsoline di Brescia. La svolta scientifica e filosofica del sec. XVII si riflette sul pensiero di pedagogisti interessati al rinnovamento della scuola. Tra le istituzioni sorte nel periodo: le​​ ​​ Petites écoles​​ de Port-Royal, le fondazioni di​​ ​​ Francke, la congregazione dei​​ ​​ Fratelli delle Scuole cristiane. L’affermazione dell’«onnipotenza» della ragione da parte dell’Illuminismo è all’origine dell’interesse che, nel ’700 («secolo dei lumi»), destano le questioni riguardanti la scuola. Il trinomio «istruzione, progresso, felicità» sintetizza le istanze fondamentali. In misura e a livelli diversi si fa più attiva la presenza dello Stato: vengono elaborati progetti di organizzazione dell’insegnamento pubblico (​​ Condorcet). Speciale importanza presentano le esperienze scolastiche del​​ ​​ Filantropinismo tedesco sotto l’influsso delle idee di​​ ​​ Rousseau.

5.​​ La scuola nell’Ottocento.​​ Nel clima favorito dal​​ ​​ Romanticismo (in reazione al movimento illuminista) si sviluppano la scuola popolare di​​ ​​ Pestalozzi e il giardino d’infanzia (Kindergarten)​​ di​​ ​​ Fröbel. I fatti connessi con la rivoluzione industriale (uso di nuove tecniche, presenza delle donne e dei bambini nelle fabbriche, nuove aspettative e attese nei confronti dell’istruzione) favoriscono lo sviluppo delle «scuole della domenica» e «scuole notturne» o serali per adulti e ragazzi impegnati di giorno nel lavoro. Speciale risonanza hanno le Scuole di​​ ​​ Mutuo insegnamento, sorte in Inghilterra (1797) e diffuse in Europa e America nei primi decenni dell’Ottocento. Anche le​​ Infant Schools​​ iniziate da​​ ​​ Owen in Scozia hanno vasta eco fuori della Gran Bretagna. La prima scuola infantile italiana (chiamata anche asilo) viene fondata nel 1828 da​​ ​​ Aporti. In Francia sono note le​​ Salles d’Asile​​ organizzate da​​ ​​ Oberlin. Le iniziative private sono accompagnate dagli interventi statali nell’ambito delle istituzioni scolastiche. Nel Regno Sardo, va ricordata la L. organica Casati (1859), estesa alle altre regioni italiane dopo l’unità nazionale, restando sostanzialmente in vigore fino alla riforma Gentile (1923). In Spagna, è nota la L. Moyano d’istruzione Pubblica (1857); in Francia, le leggi Guizot (1833) e Falloux (1850) instaurano la libertà d’insegnamento. Pur con lentezza e ambiguità, lo Stato si occupa della formazione tecnica e professionale. Ma va messa in risalto l’opera dei privati (La Rochefoucauld, Ridolfi,​​ ​​ Giner,​​ ​​ Manjón) e dei fondatori di istituti religiosi. Attraverso le numerose​​ ​​ Congregazioni insegnanti, maschili e femminili, fondate nel sec. XIX, la Chiesa ricupera una forte presenza nella scuola popolare e secondaria, non senza contrasti: il tema della libertà d’insegnamento occupa ampio spazio nella pubblicistica dell’Ottocento.

6.​​ La scuola alle soglie del 2000.​​ Nell’ultimo scorcio dell’Ottocento, si sviluppa un forte movimento di riforma educativa. Schematizzando, si può dire che da un periodo di centralità della scuola, nella prima metà del sec. XX, si è passati alla proposta di descolarizzazione degli anni ’60, alla neo-scolarizzazione e al ricupero della funzione educativa della scuola negli anni ’80, in un quadro di policentricità formativa che comprende tutta la società educante e non solo la scuola. Nelle strategie adottate nei Paesi occidentali per rispondere alla domanda d’ istruzione che emerge nell’attuale​​ ​​ società della conoscenza, sono individuabili queste linee di tendenza: centralità dell’educando, apprendimento lungo tutto l’arco di vita della persona, alternanza di studio e lavoro, autonomia della scuola, qualità dell’educazione, eguaglianza delle opportunità (quest’ultima proposta comporta una pedagogia individualizzata e l’offerta di pari possibilità ai due sessi), educazione interculturale e integrazione dei portatori di​​ ​​ handicap nell’istituzione scolastica ordinaria. In «prospettiva di futuro» si profila un modello di scuola neo-umanistica e solidaristica capace di accogliere anche le istanze valide di altri modelli: scuola che istruisce, che seleziona, aperta alle nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione.

Bibliografia

Moscati S.,​​ L’alba della civiltà,​​ vol.3:​​ Il pensiero, a cura di P. Fronzaroli et al., Torino, UTET, 1976;​​ De Fort E.,​​ S.d.s. elementare in Italia,​​ Milano, Feltrinelli, 1979;​​ Riché P.,​​ Réflexions sur l’histoire de l’éducation dans le Haut Moyen Age,​​ in «Histoire de l’Éducation»​​ 50 (1991) 17-38; Arch. Cent. dello Stato,​​ Fonti per la s.d.s.,​​ IV:​​ L’inchiesta Scialoja sulla istruzione secondaria maschile e femminile (1872-1875),​​ a cura di L. Montevecchi e M. Raicich, Roma, Minist. per i Beni Culturali, 1995; Gennari M.,​​ S. della Bildung: formazione dell’uomo e s. della cultura in Germania e nella Mitteleuropa,​​ Brescia, La Scuola, 1995; Chiosso G. (Ed.),​​ La stampa pedagogica e scolastica italiana, Ibid., 1997; Pazzaglia L. - R. Sani (Edd.),​​ Scuola e società nell’Italia unita. Dalla legge Casati al Centro-sinistra,​​ Ibid., 2001; Prellezo J. M. - R. Lanfranchi,​​ Educazione e pedagogia nei solchi della s., 3 voll.,​​ Torino, SEI, 2004; Chiosso G. (Ed.),​​ L’educazione nell’Europa moderna. Teorie e istituzioni dall’Umanesimo al primo Ottocento, Milano, Mondadori, 2007; Prellezo J. M., «Le scuole professionali salesiane (1880-1922). Istanze e attuazioni viste da Valdocco», in​​ L’educazione salesiana dal 1880 al 1922, vol. 1, a cura di J. G. González et al., vol. 1, Roma, LAS, 2007, 53-94.

J. M. Prellezo