SOCIETÀ

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SOCIETÀ

La varietà di uso del termine s. rende incerto ed equivoco il suo significato. Risulta, pertanto, necessario un chiarimento del concetto per giungere ad una definizione che ne consenta un’utilizzazione controllata ed epistemologicamente corretta.​​ 

1.​​ Una «prospettiva» per una definizione.​​ La chiarificazione del significato dipende anche dalla prospettiva in cui ci si colloca; il nostro approccio è quello tipico della scienza della s. (​​ scienze sociali): la sociologia. In questa disciplina l’accezione supera ogni approssimazione e genericità e viene riferita a una «totalità complessa» che include ogni forma di relazione tra gli uomini, sia a livello strutturale che culturale, e riguarda le varie dimensioni del vivere sociale: politica, economica, culturale, ricreativa, ecc. In questa visione di «totalità» deve essere percepita un’unità globale di gruppi, livelli e forme di vita istituzionale che si rapportano tra di loro e formano un’unità distinta rispetto a tutte le altre. Il concetto e l’accezione del termine s. che meglio esprime tutti questi aspetti, è quello di «s. globale» e la sua definizione può essere formulata nel modo seguente: «una s. è una organizzata collettività di persone, viventi insieme in un comune territorio, cooperanti in gruppo per soddisfare i loro bisogni sociali fondamentali, abbraccianti una comune cultura e funzionanti come una distinta unità sociale» (Fichter, 1969). Questa accezione di «s. globale» trova la sua concretizzazione nella​​ ​​ nazione. In essa gli elementi precedenti sono collocati in una continuità storica, arricchiti di una identità comune e di una coscienza collettiva e riconosciuti nelle loro differenziazioni interne.

2.​​ L’evoluzione storica.​​ Come ogni esperienza umana, l’organizzazione della vita sociale ha avuto fondamentali evoluzioni nel tempo. Si è passati dalla s. arcaica, che basava i vincoli del vivere sociale sui legami tribali o di sangue, alle forme più evolute fondate sugli interessi comuni e sulla solidarietà tra gli abitanti della stessa città (città-stato), a realtà basate su modalità razionali di organizzazione. Nelle sue diverse forme, la s. trova la ragione di esistere nella sua capacità di canalizzare, organizzare e soddisfare i bisogni fondamentali di coloro che la costituiscono. La sua struttura e il suo funzionamento si adeguano alle situazioni, alle esigenze, ai compiti che nel tempo sono andati sempre più differenziandosi e specializzandosi segnando un percorso che dalla s. primitiva è giunto all’attuale s. complessa. In questo cammino evolutivo non è mutata soltanto l’organizzazione, la struttura e il funzionamento della s., ma anche la sua fondazione teorica e l’interpretazione complessiva. Le diverse forme della vita sociale si sono basate su teorie che rispecchiavano concezioni filosofiche differenti. Fino al Cinquecento-Seicento è stata vincente la concezione dell’uomo «naturalmente socievole» e di conseguenza la s. è stata percepita come un evento di ordine naturale. Il filosofo inglese T. Hobbes oppone a tale interpretazione una visione problematica della condizione umana. Se la realtà è caratterizzata dalla «guerra di tutti contro tutti», non ci può essere altro fondamento alla convivenza umana che quello contrattuale: solo uno stato onnipotente può salvaguardare la pace. Partendo dallo stesso presupposto,​​ ​​ Rousseau giunge alla contrapposizione natura-stato, individuando nella costituzione della s. un fattore di corruzione dell’uomo, piuttosto che un antidoto alle sue difficoltà relazionali. Fino all’avvento dell’Illuminismo è la filosofia la prospettiva prevalentemente utilizzata per spiegare l’origine e il senso del vivere sociale. Successivamente si aprirà la fase in cui prevarrà lo studio positivo della s. e di tutti i fenomeni; a partire da A. Comte, si elaboreranno teorie sociologiche generali aventi come oggetto il funzionamento della s. e lo sviluppo della sociologia assicurerà modelli, metodi e chiavi interpretative sempre più precise e raffinate.

3.​​ Alcune caratteristiche fondamentali della s.​​ Concentrando la nostra attenzione sulla realtà sociale attuale, riscontriamo che elementi fondamentali di ogni s. sono la marcata differenziazione istituzionale e di gruppi sociali. Le diverse istituzioni e gli stessi gruppi tendono sempre più a specializzarsi per trovare una particolare collocazione all’interno della s. A seconda delle funzioni svolte dai diversi gruppi e della necessità e dell’apprezzamento che riserva la stessa s. alle loro caratteristiche e obiettivi, viene a costituirsi una sorta di preminenza di alcuni su altri, tanto da costituire una stratificazione che accentua sempre più le distanze. In ogni s., pertanto, si possono riconoscere criteri particolari nella differenziazione tra le persone, basati sia sulle loro caratteristiche individuali che sulla appartenenza a determinati gruppi. Quanto più le differenziazioni sono marcate, tanto più si evidenzia l’eterogeneità e la stratificazione di una s., la specializzazione e complessità della sua organizzazione e del suo funzionamento e l’insieme delle tensioni che concorrono a rendere dinamico l’intero sistema. La riflessione e la ricerca sociale, attualmente, si occupano soprattutto di questi fenomeni, studiando le varie forme e criteri della​​ ​​ complessità sociale e la loro incidenza sulla vita sociale. I rapidi e profondi cambiamenti, che hanno fatto parlare di «cambiamento d’epoca», evidenziano sempre più i rischi di perdita di identità e di emarginazione e la necessità di coniugare globalizzazione e localizzazione, orizzonte planetario e concretezza della vita in contesto, multicultura e insieme senso di appartenenza e di identità personale e sociale.

4.​​ L’esperienza individuale della s.​​ La dimensione sociale è un fatto connaturale al vivere umano. Non si tratta però di un fatto scontato, ma piuttosto problematico, soprattutto oggi a motivo dei cambiamenti della realtà sociale. La problematicità risiede, tuttavia, in due esigenze contrapposte: la necessità di rendere l’agire sociale prevedibile e fruibile attraverso la mediazione simbolica, che oggi si presenta diversificata e frammentata, e il riscontro della imprevedibilità del comportamento umano che esprime libertà e creatività. La mediazione simbolica ha sempre un carattere riduttivo perché la s., sull’esigenza della prevedibilità, cerca di costituire un sistema culturale atto a fondare una sufficiente omogeneità tra i membri e a regolare così i loro rapporti. La crescente esigenza di razionalità e di varietà degli apparati, tuttavia, rischia sempre più di costringere gli individui nei ruoli da interpretare e di legarli all’efficienza che l’esercizio di un ruolo deve assicurare. La soggettività individuale, pertanto, è spinta a cercare modalità significative di convivenza con la razionalità del sistema, sia in senso adattivo sia nella prospettiva di reinterpretare e modificare le norme attraverso cui si esprime la mediazione simbolica della s. Il rapporto tra soggettività individuale e sistema sociale, oggi, è reso particolarmente incerto; le regole che lo «normalizzano», infatti, sotto la spinta della creatività individuale ma anche delle nuove esigenze della s., sono diventate incerte, fluide. Il sociale, quindi, come luogo di incontro e di scambio non è più rassicurante e la s. è segnata da uno stato fluido e non strutturato, una «modernità liquida», sempre più individualizzata e privatizzata. In questa situazione, è possibile rinunciare a tentativi miranti ad organizzare le strutture e a definire le regole comuni per realizzare l’interdipendenza e il buon vivere delle persone? L’interrogativo è puramente retorico. La s. attuale ha bisogno di protagonisti che la rendano spazio organizzato della convivenza pacifica e solidale.

Bibliografia

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V. Orlando​​