UNIVERSITÀ

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La sua origine risale al XII sec. nella forma della corporazione,​​ universitas, degli studenti a Bologna o dei docenti a Parigi (​​ Medioevo,​​ ​​ Scolastica). Le attuali u. si caratterizzano per una serie di tratti comuni: status formale di u.; diritto di conferire titoli; livello di ricerca in generale superiore alle altre istituzioni di​​ ​​ istruzione superiore; corsi di 1°, 2° e 3° ciclo; organizzazione pluridisciplinare e pluridipartimentale; subordinazione dell’accesso al conseguimento almeno del diploma della secondaria superiore.

1.​​ L’u. nei Paesi sviluppati. Benché già negli anni ’70 del sec. scorso si sia raggiunto il traguardo dell’u. di massa, tuttavia l’ammissione​​ continua ad essere un problema anche se meno acuto che per il passato. In proposito nei vari Paesi esistono tre tipi di politiche: alcuni adottano il «numerus clausus» che prevede certi tetti nell’accesso, altri seguono un modello aperto per cui tutti i diplomati della secondaria superiore possono iscriversi, altri ancora utilizzano forme miste secondo le specializzazioni ed è la formula più seguita. In connessione con questa situazione, negli anni ’60 e ’70 si è assistito allo sviluppo di un settore non universitario di istruz. superiore, che nel tempo è cresciuto in misura sempre più consistente. La ricerca dell’eguaglianza delle opportunità nell’accesso ha dato a un numero maggiore di giovani capaci dei ceti più bassi la possibilità di proseguire gli studi all’u. ed è anche alla base della crescita spettacolare della partecipazione delle donne. È pure aumentato il numero degli allievi a tempo parziale e si è registrata un’espansione quantitativa degli adulti; le u. sembrano aver assunto ormai stabilmente la funzione dell’educazione permanente e degli adulti, accanto a quelle tradizionali della formazione iniziale delle classi dirigenti e della ricerca. Passando ai​​ curricoli, recentemente si è assistito a un maggior sviluppo di corsi professionalizzanti. Nella grande maggioranza dei Paesi gli studi di dottorato sono di competenza esclusiva delle u. A partire dagli anni ’70 del sec. scorso è incominciata una graduale crescita degli iscritti ai corsi di tipo «masters» che stanno registrando attualmente una forte espansione: infatti essi offrono una preparazione professionale superiore e, a seconda dei Paesi, possono anche aprire la via al dottorato. Recentemente all’insegnamento tradizionale si stanno affiancando – o lo stanno sostituendo – strategie didattiche innovative quali: la centralità del lavoro apprenditivo dello studente; l’introduzione generalizzata delle attività formative, oltre alla lezione frontale; l’attenzione alle possibili ricadute operative; la ricerca di una valutazione formativa continua e integrata; l’intenzionalità pedagogica di un rapporto studente-docente più personalizzato; la necessità di più spazi, attrezzature, in particolare informatiche e telematiche, servizi, personale intermedio per il lavoro dello studente. Nel campo della ricerca sono diminuite le sovvenzioni statali e le autorità hanno sollecitato il settore privato a intervenire. Più in generale è cresciuto il legame dell’u. con i contesti territoriali. In linea di massima i laureati godono di opportunità di lavoro più elevate dei giovani che possiedono titoli di studi inferiori, benché non siano preservati dalla disoccupazione; al tempo stesso essi tendono talora a essere occupati in lavori che un tempo erano svolti dai diplomati della secondaria superiore. Un problema fondamentale in questo campo consiste nell’adeguare i curricoli alle domande del mercato di lavoro. Il tema della qualità ha assunto negli anni ’90 un posto centrale, mentre la decade ’60 era dominata dalla preoccupazione dell’espansione quantitativa e gli anni ’70-’80 dalla prospettiva dell’eguaglianza e della partecipazione. Per l’effetto dell’avvento della società della conoscenza e delle esigenze di consolidamento dell’u. di massa, la determinazione degli obiettivi e delle funzioni è in parte sfuggita al controllo degli organismi rappresentativi del corpo docente per passare alle autorità pubbliche. Da ultimo va ricordato che sul piano dell’innovazione ha assunto recentemente un significato emblematico il​​ ​​ Processo di Bologna​​ che i Paesi dell’​​ ​​ Europa stanno realizzando dal 1999 al fine di arrivare a riforme convergenti dell’u.

2.​​ L’evoluzione recente in Italia. Dopo la creazione dello Stato unitario il sistema universitario è stato organizzato prima dalla L. Casati (1859) e poi dalla riforma​​ ​​ Gentile (1923); nonostante il liberalismo moderato della prima e alcuni aspetti progressisti della seconda, il​​ centralismo​​ è stato sempre forte. La Costituzione repubblicana ha sancito il diritto delle u. di darsi ordinamenti autonomi; tuttavia, l’adeguamento a questa svolta, come alle istanze emergenti dalla società, è stato molto lento e la contestazione giovanile ha rappresentato la manifestazione più vistosa di un diffuso disagio per tali ritardi. Negli anni ’80 è stata avviata l’opera di​​ modernizzazione. Con la L. n. 382 / 80 la funzione docente è articolata nelle due categorie degli ordinari e degli associati anche secondo modalità di impegno effettivo e viene avviata la sperimentazione del​​ ​​ dipartimento per cui la facoltà cessa di essere la struttura fondamentale dell’u. e si crea una distinzione netta fra l’organizzazione della ricerca (dipartimenti e istituti) e dell’insegnamento (corsi di laurea e facoltà). La L. n. 168 / 89 che istituisce il Ministero dell’u. e della ricerca scientifica cambia il ruolo determinante svolto fino a quel momento dallo Stato nei confronti delle u. in quanto per la prima volta è attribuita a ciascuno di essi la facoltà e l’obbligo di formulare autonomamente i propri statuti e regolamenti. Per effetto della L. di riforma degli ordinamenti didattici universitari n. 341 / 1990 i titoli rilasciati dalle u. diventano quattro perché alla laurea tradizionale, alle specializzazioni e al dottorato di ricerca si viene ad aggiungere il diploma universitario che mira a formare delle professionalità intermedie. Con questa L. vengono anche avviate modifiche sostanziali sul piano metodologico: tra l’altro, ogni studente potrà contare su un professore, il tutore, che lo aiuterà non solo nell’orientamento iniziale, ma durante tutto il percorso formativo. Nonostante ciò, l’u. continua a soffrire di gravi disfunzioni che possono essere identificate nell’elevata percentuale di studenti fuori corso, negli alti tassi di abbandono degli studi prima del conseguimento del titolo e nel numero di laureati estremamente basso in relazione agli iscritti. A questi problemi intende dare risposta il decreto ministeriale n. 509 / 99. Infatti, esso si propone le seguenti mete: diminuire i tempi per il conseguimento dei titoli, riducendo la consistenza degli abbandoni e abbassando l’età media di accesso del laureato al mondo del lavoro; integrare conoscenze culturali e competenze professionali mediante tra l’altro il riordino delle classi dei corsi di laurea, l’introduzione di esperienze pratiche e il ricorso ad un’offerta formativa interdisciplinare; delineare un iter formativo distribuito su più livelli, in particolare quelli di laurea e di laurea specialistica e i master, mirato tra l’altro a promuovere l’apprendimento lungo tutto l’arco della vita; facilitare la mobilità orizzontale e verticale degli studenti sia sul piano nazionale che su quello internazionale (come in particolare con i programmi​​ ​​ Erasmus), attraverso l’introduzione del sistema dei crediti; adeguare l’offerta formativa alle esigenze del contesto socio-economico e culturale. Con la​​ recente riforma​​ l’u. italiana si è resa più flessibile, prevedendo la laurea dopo tre anni e la laurea magistrale in seguito ad un ulteriore ciclo di due anni. Inoltre, il rinnovamento contempla lo spostamento del baricentro del processo di insegnamento-apprendimento verso lo studente e l’apprendimento; nella medesima direzione va anche l’attribuzione di nuove funzioni al personale insegnante, in particolare nell’orientamento e nel tutorato. A ciò si aggiunge la tendenza verso una maggiore autonomia delle u. Nello stesso tempo, la riforma si è scontrata con l’autoreferenzialità del mondo universitario; l’autonomia non ha camminato sufficientemente; anche le innovazioni in tema di valutazione sono state parziali. Nonostante le problematiche appena richiamate, la riforma sta incominciando a dare i primi risultati positivi, anche se il panorama continua a presentare molteplici ombre.

Bibliografia

Delors J. et al.,​​ L’éducation.​​ Un trésor est caché dedans, Paris, Editions Unesco / Editions Odile Jacob,​​ 1996; Associazione Treelle,​​ U. italiana,​​ u. europea, Quaderno 3 (2003) 8-182; Elevati C. - F. Lanzoni,​​ 3+2=La nuova u., Milano, Alpha Test, 2004; Malizia G. (Ed.),​​ Pedagogia e didattica universitaria dopo la riforma, in «Orientamenti Pedagogici» 51 (2004) 749-956; Balloni A. et al. (Edd.),​​ La riforma universitaria nella società globale, Milano, Angeli, 2005; Censis,​​ 40° Rapporto sulla situazione sociale del paese 2006, Ibid., 2006.

G. Malizia