EDUCAZIONE INTERCULTURALE

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EDUCAZIONE INTERCULTURALE

Il termine e.i. entra in maniera diffusa nel patrimonio linguistico italiano allargato, non solo pedagogico, inizialmente alla fine degli anni ’70 ed acquista sempre maggiore risonanza nel decennio successivo per poi raggiungere il suo culmine negli anni ’90 in concomitanza a fenomeni di grande portata come: i nuovi movimenti migratori internazionali; lo stato di guerra in diversi paesi del mondo; la richiesta di pace avanzata da singoli e da gruppi organizzati; il dialogo tra Europa occidentale ed orientale; la missione ecumenica delle chiese; la caduta delle ideologie; lo sfaldamento dell’assetto politico-geografico successivo alla seconda guerra mondiale; la demistificazione del​​ Welfare State;​​ il potere crescente dei mezzi di comunicazione di massa; l’accorciamento delle distanze sia in termini di vicinanza tra popoli e culture, sia in termini di mobilità sociale, nel passaggio da una classe sociale all’altra.

1.​​ Precedenti storici.​​ L’e.i. viene citata nei testi universitari degli anni ’50, che si occupano di e. internazionale, di e. allo​​ ​​ sviluppo, e diviene parte dei corsi intesi a leggere la storia e la società secondo un’ottica aperta. Nella scuola italiana l’e.i. è presente ma poco visibile, salvo rare eccezioni, come parte generica, talvolta sperimentale, dei contenuti didattici ampliati o ristretti dagli insegnanti più o meno sensibili a questo aspetto. Nella storia della pedagogia è difficile non trovare accenni all’e.i., anche se le dizioni potrebbero essere diverse: e. alla vita sociale e politica (​​ Platone); affermazione della dignità umana (​​ Kant); importanza dell’insegnamento e dell’apprendimento linguistico, studio delle lingue straniere (​​ Pestalozzi); ricerca dell’unità nella molteplicità (​​ Fröbel); spiritualità ed eticità dell’e. (​​ Lambruschini); scuola e società (​​ Gabelli,​​ ​​ Dewey). In tappe storiche come la Dichiarazione di Indipendenza americana, la Rivoluzione francese, le guerre mondiali e nelle fasi del colonialismo e della decolonizzazione di interi continenti, l’e.i. ha avuto un suo ruolo ed una sua collocazione non sempre univoca e coerente con l’accezione attuale. Ad es. durante il nazionalsocialismo in Europa, l’e.i. negli USA si presenta come la risposta alla campagna antisemita di Hitler e successivamente, negli anni ‘60 si parla di pluralismo culturale, abbandonando la dizione precedente e distinguendo l’una e l’altro dal concetto di e. multiculturale. Con riferimento al materiale storico va detto che l’approccio interculturale è nella sostanza stessa dell’e. intesa, da Socrate in poi, anche se con toni diversi, come intervento, processo, aperto e dinamico in continua trasformazione finalizzato allo sviluppo completo dell’essere umano. Da questa nozione di base conseguono innumerevoli corollari che spaziano dal bilinguismo all’idea di dimensione mondiale dell’e., dal​​ ​​ volontariato allo scambio tra studenti delle scuole secondarie e dell’università, dall’insegnamento della religione come disciplina scolastica al dialogo interreligioso, dalla cittadinanza alla cultura costituzionale. Né va trascurato che molta della letteratura dell’infanzia è costituita da racconti e da fiabe nate in terre lontane, rispetto all’Italia ad es., che hanno lo scopo, tra l’altro, di far entrare in un fantastico costruito con elementi estranei alla quotidianità del bambino.

2.​​ Stato della questione.​​ In generale l’e.i. si riferisce all’e. rivolta a due o più gruppi etnici. Le​​ ​​ organizzazioni internazionali la promuovono costantemente. Per una parte della pedagogia italiana, l’e.i. è un nuovo approccio teorico e pratico all’e., un’ipotesi di lavoro più che una metodologia; per la didattica non è una materia curricolare da introdurre nella scuola, ma uno sguardo in trasversale alle varie materie d’insegnamento; per la sociologia essa rimanda alle tesi sulla società multiculturale e sul razzismo, forse nuove per l’Italia preindustriale del dopoguerra, ma non certo per le grandi metropoli europee e non europee; per la politica si spiega con azioni concrete intese alla reciprocità tra culture, oppure con la modificazione della vita urbana e del mercato del lavoro; per l’antropologia si parla di etnocentrismo, di relativismo culturale, di pregiudizio etnico; per la psicologia si ricorre alle categorie della differenza e dell’integrazione. Il tutto dimostra che l’e.i. non sembra essere codificabile in regole di nuovo genere, rispetto a concetti portanti propri delle varie discipline. Ciò che invece risulta originale e da osservare e valutare con sensibilità pedagogica è la particolare conformazione interdisciplinare che assume oggi in Italia ed in altri Paesi questo tipo di e. Ci si rende così conto che in ogni contesto la tradizione pedagogica orienta decisamente l’accostamento inter-multi-culturale (multietnico, multirazziale, antirazzista, polisemantico) al punto da far variare notevolmente espressioni, significati, interpretazioni. Lo spazio definito dall’​​ ​​ e. comparata si arricchisce di denominazioni generali dal contenuto etico-giuridico come la convivenza civile.

Bibliografia

Secco L. et al.,​​ Pedagogia interculturale. Problemi e concetti, Brescia, La Scuola, 1992; Gobbo F.,​​ Pedagogia interculturale: il progetto educativo nelle società complesse, Roma, Carocci, 2000; Venza M.,​​ Nuove prospettive dell’e. all’intercultura, Messina, EDAS, 2003; Chistolini S.,​​ Pedagogia e carisma nella globalizzazione, Lecce, Pensa MultiMedia, 2003; Nanni A. - S. Curci,​​ Buone pratiche per fare intercultura, Bologna, EMI, 2005; Chistolini S., (Ed.),​​ Pedagogia della cittadinanza. Lo sviluppo dell’intercultura nella formazione universitaria degli insegnanti, Lecce, Pensa MultiMedia, 2007.

S. Chistolini

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