DONNA

image_pdfimage_print

 

DONNA

Il termine d. da​​ dŏmna​​ (m), forma sincopata del lat.​​ domina​​ (signora, padrona) da​​ dominus​​ (signore, padrone), analogicamente al biblico «´​​ /​​ iššah», entra nella lingua nel 1294. Preposto a un nome femminile, conserva il senso lat. di qualifica nobiliare attribuita alle consorti di personaggi autorevoli o rappresentativi. Nel linguaggio comune indica la persona adulta di sesso femminile. Nel termine d. confluiscono opposte reazioni emotive socio-culturali e socio-religiose che vanno dall’esaltazione all’umiliazione / sudditanza, come pure polarità alternative, quali Eva / Maria, Diavolo / Angelo, Seduttrice / Consolatrice, Nemica / Rifugio. Spesso indica la d. in relazione, come figlia, sorella, sposa, madre dell’uomo. Difficilmente indica la d. concreta; in questo caso si usa il plurale. Spesso evoca la condizione asimmetrica della d. rispetto all’uomo, un’asimmetria che ha radici remote e persiste nonostante le azioni positive a favore della parità, come se non potesse essere eliminata, ma solo spostata in avanti.

1.​​ Dalla disputa all’autocoscienza femminile.​​ Nel 1595 Orazio Plata traduce e divulga l’opera di Acidalius Valens,​​ Disputatio perjucunda qua anonimus probare nititur «mulieres homines non esse»: «le d. non sono uomini», una tesi tanto ovvia da risultare ridicola, richiama però la​​ mens​​ misogina che identifica la persona umana con il maschio. Graziano (sec. XII) lo affermava sicuro: «L’immagine di Dio è nel maschio creato unico, origine di tutti gli uomini, che ha ricevuto da Dio il potere di governare come suo sostituto, perché è immagine di Dio unico. Ed è per questo che la d. non è fatta ad immagine di Dio» (Decretum Gratiani​​ q. 5, c. 33). È una concezione abbastanza generalizzata; è presente in numerose culture anche alternative tra loro; favorisce il transito indisturbato di stereotipi e resiste persino nella modernità: l’unità del genere umano si realizza nel maschio, il principe (archón) che rappresenta il principio (arché). Quindi, la d. è diversa dall’uomo nel senso che è inferiore, minore, bisognosa di essere custodita e sorvegliata. La coscienza dell’uguaglianza ancora nel sec. XVI è solo di d. dell’élite. Con il diffondersi della filosofia razionalistica, che fonda i diritti sulla comune natura umana, matura la consapevolezza dell’uguaglianza tra gli esseri umani che, però, viene più facilmente riconosciuta al servo che alla d. La Rivoluzione francese proclama l’uguaglianza, la libertà, la fraternità; diffonde le idee liberal-democratiche, redige la​​ Dichiarazione dei diritti del cittadino; non riconosce, però, la cittadinanza alla d. Olympie de Gougues viene ghigliottinata nel 1793 per la sua​​ Déclaration des droits de la femme et de la citoyenne​​ (1791). Le d. più consapevoli danno vita a movimenti di emancipazione, iniziano rivendicando dei diritti civili, ma progressivamente estendono la richiesta alla piena cittadinanza in ambito socio-politico, familiare e religioso. Negli anni ’60 dall’idea di emancipazione si passa a quella di liberazione con la denuncia dei sistemi culturali maschilisti che ritengono la d. il secondo sesso (S. de Beauvoir,​​ Il​​ secondo sesso,​​ 1948). Si accende un vivace dibattito sul rapporto dialettico natura / cultura. Le scienze antropologiche, specie quelle umanistiche, lasciano intravedere l’urgenza di superare la contrapposizione perché l’identità si costruisce dal convergere in unità di molteplici fattori, in particolare il patrimonio genetico, contesto, autodeterminazione del soggetto.

2. L’attuale percorso: tessendo rapporti,​​ cercando vie nuove.​​ Negli anni ’70 inizia una riflessione propositiva sulla differenza, talvolta espressa in forme radicali che inferiorizzano il maschile a vantaggio del femminile, ricalcando con il segno opposto le orme del patriarcato. Al di là di questi esiti, il movimento di pensiero con altre espressioni culturali, specie con la riflessione sulla reciprocità, ha offerto un contributo significativo: ha risvegliato in molte d. il desiderio e l’impegno di crescere in un’identità più profonda, rifiutando l’omologazione al modello maschile e valorizzando la propria e l’altrui diversità come risorsa; ha spinto anche l’uomo a mettere in crisi gli stereotipi e le ambiguità dell’antropologia​​ recepta; è sempre più condivisa l’idea che l’umanità è uniduale nel confronto e nella reciprocità di maschile e femminile. In questo percorso le ragazze, valorizzando le possibilità offerte dalla scolarizzazione di massa, hanno sovente superato i ragazzi: è la generazione femminile del sorpasso negli studi universitari, nelle qualifiche professionali, non però nei poteri decisionali. In questo itinerario di nuova consapevolezza va riconosciuto, non solo a livello ecclesiale, ma globale, il ruolo singolare svolto da Giovanni Paolo II che con la​​ Mulieris dignitatem​​ ha divulgato le acquisizioni emerse dagli studi delle d., specie della teologia al femminile, le ha ricontestualizzate nella​​ Lettera alle d.​​ e in altri interventi. Esse sono riproposte, poi, nel​​ Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa. Il Papa ha coniato l’espressione «genio femminile» (MD​​ 30,31;​​ Lettera​​ 9-12). È una via singolare per approfondire l’identità e la missione della d.: in questa via – teorica e pratica – sono coinvolti d. ed uomini in reciprocità, valorizzando le rispettive diversità, gestendo responsabilmente gli eventuali conflitti, per costruire una umanità più giusta e solidale.

3.​​ L’antropologia biblico-cristiana fonte di ispirazione per un nuovo umanesimo.​​ Molte studiose, di estrazioni culturali diverse, negli anni ’80 hanno interpellato le teologhe a mettere in luce i valori simbolici femminili presenti nella tradizione biblico-cristiana, in particolare nelle Sacre Scritture, specie i due racconti della creazione (Genesi​​ 1-3) e la vita e opera di Gesù, e nell’esperienza monastica e religiosa, specie le congregazioni religiose femminili di fine ’700 e ’800 dalle quali emergono d. che con il loro protagonismo anticipano alcune istanze del femminismo. Si individuano raccordi interessanti tra aspirazioni ed istanze umane, specie femminili, e messaggio biblico-cristiano. I due racconti della creazione evidenziano la fondamentale uguaglianza tra d. e uomo che insieme costituiscono l’immagine di Dio; indicano che la sessualità umana non è una semplice differenza fisica, ma è segno nel corpo della chiamata all’amore, che la d. non riceve la sua identità dall’uomo, né viceversa. Nella loro singolarità sono le uniche creature dell’universo che Dio ha creato per se stesse, offrendo loro il dono della sua comunione. Quindi, l’identità e la dignità della creatura umana sono inalienabili, perché radicate in Dio e in Lui giungono a pienezza; la specificità dei due non è isolamento, né la loro unione dice subordinazione della d. all’uomo. La persona umana, maschio e femmina, è un evento che accade davanti a Dio e da Lui è salvaguardata; è il vertice della creazione e suo garante a nome di Dio, con la missione di portarla a compimento. Gesù con la sua vita, la sua opera e la sua predicazione rivela il mistero della creatura umana, la sua bellezza: «vale più di tutti gli esseri dell’universo». Nel ricondurre la creazione al suo principio, la riscatta dal male, rivendica la dignità di immagine divina per ogni persona, al di là della sua appartenenza socio-culturale o religiosa, persino al di là della sua condizione morale. Così, poveri, piccoli, peccatori, d., tutti sono destinatari privilegiati del Regno. Smaschera le ideologie che inferiorizzano la d.; denuncia la doppia morale / la legislazione ipocrita che colpisce la d. adultera e rimanda libero l’uomo. Dichiara che ogni persona, al di là delle differenze di sesso, lingua, cultura, religione, è fatta per Dio, per rivelare / annunciare il suo Nome. La vede nella sua integralità: non divide lo spirito dal corpo, anzi nella resurrezione proclama la dignità della corporeità. Raccoglie i figli di Dio dispersi nell’unica famiglia, costituendo una comunità religiosa ove le gerarchie sono capovolte: il primo è l’ultimo, il capo è il servo; elimina ogni criterio di discriminazione; offre alla parità tra i sessi il fondamento che nessuna legge umana può eludere o misconoscere: Dio Amore. Le d. riconoscono, perciò, in Lui il loro liberatore e nel suo messaggio trovano una fonte alla quale attingere per dare senso alla vita. Maria è l’icona perfetta della d., espressione compiuta del genio femminile, proprio nell’accoglienza operosa perfetta del progetto del Creatore sulla sua creatura. Quale Nuova Eva, con Gesù, Nuovo Adamo, è punto di riferimento nel cammino verso la pienezza della d. e dell’uomo, non rappresentando simmetricamente gli attributi femminili (Maria) e quelli maschili (Gesù) ma, piuttosto, segnalando il principio biblico per cui Dio fin dall’inizio ha voluto l’umanità come maschio e femmina. Indicano, quindi, la via della piena realizzazione nella trasparenza dell’amore. In questo modo la differenza non è divisione, tanto meno contrapposizione, l’uguaglianza non è cancellazione dell’altra polarità, ma una reciprocità fondata su Dio e aperta all’universo. Oggi soprattutto è urgente ricomprendere questo messaggio per elaborare e tradurre in prassi un umanesimo nuovo ove le tre dimensioni – teologale, umanistica e cosmica – si raccordino in unità secondo il progetto originario della creazione in Cristo, ove la differenza d. / uomo sia valorizzata nel cammino di uguaglianza nella dignità e di differenza sessuale, oltrepassando ogni tentazione di predominio e ogni fascinazione di isolamento («Non è bene che l’uomo sia solo»). Il cammino è lungo. A livello personale dura tutta la vita che non è mai ripetizione, anzi è sempre libertà protesa verso il bene e il vero. Prendere la scorciatoia della identità costruita occasionalmente dalla libertà individuale, secondo il paradigma della «società liquida» (Bauman) o del mondo virtuale, non è un guadagno; è piuttosto una perdita, genera paura e solitudine, segna il regno del «superuomo» e l’eliminazione dei piccoli, radicale alternativa all’unità della famiglia umana. Lo documentano le fatiche dell’ONU nelle Sessioni della Commissione sulla condizione della d. (cfr. la 49a​​ CSW: 28.02-12.03-2005), come pure quelle dell’EU (cfr. iniziative per l’anno 2007 dedicato alla parità). Il cammino di identità della d. chiama in causa l’uomo e interpella le scienze dell’educazione.

4.​​ Le scienze dell’educazione.​​ Sono richiamate ad offrire il proprio contributo alla costruzione di un umanesimo nuovo, nel quale la coscienza della differenza sessuale non sia rimossa, ma alimentata; la dimensione teologale emerga sempre più come indispensabile per salvaguardare dai vari attentati la dignità della persona, specie della d. A livello educativo queste scienze vengono interpellate ad elaborare una vera educazione nell’identità sessuale in una corretta coeducazione ove siano eliminati gli stereotipi ed emerga la dignità di immagine di Dio. Per la realizzazione di tali obiettivi è necessario ed urgente ri-centrare la cultura in tutte le sue espressioni nel senso dell’antropologia uni-duale, oltrepassando il relativismo e accogliendo la prospettiva teologica. La d., quindi, pone la questione antropologica: come la d. è relativa all’uomo, l’uomo è relativo alla d., ed entrambi trovano la loro radicale identità nella relazione con Dio e da Lui sono fatti custodi dell’universo.

Bibliografia

Børresen​​ K. E. (Ed.),​​ A immagine di Dio: modelli di genere nella tradizione giudaica e cristiana, Roma, Carocci, 2001; Mansoret M. (Ed.),​​ D. e filosofia, Genova, Erga, 2001; Roccella E. - L. Scaraffia (Edd.),​​ Italiane. Dall’unità d’Italia alla prima guerra mondiale, Roma, Presidenza del Consiglio dei Ministri / Dipartimento per le pari opportunità, 2003; Borriello L. - E. Caruana - M. R. Del Genio - M. Tiraboschi (Edd.),​​ La d.: memoria e attualità, 6 voll., Città del Vaticano, LEV, 1999-2005; Pontificium Consilium pro Laicis (Ed.),​​ Uomini e d.: diversità e reciproca complementarità, Ibid., 2005; Gaiotti De Biase P.,​​ Vissuto religioso e secolarizzazione. Le d. nella «rivoluzione più lunga», Roma, Studium, 2006; Valerio A. (Ed.),​​ D. e Bibbia: storia ed esegesi, Bologna, Dehoniane, 2006.

M. Farina