NAZIONE

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NAZIONE

La n. in senso moderno nasce con la Rivoluzione francese e, sul piano dell’elaborazione teorica, specialmente con il​​ ​​ Romanticismo tedesco. Mentre nel primo caso essa si manifesta in forme altamente politicizzate innervate degli ideali di libertà e giustizia, nel caso tedesco l’idea di n. si sostanzia soprattutto di tradizione storica, tendenze morali, religiose, culturali, costumi e usanze.​​ 

1. L’intreccio di queste due diverse (ma non antagoniste) impostazioni ha a lungo dominato la storia europea degli ultimi due secoli, svolgendo una potente azione educativa nella duplice prospettiva dell’interiorizzazione del sentimento di appartenenza ad una comunità sovraindividuale fornita di propri fini e di formazione alla lealtà civica mediante la promozione del solidarismo nazionale. Anche in Italia l’educazione nazionale ha avuto lunga e importante storia, dall’età romantica e risorgimentale (​​ Cuoco, Mazzini e Gioberti) alla prima metà del Novecento (Varisco, Vidari,​​ ​​ Lombardo-Radice e​​ ​​ Gentile). Fin dall’indomani dell’Unità la classe dirigente avvertì l’urgenza di «fare gli italiani» al di là delle divergenze che avevano segnato l’esperienza risorgimentale. Gli strumenti culturali e istituzionali mediante cui fu perseguito questo obiettivo furono molteplici: dal servizio militare vissuto come momento di partecipazione alla vita della n. alla scuola intesa come luogo di formazione della coscienza comune. In particolare il processo di unificazione nazionale fu perseguito con l’insegnamento della lingua nazionale, lo studio della storia e della geografia e la formazione etico-civile.

2. Nel dibattito sulla n. è oggi possibile individuare tre principali posizioni teoriche. In primo luogo si assiste ad un forte ritorno della n. etnocentrica incentrata sui vincoli di sangue e di territorio con la rivalutazione del localismo come espressione di vera libertà in funzione polemica contro il centralismo livellatore. In questa prospettiva la cittadinanza è perciò prerogativa soltanto di coloro che appartengono all’etnia per vincolo di sangue o che, per una lunga permanenza, hanno ormai assimilato i valori e le norme dell’ethos.​​ L’educazione nazional-etnocentrica, vissuta spesso in forme istintive e senza mediazioni, si manifesta principalmente in forme di stretta identificazione tra individuo e comunità, con l’esaltazione della tipicità e unicità dei caratteri nazionali e la diffidenza verso tutto ciò che risulta non strettamente coerente e funzionale con la tradizione.

3. Speculare a questa tesi, si pone l’analisi di chi ritiene ormai improponibile il ricorso alla n. e ai valori da essa espressi per legittimare la convivenza e lo Stato. Secondo questa prospettiva la cittadinanza sarebbe semplicemente l’insieme dei vincoli reciproci che consentono la convivenza nel rispetto delle libertà di ciascuno, a prescindere dal luogo e dalla famiglia di nascita, dalla formazione culturale, dalle convinzioni religiose, ecc. (Habermas, Veca). All’esaurirsi della funzione regolativa della n. corrisponde anche il venir meno dell’educazione nazionale. Ormai si potrebbe parlare soltanto di semplice educazione alla convivenza, incentrata sul rispetto delle fondamentali regole universalistiche intorno a cui si costituisce la democrazia come il principio di tolleranza, il rispetto della diversità, la libera concorrenza e la pari dignità delle opzioni ideali, la partecipazione produttiva alla vita sociale. Esiste infine una terza posizione su cui sono attestati quanti si dichiarano favorevoli alla «n. dei cittadini», prospettando con questa formula una reinterpretazione della n. ancora in grado di parlare all’uomo delle società contemporanee, ma in forme e modalità nettamente e inequivocabilmente distinte dalle tendenze nazio-etno-centriche. Le virtù civiche della lealtà e della solidarietà, cui è assegnata la funzione legittimante della convivenza democratica, hanno bisogno di essere gradualmente e faticosamente coltivate. Questo processo formativo si fonda su un duplice riconoscimento: la presa di coscienza di comuni origini storiche, ovvero di comuni matrici culturali, e la verifica che esistono ancora buone ragioni attuali per mantenere viva la democrazia. La sintesi tra il riconoscimento delle radici storiche e quello delle ragioni della convivenza democratica dà per l’appunto corpo alla «n. dei cittadini» in senso pieno. Questo notevole investimento formativo finalizzato a radicare il senso di appartenenza nelle coscienze dei cittadini dovrebbe svolgersi nella consapevolezza che esistono comunità e persone con altre tradizioni culturali e che nessuna di esse può pretendere di porsi come l’unica detentrice della perfetta umanità. La «n. dei cittadini» rifugge dalla chiusura in se stessa, ma sa aprirsi al dialogo, comprendere la diversità e riconoscere quanto di buono c’è nell’altro, esercitare l’ospitalità.

4. Le tesi a confronto sul ruolo regolativo (e implicitamente educativo) dell’idea di n. si misurano e intercettano le ipotesi di integrazione europea e i suoi valori fondanti. Quale posto riservare alle n. e a «quali» n. nella costruzione di un’identità e respiro e dimensioni continentali? Quanti ritengono ormai del tutto esaurita la funzione dell’ethos nazionale puntano a rappresentare l’unità europea come innervata al più alto livello dei princìpi di cittadinanza universale che, a loro giudizio, non avrebbero bisogno di trovare radicamento in una precisa identità di popolo. Su una posizione molto diversa stanno invece quanti ritengono irrinunciabile la storia delle diverse n. e propendono per un’Europa federale costituita da un insieme di Stati (o addirittura Regioni) n. Una terza posizione è infine ravvisabile nelle proposte di coloro che profilano un’idea di Europa che sul piano politico inglobi tutti (o, per lo meno, gran parte) i poteri sovrani degli Stati membri, ma nel contempo continui ad alimentarsi dei valori propri delle diverse culture e identità nazionali.

Bibliografia

Chabod F.,​​ L’idea di n.,​​ Bari, Laterza, 1961; Chiosso G.,​​ L’educazione nazionale da Giolitti al primo dopoguerra,​​ Brescia, La Scuola, 1983; Gellner, E.,​​ N. e nazionalismo,​​ Roma, Editori Riuniti, 1992; Habermas J.,​​ Morale,​​ diritto,​​ politica,​​ Torino, Einaudi, 1992; Rusconi G. E.,​​ Se cessiamo di essere una n.,​​ Bologna, Il Mulino, 1993; Acone G.,​​ Declino dell’educazione e tramonto d’epoca,​​ Brescia, La Scuola, 1994; Nussbaum M. et al.,​​ Piccole Patrie,​​ grande mondo, Milano, Reset, 1995; Traniello F., «Dalla N. ai nazionalismi», in A. D’Orsi (Ed.),​​ Alla ricerca della politica, Torino, Bollati Boringhieri, 1995, 156-167.​​ 

G. Chiosso