LAVORO

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LAVORO

L’accostamento dei termini l. ed educazione richiama una duplice connessione dinamica: l’educazione​​ al​​ l. o formazione in vista dell’attività lavorativa ed educazione​​ nel​​ l. quale occasione specifica di crescita umana.

1.​​ L.,​​ educazione e contesto storico-culturale.​​ Nel corso della storia questo duplice nesso assume una consistenza molto diversificata, perché variando il concetto di l. nei diversi contesti culturali, mutano di conseguenza significati e prassi educative riguardanti l’attività lavorativa. Nel mondo occidentale è soprattutto la riflessione filosofica a offrire, nel corso dei secoli, una serie di concezioni emblematiche di l., a cui sono inevitabilmente sottesi dei particolari orientamenti dell’educazione. Nell’antichità (Grecia e Roma), prevaleva una valutazione negativa del l., considerato come attività manuale riservata agli schiavi, mentre era proprio degli uomini liberi dedicarsi alla guerra, alla politica, alla speculazione. Più oltre, nell’epoca paleocristiana, il l. fu visto come mezzo di espiazione, come sofferenza solo attenuata dal senso di partecipazione all’attività creativa di Dio. Durante il​​ ​​ Medioevo esso assurge con le corporazioni a strumento di solidarietà economica, politica e religiosa. Ma è solo con il Rinascimento che viene esaltato come veicolo di progresso civile e di autonomia personale. Col​​ ​​ protestantesimo Lutero ne fa «un servizio» e Calvino una via di ascesi, come valore etico per la consacrazione della vita nel mondo. L’Illuminismo e l’Idealismo ne mantengono l’immagine positiva quale elemento di dignità sociale. Questo ottimismo viene successivamente incrinato con l’evoluzione del​​ ​​ capitalismo verso ampie forme di sfruttamento del l. umano. Marx, riconoscendo il l. come azione vicendevole di scambio tra uomo e natura, ne denuncia anche i risvolti spesso alienanti. Le critiche si approfondiscono poi con la Scuola di Francoforte. Intanto lo scenario del rapporto fra sviluppo del l. e società si fa più complesso. L’esplosione delle rivoluzioni industriali porta alla frantumazione dei mestieri tradizionali e al diffondersi dell’automazione, dell’informatica, della robotica, della terziarizzazione delle attività economiche, facendo assumere al l. un significato talmente polimorfo da suscitare problemi biologici, psichici, filosofici, politici e conseguentemente educativi. Ormai tutte le correnti della filosofia contemporanea riservano al l. una riflessione attenta e spesso centrale: sorto come strumento dell’uomo, esso può diventare un potenziale per la sua crescita, ma insieme una realtà che lo soverchia e ne minaccia il destino (Friedmann, 1971), fino ad esserne preconizzata la fine (Rifkin, 1995). La stessa Chiesa cattolica, anche attraverso una serie di encicliche papali emanate in particolare dal 1891 ad oggi, ha inteso elaborare un’etica del l. costantemente rispettosa delle esigenze della persona in contesti in divenire.

2.​​ Pedagogia e l.​​ Il pensiero pedagogico ha considerato il l. come componente specifica dell’educazione solo a partire dalla fine del 1700. In precedenza, non era mancata una certa valorizzazione dell’operatività fondata sull’esperienza pratica e manuale. Ma di una «scuola del l.», sia pure come mezzo di riscatto delle classi povere, parlò per primo​​ ​​ Pestalozzi nel 1790, tuttavia bisognò attendere il periodo a cavallo tra il XIX e il XX sec. perché la pedagogia riconoscesse al l. una funzione precisa di maturazione della persona. Da allora, a seconda delle varie aree geografiche e culturali, vi è stato un moltiplicarsi di proposte, dibattiti ed esperienze. Nell’ambiente tedesco, fu soprattutto​​ ​​ Kerschensteiner a formulare una vera sintesi pedagogica sul l., esaltato per la sua relazione con i valori, la sua utilità civile e i potenziali di sviluppo nelle capacità di ideazione, pianificazione e controllo. Negli Stati Uniti dell’industrialismo taylorista e fordista,​​ ​​ Dewey denunciò i pericoli dell’economicismo e dell’individualismo, indicando nell’attività professionale uno spazio privilegiato di collaborazione sociale.​​ ​​ Kilpatrick, suo discepolo, propose come obbligatoria nei​​ colleges​​ qualche esperienza di l. Sulla scia del pensiero marxista la pedagogia russa (​​ marxismo pedagogico), andò sviluppando l’idea di una «formazione politecnica», a base sia teorico-scientifica che pratico-polivalente, orientata a formare il giovane come padrone della macchina e vero protagonista nella vita collettiva. Lo svizzero Ferrière considerò la scuola come un insieme di attività svariate che, passando dal gioco al l., dall’imitazione alla costruzione autonoma, sollecitasse un impegno sia manuale che intellettuale e sociale. In Italia, nel solco di una ricca tradizione di​​ ​​ formazione professionale, offerta da istituzioni religiose (Somaschi,​​ ​​ Fratelli delle Scuole cristiane,​​ ​​ Salesiani),​​ ​​ Gentile e​​ ​​ Lombardo Radice proposero un curricolo scolastico capace di fondere gioco e l.​​ ​​ Gramsci propugnò una scuola unica, fatta di cultura generale e di esperienze successive di orientamento alla professione. Intorno alla seconda metà del secolo vari studiosi aggiungono ulteriori elementi di riflessione e proposta.​​ ​​ Hessen diffonde a livello europeo l’idea di una scuola longitudinale unica orientata a superare una mentalità produttivistica, per una cultura della solidarietà e dello sviluppo globale dell’uomo che, a suo avviso, va liberato​​ nel​​ l. e non​​ dal​​ l. Litt è per un’educazione che sottragga dalle dinamiche fagocitanti dell’evoluzione economica e tecnologica, attraverso un recupero della libertà con scelte di valore sugli indirizzi dell’attività produttiva.​​ ​​ Maslow, gerarchizzando i bisogni dell’uomo al l., pone a loro vertice dinamico l’autorealizzazione, come tensione a diventare pienamente se stessi.

3.​​ Evoluzione tecnologica e professionalità.​​ Fino a un passato recente i termini mestiere e​​ ​​ professione indicavano un insieme di competenze precise, costituite da capacità e abilità specifiche, necessarie per lo svolgimento di una particolare mansione. Oggi questa connessione è pressoché disciolta. Sparita la vecchia cultura agricola e artigiana, la stessa società industriale si va trasformando rapidamente nella società delle informazioni e dei servizi, con mutamenti che investono ormai tutta l’impalcatura della professionalità tradizionale. In questo quadro si riducono fortemente le prestazioni puramente esecutive, mentre si dilatano enormemente quelle di programmazione, controllo e informatizzazione. Oggi anche il lavoratore tradizionale deve possedere doti di intellettualizzazione circa i processi del l., iniziativa, mobilità geografica e professionale, flessibilità di fronte alle esigenze di aggiornamento continuo e di acquisizione di nuove tecnologie, di collegamento con settori diversi dal proprio: dalla finanza al marketing, dal diritto alle scienze sociali e della comunicazione. L’apparire di una nuova «classe creativa» (Florida, 2003) sta accelerando inoltre lo sviluppo di un diverso professionalismo, in cui diventa prioritaria la capacità di collaborare e di acquisire linguaggi scientifico-culturali, la consapevolezza e duttilità nei ruoli organizzativi, l’abilità di​​ problem solving,​​ l’attitudine alle scelte e decisioni e il possesso di impianti valoriali di fondo ispirati alla​​ ​​ tolleranza e all’interculturalità. Nel contempo questa evoluzione aumenta i rischi di obsolescenza professionale che rende sempre più spesso necessari interventi di ricollocazione e di riorientamento.

4.​​ L’educazione e la formazione professionale.​​ Alla luce di queste trasformazioni, attuali e di prospettiva, l’educare​​ al​​ l. e​​ nel​​ l. comporta ormai nuove ottiche, sia nella riflessione pedagogica che negli interventi concreti. Infatti l’educazione è destinata non solo a valicare gli ambienti tradizionali della famiglia e della scuola, ma ad estendersi al corso dell’intera esistenza individuale, nella prospettiva del​​ lifelong learning. UNESCO, Consiglio d’Europa, OCSE e l’UE lo stanno affermando da qualche decennio. In Italia questa cultura pedagogica del l. si sta affermando. Sono tuttavia ancora ampiamente da integrare concetti e prassi inerenti l’educazione (intesa come maturazione globale della persona sotto il profilo etico, psicologico, religioso e sociale), l’istruzione (finalizzata all’accrescimento culturale) e la formazione professionale (come risposta alle esigenze di autorealizzazione nell’ambito lavorativo). Vanno meglio definiti in sé, e resi fra loro realmente integrati e flessibili, sistemi formativi come l’istruzione tecnica e professionale e la formazione professionale. Nella panoramica variegata dell’attuale «cantiere delle riforme», sembra si possano segnalare alcune aree privilegiate di educazione professionale e, in esse, alcune esigenze particolari di intervento: a)​​ L’orientamento come modalità educativa permanente.​​ L’azione orientativa corrisponde, all’interno del processo educativo, all’aiuto fornito alla persona affinché possa realizzare le sue potenzialità mediante scelte adeguate verso la professione, dalla giovinezza all’età adulta. In questo senso orientamento scolastico e professionale risultano complementari, in quanto il primo pone l’attenzione sullo sviluppo globale dell’individuo e sui problemi di apprendimento, mentre il secondo è focalizzato sulle scelte di studio o di l. che consentiranno la sua maturazione professionale. b)​​ Una scuola rinnovata,​​ aperta e per tutta la vita.​​ Una prima esigenza di una scuola orientata al l. è un suo collegamento più stretto con la prospettiva della professione. Secondo alcune proposte formulate più direttamente per la situazione italiana, il sistema scolastico dovrebbe essere possibilmente unitario dall’infanzia all’università e prevedere uscite e rientri più facili rispetto al mondo del l. Scuola e università dovrebbero confrontarsi costantemente con il mondo lavorativo e imprenditoriale, mentre la stessa cultura professionale dovrebbe trasformarsi in vera «cultura del cambiamento», nell’ottica di una qualificazione continua rispetto al «diverso e possibile» e di un apprendimento esteso a tutta la vita. c)​​ La formazione professionale: iniziale,​​ continua e plurima.​​ La formazione professionale, in quanto dimensionata sullo sviluppo economico e produttivo, è in continua evoluzione e si sta configurando verso un vero e proprio sistema, come raccomandato fortemente dalla UE. Nella situazione italiana è possibile delineare in essa una certa varietà di dimensioni tra la formazione iniziale di base (di livello secondario), una nuova formazione superiore non accademica (di livello terziario) e la formazione continua. d)​​ Linee educative trasversali.​​ Tutte le iniziative dovrebbero svolgere un’azione di educazione globale dei giovani e delle giovani, che nella scuola e nelle strutture formative, vanno preparati a ricercare nel l. un’occasione di autorealizzazione individuale e sociale. In questo senso è importante la «motivazione» al l.: sotto il profilo dei suoi aspetti sociali, retributivi e del suo significato esistenziale personale. Andrebbe insieme evidenziata la dimensione cognitiva dell’attività lavorativa, quale ambito di conoscenza per il superamento dei problemi. Inoltre sembra da favorire un reale processo di socializzazione al l. nel percorso di formazione dell’identità personale lungo i momenti diversi della carriera professionale.​​ 

5.​​ Problematiche connesse con l’educazione al l.​​ L’educazione professionale non può non includere anche riflessioni e prassi specifiche circa esperienze strettamente collegate con quella del l. La disoccupazione, ad es., che permane un fenomeno di vaste dimensioni, postula aiuti preventivi e puntuali, per contenerne i danni psicologici, stimolare tecniche efficaci di ricerca del l., destare le risorse psicologiche e sociali dell’individuo. Lo stesso tempo libero, che sembra avere significative correlazioni con l’attività lavorativa, va fatto rientrare in un’educazione professionale che sia formazione globale dell’uomo. Nelle situazioni di devianza si può trovare nel l. una via pedagogica efficace (ergoterapia) al recupero e allo sviluppo della personalità. In tempi più recenti sono emerse anche le nuove problematiche legate all’andamento demografico, all’invecchiamento della popolazione e alla crisi dei sistemi pensionistici (tipiche dell’ageing society). Le sfide poste all’educazione dalla realtà di un l. umano, estremamente polimorfo e destinato a evoluzioni imprevedibili, sono sfide pienamente aperte che restano di vitale importanza per l’intera qualità dell’esistenza, a livello tanto individuale che collettivo.

Bibliografia

Negri A.,​​ Filosofia del l. Storia antologica,​​ Milano, Marzorati, 7 voll., 1980-1981; Rifkin J.,​​ La fine del l., Milano, Baldini e Castoldi, 1995; Beck U.,​​ Il l. nell’epoca della fine del l., Torino, Einaudi, 2000; Donati P.,​​ Il l. che emerge, Torino, Bollati Boringhieri, 2001; Fraccaroli F. - G. Sarchielli,​​ È tempo di l. Per una psicologia dei tempi lavorativi, Bologna, CLUEB, 2002; ISFOL,​​ Prolungamento della vita attiva e politiche del l., Milano, Angeli, 2002; Florida R.,​​ L’ ascesa della nuova classe creativa. Stile di vita,​​ valori e professioni, Milano, Mondadori, 2003; Alessandrini G. (Ed.),​​ Pedagogia e formazione nella società della conoscenza, Milano, Angeli, 2005; Marcaletti F.,​​ L’orizzonte del l.​​ Il prolungamento dell’esperienza professionale nell’ageing society, Milano, Vita e Pensiero, 2007.

G. Tònolo