FESTA

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FESTA

1. Una prospettiva pedagogica della f. ha come necessario punto di partenza un duplice approccio disciplinare: antropologico (cioè il modo con cui nella tradizione e nella storia se ne è vissuto ed espresso il senso), e sociologico (che ne esamina le modalità e le funzioni nella società attuale). Approcci che interagiscono poi con la propria concezione filosofica e valoriale di uomo. Iniziamo con l’accostamento antropologico. Il fenomeno f. rimanda, già nella stessa terminologia e nel linguaggio corrente, a una serie di fatti che indicano almeno due grossi ambiti semantici, uno di tipo più religioso (rito, celebrazione, tempo, calendario, solennità, sacro, liturgia... significati richiamati dall’aggettivo «festivo»), l’altro più laico e quotidiano, dei tempi «normali» (allegria, gioia, gioco, tempo libero, vacanza, spettacolo... significati richiamati dall’aggettivo «festoso»). Di comune ad entrambi vi è almeno l’elemento della sospensione dal lavoro e dalla fatica dell’abitudinarietà. Nel primo ambito la f., come rito periodico che coinvolge la comunità, è colta nella storia delle religioni come il riaggancio al tempo primitivo e agli atti fondatori della divinità che rigenera il tempo e il mondo (capodanno, pasqua e sabato ebraici, pasqua cristiana...), e dunque come la re-immersione periodica dell’uomo nella vitalità e nell’offerta di senso che è il sacro, da cui viene rimandato poi alla fatica della vita quotidiana e sociale e alla sua esigenza di progettualità. La f. dunque come tempo del sacro. Nel secondo ambito la f. si ridisegna come tempo del gioco, ambito estraneo al mondo del lavoro (terreno della necessità, dell’organizzazione, della razionalità strumentale), e come territorio del gratuito, delle attività fruitive, delle cose che non hanno uno scopo ma un senso, quasi di sospensione dalla realtà e dai bisogni. La f. dunque come tempo del gioco.

2. L’analisi sociologica, come complementare accostamento al fenomeno f., permette di individuare, nel mondo moderno o postmoderno, da una parte il bisogno e la riscoperta della f. nelle tante manifestazioni e linguaggi in cui si esprime (specie giovanili), soprattutto nel suo senso di opposizione al quotidiano e al lavoro (​​ tempo libero); dall’altra il suo svuotamento di senso (soprattutto religioso) e il suo tradursi in angoscia. Da cui il tentativo di surrogarlo col​​ ​​ consumismo e la manipolazione dei​​ ​​ bisogni. Il tempo «libero» rischia così di trovarsi già «occupato» dalle mille proposte o imposizioni della produzione capitalistica. Il «bisogno» di f. e di risignificazione di essa viene colto oggi – al di là del richiamo religioso – anche dal mondo dei laici più sensibili attraverso una nuova analisi della situazione dell’uomo nell’epoca della tecnica e della razionalità strumentale. Appiattito nella sua identità dall’attività lavorativa, divenuta l’unico indicatore della sua riconoscibilità, l’uomo sembra in grado di conoscersi e riconoscersi a partire unicamente dalle sue capacità in termini di funzionalità ed efficienza, in un epocale passaggio dalla marxiana alienazione «nel» lavoro all’alienazione «da» lavoro. La f. allora, qualora se ne ricuperi il senso anche nel silenzio, nella contemplazione e nel riposo, dunque nella presa di distacco dall’appiattimento nella prestazione, può essere quell’àncora di salvataggio che permette all’uomo di ricuperare «il cuore», di ri-accedere alla sua interiorità.

3. In questo quadro di riferimento e di contestualizzazione, si ripropongono alcune mete di ricupero e risignificazione della f., per la riumanizzazione dell’uomo. a) Ritrovare la gratuità del necessario. Se la f., istituendo l’ordine del mondo, immette la circolazione di senso dentro la vita, essa permette di scoprire nella progettualità e fatica del quotidiano, nella necessità e durezza della vita, quell’elemento di ordine e di giustizia che è il «di più» della vita stessa, che diversamente resterebbe chiusa nell’orizzonte della razionalità allo scopo della lotta ai bisogni e per la sopravvivenza. In altre parole tutto ciò significa ritrovare la bellezza delle dimensioni elementari della vita, che l’uomo corre il rischio di scartare trovandole scontate. b) Riscoprire la necessità del gratuito. La possibilità di ricchezza della società di oggi permette di sviluppare ciò che è intrinsecamente gratuito (il festoso), nella fruizione di ciò che è buono e bello, al di là dell’agire per necessità. Queste sono attività che, pur non essendo necessarie per sopravvivere, sono necessarie per «vivere», e dunque non possono essere classificate nel «superfluo». La direzione di queste attività che aprono a tipi diversi di relazione, può essere triplice: un rapporto contemplativo con la natura, un rapporto rammemorativo (che rinnova il passato facendone memoria) con i prodotti dell’uomo nella storia (beni culturali), un rapporto di fruizione reciproca nel convivere umano (convivialità).

Bibliografia

Moltmann J.,​​ Sul gioco,​​ Brescia, Queriniana, 1971; Floris F.,​​ Le f. dei giovani,​​ in «Note di Pastorale Giovanile» 15 (1981) 6, 3-35; Pollo M.,​​ La domenica luogo del centro esistenziale e religioso della vita,​​ in «Note di Pastorale Giovanile» 17 (1983) 4, 11-17; Rizzi A.,​​ Il segreto del tempo,​​ Leumann (TO), Elle Di Ci, 1993; Galimberti U.,​​ Paesaggi dell’anima, Milano, Mondadori, 1996; Id.,​​ Psiche e téchne. L’uomo nell’età della tecnica,​​ Milano, Feltrinelli, 1999.

G. Denicolò