CITTADINANZA

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CITTADINANZA

Con il termine c. si indicano tanto la relazione tra un individuo e uno Stato quanto i diritti e i doveri che tale relazione comporta per l’individuo.

1. La c. moderna è il risultato di un duplice evento storico: l’affermarsi dell’idea di nazione (con la conseguente trasformazione dell’entità politica a cui gli uomini dovevano fedeltà: dalla città, dal clan, dall’aristocrazia alla nazione come entità geografica, culturale e politica) e la distruzione del sistema dei tre «stati» tipica dell’Ancien ré­gime​​ decretata dalla Rivoluzione francese con la conseguente affermazione del principio dell’uguaglianza giuridica di ciascun cittadino. Negli ultimi due secoli questa dimensione della c. si è, d’un lato, arricchita sul versante sociale (con la sempre più avvertita consapevolezza che senza uguaglianza sociale la stessa uguaglianza giuridica finisce per essere meramente formale) e, dall’altro, ha palesato evidenti limiti a fronte della realtà delle grandi comunità governate in modo rappresentativo.

2. Nella cultura politica contemporanea è possibile individuare – ragionando in termini molto schematici – alcune principali posizioni. La prima poggia sul presupposto che non sia più possibile nelle società postmoderne alcun tipo di c. «forte» e cioè poggiata su quel nucleo di valori etico-politici (come ad es. la nazione o i valori borghesi) su cui si è svolta per due secoli la cultura politica occidentale. Nel richiamare preferenzialmente la civiltà del cosmopolitismo ellenistico, anziché quella della​​ polis​​ greca, i sostenitori della c. «debole» rilanciano l’insegnamento di stoici ed epicurei che reputarono superato il modello politico-paidetico della​​ polis​​ e sostennero il valore dell’individuo indipendentemente dall’associazione politica di cui faceva parte. Inoltre essi condividono una concezione di Stato smagrito di qualsiasi contenuto ideale (e, dunque, molto diverso per es. dallo Stato-nazione otto-novecentesco) il cui compito principale dovrebbe essere quello di mediare i conflitti e garantire la molteplicità delle esperienze personali e le pari opportunità per ciascuno, sottraendo la c. a logiche normative, riconducendola ad una rete di rapporti egualitari basati sul reciproco riconoscimento (Habermas, Luhmann). Non mancano anche coloro che, pur riconoscendosi in questo contesto, reputano tuttavia necessarie alcune regole etico-politiche positive generali in grado di promuovere e conservare i valori della democrazia, giudicata il modello politico più perfetto (Bobbio). Negli ultimi anni, segnati dall’intensificarsi dei processi migratori e dal conseguente misurarsi e confrontarsi di culture, religioni, tradizioni diverse, si sono moltiplicati i tentativi per individuare un nucleo di «valori condivisi» o «valori comuni» (Maffettone, Veca, Viano) intorno ai quali elaborare una nozione di c. improntata al reciproco rispetto delle diversità. Questa posizione – che sta notevolmente influenzando i programmi scolastici di numerosi Paesi europei sulla scorta anche delle suggestioni di importanti documenti internazionali (tra tutti il cosiddetto Rapporto Delors,​​ Learning: the Treasure within, 1996) – si sta tuttavia scontrando con le tesi di quelle culture extra europee che rimproverano alla teoria dei «valori comuni» la sua matrice intrinsecamente illuministica ed eurocentrica.

3. Su posizioni del tutto diverse si muovono le tesi comunitariste (MacIntyre, Arendt, Sanders, Taylor) che ripropongono, invece, la validità dell’idea classica di c., prospettando l’esperienza comunitaria della​​ polis​​ greca come esemplare e la​​ Politica​​ di​​ ​​ Aristotele come un testo ancora in grado di parlare all’uomo contemporaneo. La c. è così vista in funzione dell’appartenenza alla comunità e nella prospettiva del bene comune ed è così in- tesa sia come categoria politica e sia come impresa educativa. I comunitaristi ipotizzano infatti uno stretto intreccio tra libertà, solidarietà e responsabilità individuali e comunitarie e le prassi, i riti, i processi socializzanti ed inculturanti attraverso cui essa si costituisce. Anche tra i comunitaristi esistono quanti avvertono tuttavia che l’ipotesi di c. ricca di ideali rappresenta certamente un fondamentale modello teorico, che risulta però di ardua praticabilità nella società complessa nella quale è difficile identificare un nucleo di valori comuni intorno a cui costruire un​​ ethos​​ comunitario. Per questi autori la c. comunitaria dovrebbe costituirsi in forme «societarie» (e non stataliste), facendo riferimento ai diritti dei singoli e dei gruppi sociali così come si realizzano nelle formazioni sociali autonome, quale che sia la loro sfera d’azione (economica, culturale, politica o sociale), intese come insieme o «rete» sociale capace di stabilire ed assicurare nuove e più significative relazioni all’interno della società (Donati).

4. Non è difficile constatare come i due principali modelli di c. oggi vivi nel confronto nella cultura contemporanea (universalistico-individualistico e comunitario) implicano approcci educativi molto diversi. Nell’ipotesi della c. universalistica dominano atteggiamenti formativi ispirati alla tolleranza, al senso di reciprocità delle esperienze, al pieno esplicarsi in senso per lo più individualistico delle attese e aspettative personali, al rispetto della diversità, considerata più come fatto individuale che come valore culturale e collettivo. Nel caso della c. comunitaria prevale, invece, la convinzione che tra la dimensione personale e quella storico-sociale della persona umana non c’è contraddizione e che anzi l’una integra l’altra (la libertà senza solidarietà sconfina nell’egoismo particolaristico). Le categorie pedagogiche prevalenti risultano perciò quelle dell’educazione alla responsabilità (intesa nel duplice senso di responsabilità personale e responsabilità comunitaria), al superamento di sé, alla partecipazione sociale, alla valorizzazione della «memoria» collettiva nella quale s’invera ciascuna esperienza personale.

5. Notevoli suggestioni in prospettiva educativa e pedagogica giungono anche dalle tesi di alcuni autori di ispirazione repubblicana (Gutman, Pettit, Skinner, Viroli) e non (Naval, Höffe) che hanno di recente rilanciato il motivo della «virtù civica» intesa come forma di appartenenza solidale alla società in cui si vive (il cosiddetto «cittadino attivo» o, nel linguaggio americano, il «cittadino patriota»). Lo scopo è quello di sfuggire al rischio intellettualistico connesso alla determinazione del valore condiviso. La virtù civica oltrepassa infatti il principio del valore condiviso, per coinvolgere in presa diretta il cittadino nell’esperienza della socialità civica. Le virtù civiche non pretendono che questi diventi una persona del tutto nuova, ma che più semplicemente sia capace di sacrificare il proprio interesse per il bene comune. Questo approccio di natura politologica manifesta punti di affinità – talvolta anche esplicitamente intrecciandosi – con le iniziative avviate negli Stati Uniti dal Movimento per l’educazione del carattere (tra i suoi maggiori esponenti va segnalato Thomas Lickona). L’obiettivo è quello di creare la «comunità morale» nel senso proposto da Kohlberg attraverso l’esercizio della volontà degli allievi, ponendoli di fronte a impegni severi e stimolandoli a raggiungere risultati eccellenti. Lo scopo è quello di aiutare gli allievi a conoscere l’altro come persona, a stimare i membri della comunità ed a sperimentare sensi di responsabilità verso il gruppo di appartenenza. La scuola della c. attiva non sarebbe perciò tanto o soltanto quella che si riconosce laicamente in alcuni valori condivisi, ma quella che lavora per sfuggire al rischio che la libertà personale si giochi insindacabilmente secondo il principio dell’autonomia il quale più cresce quanto più il soggetto si ritiene svincolato da un orizzonte che lo oltrepassa.

Bibliografia

Marshall T. H.,​​ C. e classe sociale,​​ Torino, UTET, 1976; MacIntyre A.,​​ Dopo la virtù. Saggio di teoria morale,​​ Milano, Feltrinelli, 1988; Damiano E. et al.,​​ L’educazione del cittadino,​​ Brescia, La Scuola, 1990; Lickona T.,​​ Education for character: how our schools can teach respect and responsibility, New York, Bantam Books, 1991; Bendix J., «C.», in​​ Dizionario delle scienze sociali,​​ vol. I, Torino, UTET, 1991, 772-777; Habermas J.,​​ Morale,​​ diritto,​​ politica,​​ Torino, Einaudi, 1992; Zincone G.,​​ Da sudditi a cittadini. Le vie dello Stato e le vie della società civile,​​ Bologna, Il Mulino, 1992; Donati P. P.,​​ La c. societaria,​​ Bari, Laterza, 1993; Kymlicka W.,​​ La c. multiculturale, Bologna, Il Mulino, 1999;​​ Putman R. D.,​​ Capitale sociale e individualismo. Crisi e rinascita della cultura civica in America, Bologna, Il Mulino, 2004;​​ Toso M.,​​ Democrazia e libertà: laicità oltre il neoilluminismo postmoderno, Roma, LAS, 2006.

G. Chiosso