ISTITUZIONI EDUCATIVE

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ISTITUZIONI EDUCATIVE

L’insieme delle organizzazioni sociali con specifiche strutture, quadri di riferimento culturali, procedure e modelli di comportamento, a vario titolo riferibili all’aiuto sociale e personale di formazione. Per questo nel linguaggio pedagogico si parla anche di i. formative. Nel linguaggio sociologico e in quello della comunicazione sociale si usa frequentemente la terminologia «agenzie educative» o «agenzie formative».

1.​​ I.e. e responsabilità socio-educativa.​​ Le i.e. rappresentano l’organizzazione concreta, socialmente riconosciuta e per lo più giuridicamente regolata, della responsabilità educativa, sia personale che comunitaria. In questa linea esse vengono ad essere il modo sociale di corrispondere fattivamente al diritto / dovere che ogni persona / cittadino ha di crescere, di svilupparsi e di formarsi (e da cui derivano i diritti all’educazione, all’istruzione e allo studio). Le i.e. sono l’ambito in cui, di fatto e di diritto, si realizza l’educazione intenzionale, vale a dire la mole di interventi mirati e organizzati al conseguimento delle finalità educative (​​ fine dell’educazione). In tal senso rappresentano l’espressione più cospicua dell’educazione formale, rispetto a tutto il mondo dell’educazione non formale, occasionale, informale, ecc.

2. I.e. e sviluppo sociale.​​ La storia delle i.e. è parte rilevante della storia dell’educazione e della pedagogia. L’approccio socio-educativo ne fa l’oggetto diretto della sua indagine. A motivo della loro intrinseca inserzione nella vicenda storica sociale, si può affermare che c’è una storia e una geografia delle i.e. Come le altre i. sociali, anche le i.e. sono soggette ad un processo storico di complessificazione, di mutamento e di specializzazione, parallelo e concomitante al grado di sviluppo della vita sociale. Così, in società primitive, si ha la preponderanza educativa dell’i. familiare patriarcale o del clan, accanto all’educazione informale nel vissuto della realtà comunitaria; anche se non mancano forme speciali d’iniziazione, come ad es. «la scuola della foresta» in certe tribù africane o l’educazione cavalleresca nel medioevo europeo. In società intermedie – come nelle società a prevalenza agricola e rurale o dove comunque predominano mentalità e modelli comportamentali pre-industriali – accanto alla famiglia prendono rilievo educativo le chiese, in quanto i.e. oltre che etico-religiose, e a mano a mano si diffonde la scuola d’iniziativa privata e pubblica. In società di prima industrializzazione e ad incipiente prevalenza urbana, la scuola, divisa in ordini e gradi sempre più vasti e articolati, prende la dominanza sulle altre i.e., andando verso forme di istituzionalizzazione di massa, più o meno direttamente controllabili dal potere politico statale, locale o periferico.

3.​​ Il​​ carattere complesso delle i.e.​​ Oltre che per la complessificazione, per così dire contestuale e storica, le i.e. risultano complesse in se stesse: per l’incrociarsi di strutture, finalità, modi, compiti non tutti dello stesso segno; per le molteplici relazioni non sempre omogenee e coincidenti che intercorrono tra loro: ad es. tra scuola e famiglia; tra famiglia e gruppi, associazioni, movimenti, tra famiglie e chiese; per i diseguali rapporti con gli altri sotto-sistemi sociali e le loro i.: ad es. con il mondo economico, politico, culturale; con l’organizzazione politica, i partiti, i sindacati; con il mondo imprenditoriale, il mercato internazionale, l’occupazione e la capacità di spesa familiare; con gli organi della comunicazione sociale e le nuove strumentazioni informatizzate; con le diverse forze organizzate del territorio: anch’esse tutte coinvolte in profondi processi di mutamento e di innovazione. Le i.e. danno luogo a complessi giochi d’interazioni e di relazioni interne ed esterne. Vi s’intersecano una molteplicità d’interventi di tipo giuridico, economico, legislativo, politico, culturale, religioso, ecc. Vi sono persone che agiscono ed interagiscono: con problemi quindi di comunicazione e di rapporto. Vi è un’«anima», uno stile, dei metodi diversificati. Ogni i.e. ha poi la sua particolare «cultura». Accanto a quelli propriamente formativi, vi vengono di solito perseguiti fini di altro tipo; sono attraversate da bisogni, interessi, valori diversificati.

4.​​ Diffusività della funzione educativa nella società contemporanea.​​ I processi storico-sociali attuali – che fanno parlare non solo di società post-industriale, ma anche di info-società, di società della conoscenza e della comunicazione – mettono in questione l’idea stessa di i.e. Esse perdono i loro esatti confini e la funzione sociale di educazione e di formazione viene compartecipata, in maniera diffusa, da altre i. e forme di vita sociali. In tal senso non solo viene meno il cosiddetto «scuolacentrismo», vale a dire la centralità e la quasi esclusività formativa della scuola, ma si va oltre lo stesso «policentrismo formativo», vale a dire l’ammissione e la legittimità di molteplici luoghi e centri di formazione (famiglia, scuola, chiese, sistema della comunicazione sociale, gruppi, movimenti, ecc.). La prospettiva di un​​ ​​ sistema formativo integrato coinvolge sul terreno del diritto / compito sociale e soggettivo di istruzione, formazione e educazione l’intero corpo sociale istituzionalmente organizzato. Accanto alla​​ ​​ famiglia, alla​​ ​​ Chiesa, alla​​ ​​ scuola, nelle sue varie ed articolate forme storiche, vengono ad assumere vasta rilevanza educativa, nonostante abbiano propriamente altre finalità, le i. connesse con l’organizzazione dell’informazione, della comunicazione sociale, dello spettacolo, del gioco, dello sport, del tempo libero, della prevenzione e della salute pubblica; o anche all’organizzazione della propaganda economica e politica; o ancora ai movimenti ed alle associazioni ideologiche e religiose; per non parlare delle molteplici forme di educazione informale, che si determinano nell’insieme delle interazioni sociali, nelle dinamiche dei gruppi spontanei e dei gruppi di pari in particolare. Si va ben oltre la stessa idea degli anni settanta che parlava di «scuola parallela», riferendosi soprattutto ai mass-media. Scuola, famiglia e Chiesa non sono più le uniche e totali agenzie d’educazione e di socializzazione. Esse si praticano e si realizzano in vasta misura anche nel gioco interattivo dei nuovi media e nella multiforme «navigazione» telematica e «virtuale».

5.​​ Le i.e. nella crisi e nell’innovazione della vita e delle i. sociali.​​ Dopo il​​ Rapporto Faure sulle strategie dell’educazione​​ (1973), si è preso a parlare un po’ enfaticamente di «società educante», ma anche di società poco «educativa».​​ In effetti,​​ le i.e. tradizionali risentono delle crisi, delle mutazioni e delle innovazioni che attraversano le i. sociali e le società storiche nel loro insieme, a tutti i livelli della vita sociale a fronte di quella che è stata detta con parola alla moda «globalizzazione», «post-modernità», «iper-modernità», «modernità liquida». Allo stesso tempo portano ancora il peso d’incrostazioni storiche, di privilegi in disuso, di chiusure particolaristiche. La stessa contestazione dell’autoritarismo e del burocraticismo della scuola (contro cui negli anni sessanta e settanta si sono mossi i movimenti della descolarizzazione) o l’autoritarismo della famiglia e delle chiese (giudicate spesso arretrate, integralistiche, indottrinanti, se non addirittura oppressive, soffocanti, autoritarie), sembrano sopravanzati dal timore diffuso della loro insignificanza e incapacità educativa. Le i.e. tradizionali, appaiono infatti, variamente, ma pesantemente coinvolte nelle complesse problematiche del pubblico e del privato, del personale e del politico, dei ruoli e dell’identità personale, relazionale, culturale, vitale che affetta tutti e ciascuno, persone, gruppi, associazioni, i. sociali a livello locale, nazionale, internazionale, mondiale.

6.​​ I.e.,​​ educazione permanente e educazione integrale.​​ Se per un verso viene evidenziato il carattere di «tesoro» che l’educazione viene ad assumere per sapere, saper fare, saper essere, saper vivere insieme con gli altri in questi non semplici inizi del sec. XXI, come vuole il Rapporto Delors (1997), per altro verso viene ad essere ratificata da molte parti una vera e propria «emergenza educativa», a cui l’intera società dovrebbe corrispondere. A fronte di tale problematicità, la pedagogia contemporanea, oltre ad affermare la necessaria integrazione e coerenza tra le i.e., spinge anche a guadagnare una prospettiva formativa di educazione permanente, invitando a dislocare le opportunità dell’apprendimento lungo tutto l’arco dell’esistenza e nelle diverse età della vita, con alternanza e ricorrenza di periodi di studio e di lavoro (=​​ Lifelong education). Invita a saper approfittare di tutte le occasioni sociali di formazione, quelle dell’educazione formale, ma anche quelle dell’educazione non formale e informale (=​​ on going education). Stimola ad arrivare a forme d’individualizzazione e d’apprendimento padroneggiato e al contempo invita a praticare forme di apprendimento cooperativo. In una prospettiva di educazione alla convivenza democratica, sprona a superare una visione culturo-centrica e socio-centrica della formazione, puntando su un’educazione integrale, di tutte le dimensioni dell’esistenza (=​​ Lifewide education), liberatrice, interculturale, capace di sostenere forme di vita personalizzate e responsabilizzate, eque e solidali, critiche ed innovative, in un contesto vitale pluralistico, cangiante, multi-culturale, fortemente e costantemente innovativo.

7.​​ Riforma delle i.e. e riforma sociale.​​ Risulta subito evidente che tale compito eccede le possibilità della ricerca e della riflessione pedagogica, così come l’azione educativa isolata. Non è solo questione di cambio di didattica rispetto ai nuovi modi di apprendere legati alle nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione. Occorre anche un serio e preciso impegno socio-politico di riforma culturale e sociale, in modo che sviluppo personale e sviluppo sociale progrediscano e si attuino congruentemente. Ad un livello più alto, forse si richiede anche che l’intera comunità sociale prenda coscienza dell’esigenza di mettersi «in stato di formazione». Infatti, all’accelerato processo di mutamento e di cambio sociale dovrebbe corrispondere il considerare la formazione come tratto caratterizzante della vita, della cultura e dello sviluppo sociale nella sua globalità, e non solo come obiettivo della generazione adulta nei confronti della generazione in crescita, a cui si deputano le i.e. Peraltro saranno pure da precisare ambiti e criteri di intervento e di esercizio concreto della responsabilità educativa, sia all’interno delle singole i.e., sia a livello di coordinazione tra esse, sia infine a livello di società nazionale, internazionale e mondiale: un lavoro culturale a cui possono dare il loro specifico contributo le scienze dell’educazione, impegnandosi per una cultura educativa adeguata al tempo presente e a quello futuro.

Bibl:​​ Faure E. (Ed.),​​ Rapporto sulle strategie dell’educazione,​​ Roma, Armando / UNESCO, 1973; Cresson E. - P. Flynn,​​ Insegnare e apprendere. Verso la società cognitiva, Bruxelles, Commissione Europea, 1996; Delors J. (Ed.),​​ Nell’educazione un tesoro, Roma, Armando, 1997; Scanzio F. (Ed.),​​ La società dell’apprendimento, Roma, Edizioni associate, 1998; Morin E.,​​ I sette saperi necessari all’educazione del futuro, Milano, Cortina, 2001; Angelini G.,​​ Educare si deve ma si può?, Milano, Vita e Pensiero, 2002.

C.​​ Nanni