MODERNITÀ

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MODERNITÀ

Il termine, dal lat. tardo​​ modernum,​​ derivato dall’avv.​​ modo​​ (= or ora), sta propriamente per «attuale». Ma storicamente è venuto ad indicare l’atteggiamento ed il modo di vedere tipico della coscienza storica occidentale post-medioevale, che tende a distinguersi dall’epoca precedente non solo cronologicamente ma anche in termini di prospettive culturali, di sistemi di significati e di criteri di valutazione per ciò che concerne la qualità della vita individuale e collettiva.

1. Già nel periodo medioevale ci si poneva il problema della differenza tra antichi e moderni. È nota l’affermazione riferita a Bernardo di Chartres, secondo cui noi moderni saremmo come dei nani sulle spalle dei giganti (riportata da G. di Salisbury,​​ Metalogicon,​​ III, 4). Ma la coscienza moderna acquista tutto il suo tipico significato con la concezione umanistico-rinascimentale dell’uomo-microcosmo e dell’uomo costruttore (homo faber)​​ del proprio destino. I secoli successivi hanno rafforzato il forte carattere antropocentrico della concezione moderna del mondo e della vita. L’uomo è visto come prospettiva totalizzante, come centro solare («uomo copernicano») attorno a cui tutto il resto vien fatto ruotare. Posta piuttosto in ombra la dimensione creaturale e quella di particella dell’universo, l’uomo moderno ha esaltato la sua qualità di soggetto e costruttore della storia, grazie alle sue capacità di libertà, di razionalità e di potenza politica. L’Illuminismo ha dato ulteriore consistenza teorica a queste prospettive umanistiche, affidandole alla forza illuminante della ragione, vista essenzialmente non come ragione contemplativa ma come ragione pratica, cioè funzionale e strumentale all’efficacia operativa dell’agire, della capacità produttiva e dell’abilità trasformativa dell’uomo nei confronti della natura e dell’ambiente. Scienza e tecnica ne sono diventate le figure culturali principali. L’affermazione dell’autonomia delle realtà terrestri si è combinata con una crescente tendenza alla secolarizzazione dei modi sociali dell’esistenza, poggiata su una fede laica nelle potenzialità umane di sviluppo illimitato, di progressiva liberazione, eguaglianza, giustizia sociale e felicità per tutti: nell’orizzonte di un «regno della libertà» e di una «pace universale», in cui si avrebbe finalmente il pieno affrancamento da ogni feudalesimo interiore ed esteriore.

2. Queste prospettive ideologiche sono alla base anche del concetto di «modernizzazione»,​​ vale a dire dell’insieme dei criteri orientativi dell’azione politica sia nei confronti dello «svecchiamento» dell’organizzazione sociale interna sia nel confronto politico-internazionale sui modelli di sviluppo, secondo cui regolare i processi di trasformazione economica, sociale, civile, giuridica a livello mondiale. Ne sono considerati «indicatori»: la partecipazione attiva dell’intera popolazione maschile e femminile a tali processi, la possibilità reale di mobilità ed innalzamento sociale, uno stato di diritto garante della sicurezza e delle libertà individuali, l’effettivo accesso di tutti ai beni di consumo del mercato internazionale, un’equa ripartizione e distribuzione delle risorse, la diffusione del benessere attraverso l’azione privata e pubblica.

3. L’​​ ​​ alfabetizzazione, l’​​ ​​ istruzione e la​​ ​​ formazione sono considerate condizione di base per il conseguimento di questi obiettivi (formazione). La fiducia nel potere illuminante dell’istruzione e nella forza rigenerante dell’educazione è stata vista come fondamentale fin dall’inizio dell’età moderna. Tuttavia, negli ultimi decenni – specie in rapporto ai tragici esiti delle due guerre mondiali, dell’eurocentrismo imperialistico e colonialistico, delle ideologie politiche totalitarie di destra e di sinistra, degli effetti ecologicamente devastanti dell’industrializzazione e del neo-capitalismo internazionale – la visione moderna è diventata oggetto di forti critiche. Diversi esponenti della​​ ​​ Scuola di Francoforte ne hanno evidenziato l’eclisse della ragione e la riduzione ad una umanità ad una sola dimensione. Altri ne criticano il carattere lineare, quantitativo e necessario del concetto di sviluppo, poco attento agli aspetti di contingenza, di non continuità, di situazionalità, di involuzione, di differenziazione soggettiva e socio-culturale, di creatività e di responsabilità etica individuale e collettiva. Così pure si problematizza fortemente la fiducia moderna nella razionalità e nella trasparenza dell’azione umana storica, che non sembra vedere la fondamentale ambivalenza delle scelte e delle produzioni umane. Individualismo, eclisse dei fini, perdita della libertà politica ne sarebbero gli «effetti perversi» più cospicui. Da parte religiosa se ne evidenzia il riduzionismo immanentistico, il materialismo economicistico, il laicismo anti-ecclesiastico che enfatizzano l’efficienza e il successo, rendono estremamente difficile il senso della gratuità e forme di pensiero spirituale aperto alla trascendenza o al desiderio del totalmente altro. In tal senso si è parlato di «fine della m.» o più comunemente di un passaggio a forme non univoche e non unidirezionali di​​ ​​ post-m. o, in positivo – in rapporto al forte incremento dell’innovazione tecnologica e delle sue potenzialità trasformazional-umanistiche – di seconda m. o di iper-m.

4. Per parte sua, la riflessione teorico-pedagogica evidenzia il forte tasso di problematicità che attraversa quelli che erano considerati i capisaldi della cultura educativa moderna: la fiducia nelle capacità soggettive di libertà e di trasformazione umana del reale; la fede quasi «sacrale» nella razionalità, nella scienza e nella tecnica; la speranza della possibilità di una comunicazione trasparente e di un dialogo corretto e fruttuoso tra le persone, i gruppi sociali, i popoli, le nazioni e le culture. Per altro verso è stimolata ad andare oltre le forme tradizionali di fare scienza e a ricercare forme di discorso pedagogico più adeguate alle molteplici possibilità conoscitive umane, fortemente provocate dall’accresciuta interazione multiculturale e dalle possibilità offerte dai nuovi media computerizzati. Ad un livello più ampio è chiamata a collaborare con altri approcci scientifici e teorici nella ricerca di una cultura formativa di un qualche significato e futuro rispetto ai modi «attuali» di essere, di agire, di educare.

Bibliografia

Fromm E.,​​ Avere o essere?,​​ Milano, Mondadori, 1977; Guardini R.,​​ La fine dell’epoca moderna,​​ Brescia, Morcelliana, 1979; Vattimo G.,​​ La fine della m.,​​ Milano, Garzanti, 1985; Arendt H.,​​ Vita activa. La condizione umana,​​ Milano, Bompiani, 1989; Habermas J.,​​ Il​​ discorso filosofico della m.,​​ Roma / Bari, Laterza, 1991; Campanini G.,​​ Cristianità e m.,​​ Roma, AVE, 1992;​​ Touraine A.,​​ Critique de la modernité,​​ Paris, Fayard,​​ 1992; Giddens A.,​​ Le conseguenze della m.,​​ Bologna, Il Mulino, 1994; Taylor C,​​ Il​​ disagio della m.,​​ Roma / Bari, Laterza, 2006; Eisenstadt S.,​​ Sulla m., Soveria Mannelli (CZ), Rubbettino, 2006.

C. Nanni