PSICOLOGIA EDUCATIVA / SCOLASTICA

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PSICOLOGIA EDUCATIVA /​​ SCOLASTICA

È il ramo della p. che si occupa dei processi educativi e in particolare di quelli che si riferiscono: a) allo sviluppo intellettuale, emozionale, sociale e morale degli educandi; b) all’acquisizione di conoscenze e di abilità generali e specifiche; c) all’interiorizzazione di valori e alla formazione di atteggiamenti; d) alle interazioni e relazioni interpersonali tra gli educandi e gli educatori e tra gli educatori e gli educandi stessi. La p.s., in particolare, studia i processi psicologici che hanno luogo nel contesto scolastico. Talvolta viene denominata p.e. quella parte della p. che dovrebbe conoscere un educatore e, parallelamente, p.s. quella parte della p. che dovrebbe conoscere un insegnante. Può essere genericamente designata anche con altre denominazioni tra cui: psicopedagogia, p. pedagogica, p. dell’educazione. La p.s. viene spesso anche denominata p. dell’istruzione. In ingl.:​​ Educational psychology,​​ School psychology,​​ Instructional psychology.​​ In fr. è comune:​​ Psychopédagogie.​​ In sp.​​ Psicopedagogía.​​ In ted.​​ Erziehung Psychologie,​​ Unterricht Psychologie​​ e​​ Pädagogische Psychologie.

1.​​ Natura.​​ Si usa affermare che la p. dell’educazione è una scienza applicata. Tuttavia tale affermazione può prestarsi a qualche equivoco. Infatti, non si tratta tanto di applicare le leggi generali della p. all’educazione, anche se questo può e deve essere fatto per alcuni aspetti, quanto di studiare i processi educativi secondo apparati concettuali, metodologie di indagine e forme di discorso di natura psicologica. I suoi campi di interesse possono essere identificati secondo due grandi aree:​​ ​​ istruzione e interazione. Tuttavia sarebbe pericoloso designare la prima area come quella che interessa la scuola e la seconda come quella che interessa l’educazione. Processi istruttivi e rapporti interpersonali hanno luogo sia in seno alla famiglia, sia nella scuola, sia nelle varie comunità di appartenenza dei bambini e dei giovani.

2.​​ Storia.​​ Il primo volume di​​ Educational psychology​​ si deve a Thorndike (1903), anche se a​​ ​​ James si deve un volume precursore dal titolo​​ Talks to teachers​​ (1899). In Italia il primo volume pubblicato di​​ P. pedagogica​​ si deve a P. Romano (1906). Tuttavia a lungo si è trattato più di applicazioni di concetti e principi sviluppati nel contesto della p. sperimentale che di sviluppi propri di una scienza autonoma. Nei Paesi di lingua fr. questa disciplina ha concentrato la sua attenzione sui problemi dello sviluppo del bambino e del fanciullo (R. Zazzo,​​ ​​ Wallon) e dello scolaro (​​ Claparède,​​ ​​ Buyse). Negli anni quaranta e cinquanta negli Stati Uniti è prevalso un approccio comportamentale che ha portato a una p.e. e s. ispirata a tale approccio, che ha fatto da supporto allo sviluppo di un’impostazione psicotecnologica solo a poco a poco svincolatasi da riduttivismi comportamentisti (teorie degli​​ ​​ obiettivi educativi, teorie curricolari,​​ ​​ istruzione programmata,​​ Mastery learning).​​ In Europa prima, e negli Stati Uniti dopo, ha avuto un grande influsso la lezione piagetiana, soprattutto a partire dagli anni sessanta. Una sintesi magistrale delle principali ricerche a valenza educativa è stata offerta alla fine degli anni sessanta da D.P. Ausubel (1968) che ha centrato il discorso sul concetto di apprendimento significativo. Apporti di grande interesse sono stati dati da autori come​​ ​​ Bruner,​​ ​​ Rogers e in genere dalla p. umanista. Dagli anni settanta in poi si assiste a uno sviluppo di natura cognitivista che valorizza l’analisi dei processi cognitivi esplorati sotto la metafora dell’uomo elaboratore di informazioni (Gagné, 1989). Gli anni ottanta e novanta vedono una ripresa degli studi sulla p. della volontà di inizio secolo e, più in generale, sulla p. dell’azione. Oggetto di indagine diventano l’azione educativa considerata come azione sociale (Amerio, 1995), l’azione di apprendimento degli studenti considerata come costruzione di significati e l’interazione tra le due azioni. Gli anni del nuovo millennio sono segnati da una particolare attenzione alla affettività e alla dinamica emozionionale presente nei contesti educativi e scolastici.

3.​​ Contenuti.​​ Occorre distinguere tra quanto è contenuto nei manuali di p. dell’educazione e ciò che costituisce l’oggetto più specifico di studio e di ricerca di questa disciplina scientifica. Nel primo caso si nota spesso come sotto la dizione di p. dell’educazione entrino tutte le conoscenze psicologiche fondamentali necessarie a un educatore e, più specificatamente, a un insegnante per svolgere la propria azione: i processi di sviluppo degli allievi alle varie età, i processi cognitivi e affettivi implicati nell’attività di insegnamento e di apprendimento, le basi psicologiche dei vari metodi di insegnamento, le relazioni sociali attivate nella comunità scolastica o educativa, la valutazione dell’azione educativa e dei suoi risultati, ecc. Nel secondo caso si è in genere più precisi e puntuali e le tematiche affrontate riflettono lo stato di avanzamento delle discipline psicologiche e i diversi paradigmi di ricerca che via via si susseguono: dall’associazionismo, alla p. della​​ ​​ Gestalt, al comportamentismo, al cognitivismo, alla p. dell’azione e alla p. sociocognitiva. Temi di grande interesse sono: a) i processi di costruzione delle conoscenze e di sviluppo delle competenze di natura scolastica e professionale; b) le relazioni interpersonali e il loro influsso sulla crescita personale e sociale dei bambini e degli studenti; c) la natura e la dinamica dei processi motivazionali, emozionali e volitivi nei contesti scolastici, familiari e sociali; d) lo sviluppo dei processi di autodeterminazione e di autoregolazione nell’apprendimento. Un particolare settore di interesse è quello dedicato alla p. dell’apprendimento dei contenuti delle diverse discipline di insegnamento.

4.​​ Metodi.​​ Nella prima metà del sec. XX ha prevalso nettamente una metodologia di tipo sperimentale che valorizzava dati rilevati empiricamente ed elaborati statisticamente. In questi ultimi decenni si è accentuata la tendenza a privilegiare metodi di tipo qualitativo o interpretativista. Inoltre si è progressivamente passati da indagini svolte prevalentemente in laboratorio e in situazioni appositamente progettate a indagini svolte in contesti reali, come la classe, il gruppo associazionistico, la famiglia, favorendo l’uso di metodi idiografici. La centralità dello studio dell’azione sociale ha comportato un’attenzione specifica per l’intenzionalità educativa e quindi la valorizzazione di metodi basati sulla narrazione. Dagli studiosi più esperti e consapevoli si insiste sulla necessità di considerare i vari approcci metodologici come complementari.

Bibliografia

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M. Pellerey