EDUCAZIONE SOCIOPOLITICA

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EDUCAZIONE SOCIOPOLITICA

Si intendono le varie forme di e. che mirano alla formazione della capacità sia di compresenza e di reciprocità positiva, sia di partecipazione responsabile all’esercizio del potere in vista del bene comune.

1.​​ L’ambito e le agenzie.​​ Dopo la seconda guerra mondiale, l’evoluzione dell’e.s. nell’Europa Occidentale è passata grosso modo attraverso quattro​​ fasi.​​ La decade ’60 è stata caratterizzata dall’attuazione di progetti significativi di innovazione in aree quali gli studi sociali, l’e. sociale e le scienze umane, mentre negli anni ’70 l’attenzione si è spostata sull’e. civica e su quella politica. Nel decennio successivo la lista si è allungata e si sono aggiunte altre e. fra le quali le principali sono: l’e. interculturale, allo​​ ​​ sviluppo, alla​​ ​​ pace, alla democrazia, ai​​ ​​ diritti umani e alla legalità. Negli anni ’90 e soprattutto nel 2000 la denominazione più comune è quella di e. alla cittadinanza democratica e tale andamento si spiega a motivo dell’urgenza di attuare nei Paesi la democrazia; in Italia la riforma «Moratti» (L. 53 / 03) ha preferito la terminologia di e. alla convivenza civile perché comprenderebbe anche coloro che non hanno una cittadinanza formale; altri hanno osservato che è possibile mantenere la dizione e. alla cittadinanza democratica se si intende la cittadinanza in senso pedagogico. Passando al tema delle​​ agenzie​​ educative e incominciando dal dibattito sulla continuità o meno degli atteggiamenti sociopolitici dei figli rispetto ai genitori, va ricordato che si sono contese il campo due posizioni: da una parte, coloro che sostengono la tesi della discontinuità generazionale, si appellano alla rapidità e alla profondità del cambio culturale, al depotenziamento funzionale della​​ ​​ famiglia, all’indifferenza dei giovani rispetto ai valori degli​​ ​​ adulti; altri studiosi, pur non negando la presenza di conflitti tra genitori e figli, ritengono che sussista una continuità sostanziale tra le generazioni. Maggiore accordo sembra esistere circa l’incidenza dell’origine sociale che sarebbe il fattore più influente sulla personalità di base del giovane. L’influsso della scuola sulla formazione sociopolitica rivestirebbe un’importanza secondaria rispetto a quello di altre agenzie. Se si passa ad analizzare la natura dell’azione della scuola sembra che la funzione meramente socializzatrice occupi un posto preminente rispetto a quella educativa: l’insegnamento mirerebbe principalmente a rendere conformi, a inculcare valutazioni favorevoli al sistema, a creare un senso di appartenenza e di fedeltà ad esso. Pur con le gravi carenze appena elencate, non si può negare che la scuola svolga una vera e.s., e possa condurre il giovane a una partecipazione politica libera e cosciente e a una maturità politica. L’azione dei gruppi dei pari non sembra sia molto efficace nel trasmettere i valori politici su cui esiste un largo consenso nella società; al contrario essi rivelerebbero una notevole incidenza come competitori delle tradizionali agenzie educative in quanto risulterebbero capaci di elaborare modelli culturali relativamente indipendenti. Le ricerche tendono a sottolineare l’importanza dei mezzi di​​ comunicazione sociale​​ in rapporto alle diverse modalità dell’e.s. e tale influsso consisterebbe in un rinforzo della predisposizione all’ascolto di certi argomenti, già presente nei soggetti.

2.​​ Obiettivi e metodologie.​​ Si tratta di formare un atteggiamento, una strutturazione relativamente stabile di tutta la personalità del soggetto che si esprime a diversi livelli nella disponibilità per l’azione. Analogamente che per qualsiasi atteggiamento i livelli comprendono l’aspetto cognitivo, valutativo, motivazionale e comportamentale. Pertanto un primo​​ obiettivo​​ consiste nella capacità di individuare, interpretare e valutare i problemi sociopolitici in una società in cui l’informazione è in vario modo e da più istanze manipolata. Bisognerà far acquistare quei saperi che permettono di penetrare la realtà sociale: in particolare, va sottolineata l’importanza di una seria formazione scientifica che, trasfondendo negli allievi il senso del rigore intellettuale e della verifica nell’esperienza, li immunizzi dal semplicismo, dal dogmatismo e dall’avventurismo di tante attività sociali. Dovranno poi essere assunti i parametri di valutazione che si possono sintetizzare nel valore-uomo, nella libertà, nella giustizia, nell’eguaglianza, nella pace, nell’amore, nei valori della fede. La seconda grande area di obiettivi si può definire come la formazione della volontà di partecipare alla realizzazione del bene comune. Bisognerà in proposito attivare una serie di motivazioni per l’impegno sociopolitico. In particolare si richiede la formazione di un habitus etico-sociale che spinga l’individuo a dare il proprio contributo alla vicenda umana fino a pagare di persona. Il servizio degli altri e del popolo deve essere l’obiettivo da perseguire in vista di un bene comune che assicuri a tutti le condizioni necessarie per realizzare la propria personalità. Un’altra dimensione dell’e.s. è quella creativa e in questo caso si parla di capacità utopica. Con essa non si intende naturalmente un sogno folle, né un comodo pretesto a un alibi per sfuggire a responsabilità immediate, ma ci si riferisce a un’immaginazione prospettica, capace di individuare nel presente potenzialità trascurate e di elaborare un progetto lungimirante di trasformazione della società. Dal punto di vista operativo le capacità da formare sono varie. Si può ricordare anzitutto quella di programmazione, cioè di tradurre nell’oggi le linee direttrici di un progetto. Rientrano in questo ambito le capacità tecniche di creare il consenso su un programma e sulla scelta di alcuni uomini, di utilizzare le strutture politiche per conseguire il potere e realizzare il bene comune, di saper pervenire a un compromesso con forze contrapposte senza irrigidimenti preconcetti e senza cedere sull’irrinunciabile. Vanno richiamati anche il dominio del linguaggio, l’animazione dei gruppi, le capacità decisionali e quelle promozionali. Indubbiamente la​​ metodologia​​ generale da privilegiare consiste nel far partecipare il giovane ad azioni concrete; la partecipazione diretta va, tuttavia, promossa con gradualità. Nella scuola la formazione dovrà essere organizzata intorno a unità globali, dovrà fornire gli strumenti per una discussione critica e aperta delle questioni di attualità e presupporre la presenza di un clima democratico e la partecipazione reale di tutti alla gestione. Nei gruppi sarà consigliabile accentuare l’aspetto dell’esperienza, ricorrendo principalmente a metodiche che si basano sulla prassi piuttosto che sulla elaborazione teoretica e culturale.

Bibliografia

Milanesi G. C. (Ed.),​​ E. e politica,​​ Torino, SEI, 1976; Shaver J. (Ed.),​​ Handbook of research on social studies,​​ teaching and learning,​​ New York, Macmillan, 1991;​​ Birzea C.,​​ L’éducation à la citoyenneté démocratique: un apprentissage tout au long de la vie, Strasbourg, Conseil de la Coopération Culturelle, 2000;​​ Santerini M.,​​ Educare alla cittadinanza. La pedagogia e le sfide della globalizzazione, Roma, Carocci, 2001;​​ E. alla convivenza civile, in «Annali dell’Istruzione» (2005) 5 / 6, 3-135 (n. monogr.); Chistolini S. (Ed.),​​ Cittadinanza e convivenza civile nella scuola europea, Roma, Armando, 2006.

G. Malizia