LABORATORIO
È stato scritto che la pedagogia ha perso progressivamente fiducia nel potere magico della parola – «basta parlare perché gli alunni comprendano e apprendano» (De Landsheere G., 1978, 14) – e ha cercato di produrre nuove situazioni educative in cui si potessero conciliare l’insegnamento individualizzato, il lavoro socializzato, la partecipazione diretta dell’alunno, assicurando da parte dell’insegnante il ruolo di guida e di consulenza.
1. Il l. rientra nel quadro di queste «nuove» situazioni educative. Il termine l. evoca un ambiente provvisto di strumenti e materiali idonei, e una situazione (anche temporale) che richiede alle persone una partecipazione diretta per sperimentare e produrre risultati. Il l. è di fatto un metodo attivo di apprendimento che chiama in causa l’alunno perché personalmente o in gruppo sperimenti e lavori sul proprio apprendimento in un ambiente idoneo avendo a disposizione un supporto preparato dall’insegnante.
2. Il l., così come è inteso oggi, ha conosciuto vari cambiamenti nel tempo. Dapprima circoscritto all’ambito delle scienze sperimentali (l. di fisica e di chimica) gradualmente si è esteso ad altri contenuti dell’insegnamento. Negli anni ’60 un posto privilegiato fu riconosciuto al l. linguistico partendo dal presupposto che una lingua non è materia astratta ma viva, e che uno dei modi migliori per acquisirla è esercitarla. La proposta venne dagli Stati Uniti e all’inizio fu accolta con una certa diffidenza in Europa. Nel 1963 fu scritto che «rien ne nuit au Laboratoire de langues que de s’appeler Laboratoire et de venir d’Amérique» (Guénot, 1963, 27). Era l’epoca in cui le teaching machines invadevano il mercato europeo e il l. linguistico fu annoverato in un primo tempo tra queste. Ben presto fu impiegato come l. d’istruzione per le altre materie, l’uso della «macchina» non apparve prioritario e lo si scoprì come metodologia di apprendimento che coinvolgeva in modo più significativo l’allievo. L’esperienza di «l. didattico» nel microteaching risultò positiva ai fini della formazione dei futuri insegnanti attraverso simulazioni di situazioni scolastiche (strutturate in modo da garantire il raggiungimento di obiettivi specifici) dove alcuni sono protagonisti e altri osservatori.
3. Oggi il metodo di l. è comunemente usato non solo nell’ambito dell’apprendimento scolastico ma anche in corsi e convegni per facilitare ai partecipanti la possibilità di «lavorare» su ipotesi e proposte concrete mettendo a loro disposizione spazio materiale e di tempo e una varietà di supporti di documentazione adeguati.
Bibliografia
De Landsheere G., La formazione degli insegnanti domani, Roma, Armando, 1978; Novak J. D. - D. B. Gowin, Imparando a imparare, Torino, SEI, 1989; Gagné R. M. - L. J. Briggs, Fondamenti di progettazione didattica, Ibid., 1990; Frabboni F., Il l., Roma / Bari, Laterza, 2007.
M. G. Caputo