AZIONE DIDATTICA

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AZIONE DIDATTICA

L’a. di insegnamento; più specificatamente l’a. di insegnamento che viene svolta in una istituzione scolastica o formativa da persona qualificata, alla quale è stato assegnato tale ruolo. Per essa viene anche usato il termine​​ didassi.​​ La scienza che la studia è la​​ ​​ didattica: una scienza spesso definita come pratico-prescrittiva in quanto tende a dare fondamento e orientamento operativo all’a. di insegnamento.

1.​​ Dimensioni dell’a.d.​​ Utilizzando le categorie proprie delle scienze pratiche individuate da​​ ​​ Aristotele, si può distinguere nella struttura dell’a.d. una dimensione tecnico-pratica e una dimensione etico-sociale. La prima dimensione dell’a.d. si riferisce alla progettazione, realizzazione e valutazione di uno spazio di​​ ​​ apprendimento valido ed efficace, cioè di un insieme di condizioni nelle quali l’allievo, o gli allievi, possa e voglia apprendere in maniera significativa, stabile e fruibile quanto inteso da parte del docente. La seconda dimensione dell’a.d. è data dalla qualità delle scelte, dei comportamenti, dei giudizi, delle relazioni che caratterizzano tale a. È qualcosa di intrinseco all’a. stessa e costituisce per l’allievo un riferimento continuo sia in quanto modello di atteggiamenti e di condotte, sia in quanto contesto interpretativo e valutativo di quanto viene attuato.

2. A. di insegnamento,​​ a. di apprendimento e loro interazione.​​ Lo spazio formativo costituisce il campo nel quale l’a. di insegnamento si esplica, e dal quale dipende la sua validità e fecondità. Esso è però anche il campo d’a. del discente e, più in generale, lo spazio dell’interazione tra​​ ​​ insegnante e allievi e degli allievi tra di loro. Lo slittamento di attenzione dai comportamenti esterni e relative tecniche di controllo e di modifica di matrice comportamentista ai processi interni di natura cognitiva e affettiva ha portato progressivamente a considerare sempre più da vicino il ruolo di tali processi nell’acquisizione e uso della conoscenza. È stato così riconosciuto che lo scenario entro cui si esplicano le a. dell’insegnante, quelle degli allievi, e le relative interazioni, non può essere descritto, compreso e spiegato se non si tiene conto dei pensieri e dei sentimenti che precedono, accompagnano e seguono tali a. In particolare viene segnalato il ruolo dei significati, delle motivazioni e delle intenzioni che le sollecitano, guidano e sostengono. Gli studi sui pensieri dei docenti hanno spesso utilizzato tre categorie di analisi, concernenti i pensieri che precedono l’a. di insegnamento o che la seguono (pensieri preattivi e postattivi) e quelli che l’accompagnano (pensieri interattivi). A queste è stata aggiunta la categoria che include le concezioni e convinzioni che essi hanno del proprio ruolo di insegnanti e di educatori. Alla prima categoria appartengono la progettazione e organizzazione concreta delle attività di apprendimento; alla seconda le riflessioni interne e i giudizi che le seguono; alla terza, i pensieri e le decisioni che hanno luogo nel corso dell’a.d. La quarta categoria costituisce come il quadro di riferimento che guida le attribuzioni di significato e di valore nel corso dei pensieri preattivi e postattivi e di quelli interattivi. Questo mondo interiore si rende visibile e osservabile tramite i comportamenti che insegnanti e alunni manifestano in classe e tramite i risultati da questi ultimi conseguiti. La tradizione comportamentista si limitava allo studio di questi elementi esterni, evidenziando correlazioni od eventuali rapporti causali; oggi, con tecniche anche assai raffinate, si cerca di risalire all’origine cognitiva e in particolare alle intenzioni che hanno dato origine ai comportamenti esterni. Oltre a questo, occorre evidenziare un altro insieme di fattori che certamente entra in gioco in modo sostanziale nell’attività didattica. Si tratta dei sentimenti e delle emozioni che precedono, accompagnano o seguono l’a. degli insegnanti. Anche questi si esprimono nei loro comportamenti e hanno un influsso non indifferente nella creazione dello spazio o ambiente di apprendimento. Gli studi sulle attese che i docenti hanno in genere nei riguardi della scuola e specificatamente nei riguardi dei singoli alunni, le ricerche sulle attribuzioni causali relative alle iniziative riuscite o fallimentari, sull’attrazione e repulsione provate per determinati argomenti di studio, determinate attività didattiche e specifici alunni, ecc., hanno mostrato la complessità e profondità di tale gioco, spesso inconsapevolmente esplicato. L’a. di insegnamento, d’altra parte, anche se è un’a. intenzionale che mira a promuovere in modo sistematico l’acquisizione di conoscenze, capacità e atteggiamenti validi e produttivi, non può, però, produrre direttamente effetti di apprendimento, in quanto, come già ricordato, deve limitarsi a creare le condizioni che ottimizzano l’a. di apprendimento degli allievi nella direzione intesa dall’insegnante. E questo è inevitabilmente oggetto di opportune negoziazioni, esplicite o implicite, tra insegnanti e allievi, favorite da un contesto dialogico valido e fecondo.

3.​​ Complessità dell’a. di insegnamento.​​ Lo studio diretto dell’agire concreto dell’insegnante nella classe, cioè della sua capacità di gestire nella sua totalità lo spazio di apprendimento da lui stesso prefigurato, ne ha evidenziato la complessità. In tale capacità d’altra parte è stato individuato il cuore della sua professionalità e della sua competenza. Un insegnante esperto si differenzia da un principiante secondo un numero rilevante di elementi distintivi, tra cui si possono qui ricordare (Berliner, 1986): a)​​ capacità di gestire e controllare​​ la molteplicità e multidimensionalità degli elementi che concorrono a caratterizzare lo spazio di apprendimento contemporaneamente e immediatamente, cioè capacità di selezionare e interpretare ciò che è rilevante nella situazione concreta, da ciò che si può trascurare, e rapidità nel prendere decisioni che si rivelano congruenti ed efficaci. Il principiante si presenta incerto, insicuro, attento a troppe cose in modo globale e poco funzionale, ecc.; b)​​ flessibilità​​ nell’adattare i contenuti di insegnamento, i modi di insegnare, le forme di interazione, il sostegno alla​​ ​​ motivazione all’apprendimento secondo le esigenze dei diversi soggetti e in base alle situazioni che concretamente si presentano di volta in volta, tenendo conto della loro preparazione, del loro stato d’animo, delle loro reazioni, ecc.; il principiante si presenta rigido e poco capace di adattamento alla varietà dei casi particolari e delle situazioni concrete; c)​​ conoscenza dei contenuti​​ di insegnamento e dei modi attraverso i quali questi possono essere trasformati per poter essere appresi in modo significativo e stabile dai vari alunni, utilizzando forme di rappresentazione (iconiche, verbali, analogiche, ecc.) e collegamenti con quanto da essi già conosciuto e interiormente rappresentato sia nell’attività scolastica che nell’esperienza extrascolastica. Il principiante è assai legato alla maniera nella quale ha studiato l’argomento o nella quale questo viene esposto nel libro di testo.

4.​​ L’analisi dell’a.d.​​ L’a. di insegnamento, soprattutto negli anni settanta, è stata oggetto di analisi prevalentemente per quanto concerne il suo aspetto osservabile e categorizzabile. A questo fine sono state costruite griglie di osservazione sistematica secondo categorie determinate sulla base di varie teorie di riferimento. G. De Landsheere, ad es., ha esaminato i comportamenti sia verbali che non verbali del docente nel corso del suo insegnamento. Il passo successivo è stato quello di valorizzare i metodi osservativi così sviluppati nel contesto della formazione iniziale e in servizio degli insegnanti, utilizzando in particolare tecniche di microinsegnamento (De Landsheere, 1979 e 1981).

5.​​ La componente etica dell’a.d.​​ W. Brezinka ha sottolineato la centralità di quello che egli chiama l’ethos​​ professionale degli insegnanti, cioè il loro senso morale o insieme delle proprie convinzioni morali nei riguardi della loro attività specifica. In altre parole si tratta dell’insieme degli atteggiamenti morali che una persona ha verso la propria attività professionale di insegnante e i particolari compiti e doveri che questa comporta (Brezinka, 1989). Questo senso morale è d’altra parte legato al mandato educativo a essi affidato dalla comunità nazionale e locale. Mandato educativo che è reso esplicito nelle norme costituzionali e di legge relative alla scuola in genere e ai vari livelli scolastici in specie, e interpretato sul piano operativo dai diversi programmi didattici. Tra le componenti dell’ethos professionale dei docenti, Brezinka considera fondamentali le seguenti: a) l’atteggiamento positivo verso gli alunni e il loro bene; b) l’atteggiamento positivo verso la propria comunità e verso il mandato educativo da questa affidato all’insegnante; c) l’atteggiamento positivo nei confronti della materia che deve insegnare; d) l’atteggiamento positivo verso le attività necessarie per l’esercizio della professione.

Bibliografia

Dussault G. et al.,​​ L’analisi dell’insegnamento,​​ Roma, Armando, 1976; Ballanti G.,​​ Analisi e modificazione del comportamento insegnante,​​ Teramo, Lisciani, 1979; De Landsheere G.,​​ Come si insegna: analisi delle interazioni verbali in classe,​​ Ibid., 1979; De Landsheere G. - A. Delchambre,​​ I comportamenti non verbali dell’insegnante,​​ Ibid.,​​ 1981; Berliner D. C.,​​ In pursuit of the expert pedagogue,​​ in «Educational Researcher» 15 (1986) 7, 5-13; Damiano E.,​​ L’insegnamento come a.,​​ in «Il Quadrante Scolastico» 11 (1988) 38, 23-48; Brezinka W.,​​ L’educazione in una società disorientata,​​ Roma, Armando, 1989; Pellerey M.,​​ A. educativa e didattica,​​ in «Il Quadrante Scolastico» 12 (1989) 42, 23-33;​​ De Corte E. et al.,​​ Les fondements de l’action didactique,​​ Bruxelles, De Boeck,​​ 21990; Mastromarino R.,​​ L’a.d.,​​ Roma, Armando, 1991; Damiano E.,​​ L’a.d. Per una teoria dell’insegnamento,​​ Ibid., 1993; Pellerey M.,​​ L’agire educativo, Roma, LAS, 1998; Id.,​​ Educare, Ibid., 1999; Damiano E.,​​ La Nuova Alleanza, Brescia, La Scuola, 2006.

M. Pellerey