RISORSE UMANE: gestione delle
R.u. è un termine composto, anzitutto legato alla parola risorsa. Questa indica il mezzo o capacità disponibile, consistente in una riserva materiale o spirituale, o in un’attitudine a reagire adeguatamente alle difficoltà, da vocabolario (Devoto-Oli, 2007). Alla sottovoce r.u., specifica che si tratta, nel linguaggio burocratico delle aziende, del complesso dei lavoratori. La voce rimanda ancora al fr. ressource, che deriva dal lat. resurgere (risorgere). R.u. è quindi un’espressione usata nel linguaggio manageriale e nell’economia aziendale per designare il personale che lavora in un’azienda e, in particolar modo, il personale dipendente.
1. R.u., aspetti specifici. Con questa terminologia si vuole evidenziare l’aspetto di valore o capitale insito nel personale, nella sua professionalità e nelle sue competenze e, quindi, di conseguenza che le spese per l’impiego e lo sviluppo di tali r. devono essere considerate investimenti. La locuzione è oggi utilizzata anche per designare una funzione aziendale (Gestione e Sviluppo delle r.u.), in passato denominata ufficio del personale, che presiede alla vita lavorativa di un individuo all’interno di un’organizzazione e prevede i seguenti processi: la Pianificazione, la Selezione, il Reclutamento, l’Inserimento, la Formazione e lo Sviluppo, la Valutazione, la Retribuzione, la Mobilità interna, la Carriera del personale – ossia si occupa dei vari aspetti di un particolare sistema operativo aziendale – e le Relazioni Sindacali (Costa, 1997; Auteri, 1998). A questi processi va ultimamente aggiunto quello dell’Outplacement, ovvero della fuoriuscita delle persone dall’organizzazione e del loro eventuale re-impiego in un’altra struttura. Si tratta di un ufficio, di solito unito o quantomeno strettamente integrato, almeno nelle organizzazioni medio-grandi, alla funzione di Direzione. La gestione delle r.u. è ancora un’area teorica, divenuta oramai una disciplina, che raggruppa gli strumenti e le metodologie per gestire gli individui all’interno delle organizzazioni dal loro ingresso alla loro fuoriuscita.
2. Cenni storici. Varie teorie organizzative hanno influenzato la Gestione del personale dentro le organizzazioni. Vediamone, molto sinteticamente, alcune tra le più importanti che secondo una suddivisione di De Masi (cit. in Avallone, 1994), si dividono in due filoni: il primo quello della teoria della divisone del lavoro, tra i cui autori ricordiamo, Taylor, Fayol, Dricker (cit. in Avallone, 1994). Il secondo, quello delle relazioni umane e dei sistemi, a cui appartengono rispettivamente Mayo, Likert, Herzberg e von Bertalanffy, Emery, (1994). Uno dei primi, in ordine di tempo, ad occuparsi della gestione delle r.u. nelle organizzazioni fu F. Taylor (1911) il quale, con l’intento d’introdurre ed applicare il metodo scientifico alla conduzione delle r.u. in azienda, diede vita al modello manageriale conosciuto come Scientific Management. Esso è un modello ispirato ad una forte razionalità che usa i principi del metodo scientifico per la gestione delle persone; secondo l’A. una precisa distribuzione dei ruoli e dei compiti al più capace renderebbe efficace ed efficiente un’organizzazione. La spersonalizzazione di questo modello, la disaffezione al lavoro che cominciava ad essere sempre più registrata nei contesti occidentali, creò le condizioni per le ricerche di E. Mayo, incaricato, nell’anno 1924, di condurre una ricerca presso la General Electric a Chicago, volta a comprendere il problema delle produzione e dell’efficienza nel contesto lavorativo. I risultati di tale sperimentazione inaugurarono un serie di studi e ricerche che diedero vita, successivamente, alla Scuola delle Relazioni Umane ad opera anche dei contributi di D. Mc Gregor e F. Herzberg. Successivamente, siamo intorno al 1970, è la Scuola Sistemica (Lawrence - Lorsch, 1967), che introduce i concetti di scambio con l’ambiente e di omoestasi, dove l’individuo, al pari dell’organizzazione, è un sistema che apprende dal contesto, con cui scambia informazioni e al quale tenta di adattarsi. Tutte le teorie organizzative esposte, individuano, ciascuna, un preciso modello di gestione delle r.u. che vanno lungo un continuum che vede l’oggettività, la standardizzazione e la razionalità da un parte versus un approccio dove la soggettività, la motivazione e la complessità individuale e di sistema giocano un ruolo primario.
3. Attualità. La Gestione delle r.u., prendendo in considerazione il contesto italiano, ha attraversato varie fasi, a seconda delle epoche che prendiamo in considerazione. Nello specifico, e sinteticamente, abbiamo: a) Fase normativo / giuridica (anni ’50 del sec. scorso): la funzione del personale è amministrare il rapporto di lavoro dal punto di vista amministrativo (retribuzione) e giuridico (ferie, contrattualistica). b) Fase delle relazioni Umane (anni ’50): siamo nelle fase successiva agli esperimenti di E. Mayo, dove vi è una maggiore attenzione all’individuo, alle buone relazioni umane ed al clima che si respira nei contesti organizzativi. c) Fase della Gestione delle R. (anni ’60): si diffondono le idee di → Maslow e di McGregor (Isfol, 2001): l’uomo è una r. che può crescere se l’organizzazione glielo consente. Gli strumenti di gestione delle r.u. sono: Orientamento professionale e mobilità, Formazione sia tecnico-specialistica che direttivo-gestionale, Valutazione delle prestazioni lavorative e del potenziale umano, Gestione meritocratica delle retribuzioni e l’Ampliamento della delega. d) Fase dello Sviluppo delle r.u. (dal ’69 al ’75): la funzione r.u. diviene la variabile critica delle organizzazioni. Il paradigma della complessità sistemica entra a far parte della lettura delle organizzazioni e pertanto gli strumenti di gestione delle r.u. si concentrano sullo sviluppo delle potenzialità, prevedendo le seguenti modalità: 1) Ampliamento e arricchimento delle mansioni, 2) Analisi organizzativa, 3) Direzione per obiettivi, 4) Valutazione del potenziale insito in ogni persona, 5) Piani di sviluppo e percorsi di carriera, 6) Attenzione ai bisogni di crescita e sviluppo dell’individuo e delle organizzazioni. e) Fase dello Sviluppo Organizzativo (fine anni ’70 e inizi anni ’80): si diffondono le teorie della Scuola Socio-tecnica a seguito dei contributi di F. E. Emery e E. L. Trist (Isfol, 2001), con i concetti di sviluppo organizzativo. L’azienda è vista come un sistema aperto. Il conflitto intraorganizzativo viene inquadrato come una r. e, al contempo, una variabile da gestire. f) Fase della Direzione e Sviluppo delle r.u. (fine anni ’90 ad oggi): è la fase in cui la funzione r.u. svolge una attività di tipo strategico-sistemica volte a trovare compatibilità e coerenza tra scelte aziendali (politiche organizzative) e politiche del personale. Possiamo sicuramente affermare che la gestione delle r.u. è oggi giunta alla sua maturazione, tant’è che sempre più fa parte dei processi strategici di ogni organizzazione, nel senso che il Direttore del Personale partecipa sin dai primi momenti alle importanti e strategiche decisioni aziendali (Costa, 1997).
4. Sviluppi. La gestione delle r.u., le sue tecniche e metodologie, possono essere applicate a qualsiasi contesto organizzativo. Negli ultimi tempi, si assiste ad un interesse per questa disciplina anche da organizzazioni legate al terzo settore, quali le organizzazioni no profit (senza fini di lucro). Tra queste, J. M. La Porte (2003), include le organizzazioni professionali come le scuole, le università, gli ospedali, il sistema sanitario, le associazioni, le cooperative sociali. Si tratta in gran parte di società di servizi, che sono di solito volte alla creazione di benessere negli individui e nell’ambiente e la cui caratteristica intrinseca, strutturale, è quella di essere intangibili e difficilmente misurabili. Sono organizzazioni che dal punto di vista funzionale si reggono sulla motivazione e sulla reciproca fiducia dei membri che ne fanno parte. Questa dimensione aggregativa e gestionale sta oggi lasciando il posto, o meglio, sta avvenendo una transizione da un modello spontaneistico di gestione, verso la ricerca di uno schema più formalizzato che consenta di affrontare i problemi di coordinazione e conduzione derivanti da una crescita organizzativa di questi enti sempre più consistente. Certamente questa transizione verso l’adozione di modelli manageriali a forte razionalità per la gestione del proprio personale, pone alcuni problemi d’integrazione poiché l’innesto di sistemi formalizzati in culture organizzative caratterizzate da una certa indeterminatezza della base materiale e della tecnologia operativa non è semplice e diretto. Questa indefinitezza, lungi dall’essere una debolezza del sistema (si parla infatti di organizzazioni a legame debole), ne contraddistingue le sue peculiarità e specificità che consentono a questi sistemi una più rapida adesione al contesto di riferimento e una più rapida risposta ai cambiamenti. Tuttavia, l’introduzione di strumenti e tecniche derivanti dal corpus teorico delle r.u. è quindi motivata, da parte di questi organismi dal voler adottare sistemi di gestione più razionali e certi, nell’intento di ovviare ad alcune disfunzioni organizzative incluse ad es., quelle del reclutamento del personale, dell’organizzazione dei compiti e della formalizzazione del raggiungimento degli obiettivi organizzativi che, sovente, in queste strutture organizzative possono risentire del tempo e della incerta formalizzazione degli scopi operativi e dalla credenza che così si operi un rafforzamento surrettizio di questi legami deboli. Con il rischio, all’orizzonte, di un possibile rigetto di sistema conseguente ad un mancato adattamento critico di questi strumenti alle specificità del contesto di riferimento.
Bibliografia
Avallone F., Psicologia del lavoro. Storia, modelli, applicazioni, Roma, Carocci, 1994; Costa G., Economia e direzione delle r.u., Torino, UTET, 1997; Auteri E., Management delle r.u., Milano, Guerini e Associati, 1998; Grimaldi A. (Ed.), Area occupazionale-gestione delle r.u. - Repertorio delle professioni, Roma, ISFOL, 2001; La Porte J. M., Comunicazione interna e management del no-profit, Milano, Angeli, 2003.
E. Riccioli