INTERVENTO EDUCATIVO

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INTERVENTO EDUCATIVO

È l’«entrar dentro» una situazione formativa problematica, l’«operare mediando tra» i fattori in gioco dell’atto educativo, coinvolgendosi intenzionalmente e in modo competente, allo scopo di liberare il potenziale vitale umano del o dei partner educativi, sviluppando o ricuperando qualità di vita, promuovendo ruoli e sostenendo l’inserimento attivo, responsabile e solidale nella realtà esistenziale, favorendo condizioni di libertà e di felicità.

1. L’i.e. è risposta ad una domanda che proviene da ogni persona, specie da chi è in condizione e in età evolutiva, ma in genere da tutti coloro che sono variamente bisognosi di aiuto per divenire, crescere, maturare, migliorare, vivere e affrontare umanamente i problemi che sempre si affacciano sulla scena dell’esistenza individuale e comunitaria. Più particolarmente la domanda di i.e. viene dalle famiglie, dalle società, dai gruppi sociali, dallo Stato, dalle chiese, come specificazione della loro responsabilità educativa. Al limite si può dire che l’i.e. è richiesto da ogni problema umano sociale, politico, economico, culturale che contiene, come istanza «appellante», un momento trasversale di educazione.

2. La coscienza e il bisogno di i.e. sono certamente oggi molto sentiti in corrispondenza alle novità, complessità e difficoltà dell’esistenza contemporanea. Ma non è senza senso la questione se al bisogno e al dovere corrisponda la volontà, la competenza, l’azione effettiva. C’è chi arriva a chiedersi: «educare si deve, ma si può?». In effetti le difficoltà relazionali in genere e quelli della coppia genitoriale in particolare, la tenuta del menage familiare, il clima di insicurezza e di incertezza generalizzata, rendono non facile e caricano di angoscia il​​ ​​ rapporto educativo, sballottandolo spesso tra permissivismo e ossessività di presenza, tra paure e rigidità, tra concessioni e richieste di prestazioni eccessive, tra un lasciar fare schivante e un autoritarismo immotivato.

3. Per conto suo, l’i.e., in quanto azione umana, si realizza nei limiti di molte scelte e loro condizioni. In tal senso, il primo lavoro per operare pedagogicamente nel campo educativo è la lettura analitica dei termini effettivi della domanda, raccogliendovi i dati di necessità, risorsa, condizione. Questo aspetto dell’i.e. spazia attraverso l’indagine conoscitiva e valutativa dei sistemi di personalità (struttura e dinamica, situazione generale e evolutiva, storia personale), di socialità e cultura, di politica (condizioni di potere, di legislazione e legittimità, di progetto e sostegno o di impedimento e direttiva), di educazione (formale, non formale, informale) che si intendono mettere in atto. L’i.e. non può limitarsi ad assumere passivamente la​​ ​​ domanda educativa nella condizione primitiva spontanea, ma deve compiere un’azione previa e continua di educazione della stessa domanda, per aiutarla a formarsi interiormente, a formularsi ed esprimersi, liberandola dall’immaturità e dalla rozzezza, dall’emergenza simbolica o magari deviata, ma anche da filtri ingiusti connessi a stati di incoscienza, di rimozione, di confusione dei problemi, per procedere verso una domanda esplicita, matura, impegnata e magari progressiva.

4.​​ Determinazione dell’i.e.​​ La presenza nei processi di i.e. di variabili di varia natura spiega la compresenza di molte diverse pedagogie. Le precomprensioni sono di natura personale (temperamento e carattere, cultura e competenza), metapedagogica (assiomatica, filosofica, teologica, scientifica, tecnologica, sociopolitica), pedagogica (ideali, prospettive, metodologie, strategie) attuate operando i processi di intervento, di progettazione, di azione, di verifica. Tali precomprensioni si riverberano nell’i.e. in atto. Nella tradizione pedagogica si distingue un​​ i.e. diretto​​ da quello che opera sui contesti o tramite altre mediazioni (i.e. indiretto); un​​ i.e.​​ di tipo negativo,​​ che si limita ad impedire che qualcosa o qualcuno turbi il libero e spontaneo agire dell’educando) o all’opposto un​​ i.e. positivo​​ (che agisce rafforzando o stimolando l’educando con premi, castighi, ammonizioni, incoraggiamenti o altri tipi di rinforzo (​​ non direttività). Rispetto poi agli effetti che si intendono perseguire, si pensa ad​​ i. preventivi​​ o invece ad​​ i.e. di recupero​​ o addirittura​​ terapeutici, quando si ha da curare devianze, effetti perversi, mali che sono andati a pesare sulla vicenda formativa degli educandi (​​ prevenzione, recupero).

Bibliografia

Coombs A. H.,​​ The world educational crisis,​​ London, The Oxford University Press, 1968; Dalle Fratte G., «I riferimenti assiologici», in Id.​​ (Ed.),​​ Teoria e metodo in pedagogia,​​ Roma, Armando, 1986, 121-125; Brezinka W.,​​ L’educazione in una società disorientata,​​ Ibid., 1989; Gianola P.,​​ Una pedagogia tra sfide e controsfide,​​ in «Orientamenti Pedagogici» 41 (1994) 173-187; Angelini G.,​​ Educare si deve,​​ ma si può?, Milano, Vita e Pensiero, 2002; Baldacci M.,​​ Personalizzazione o individualizzazione?, Trento, Erickson, 2006.

P. Gianola