INSUCCESSO SCOLASTICO

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INSUCCESSO SCOLASTICO

Si tratta di un concetto​​ relativo​​ in quanto il modo di accostare il problema cambia tra i Paesi in relazione alla tradizione educativa, alle caratteristiche dei programmi, ai tipi di valutazione adottati e alla focalizzazione prevalente, se sull’educando o sull’istituzione scolastica. Comunque, esistono alcuni​​ ​​ indicatori​​ abbastanza comuni dell’i. come i tassi di abbandono, le percentuali di ripetenza e i flussi di passaggio da un livello scolastico all’altro. In ogni caso in questa sede ci si limiterà a trattare degli aspetti quantitativi e dei fattori del fenomeno, mentre per le strategie di intervento si rinvia alla voce​​ ​​ decondizionamento.

1.​​ Dati di base.​​ Le organizzazioni internazionali hanno denunciato a più riprese la​​ gravità​​ della situazione in​​ Europa; riporto solo due dati che hanno il vantaggio dell’oggettività riconosciuta e del riferimento a tutti i Paesi dell’UE (Commission of the European Communities, 2006). Uno dei​​ benchmarks​​ (macroindicatori) del programma di Lisbona riguarda l’abbandono scolastico e formativo: nel 2000 la media europea si collocava al 17,7% e, sebbene nel 2005 si noti un miglioramento perché la percentuale si abbassa al 14,9%, tuttavia il dato è ritenuto troppo elevato e soprattutto mal distribuito tra i diversi Stati e si teme che nel 2010 non possa essere raggiunto l’obiettivo del 10%; per il periodo 2000-05 l’Italia​​ può vantare una considerevole riduzione, dal 25,3% al 21,9%, anche se rimane molto lontana dalla media europea. L’altro macro-obiettivo consiste del numero degli alunni minori di 15 anni con bassa abilità di lettura-scrittura: l’UE faceva registrare nel 2000 una percentuale del 19,4% e nel triennio a cui si riferiscono le misurazioni disponibili (2000-03) non solo non si è verificato un miglioramento, ma anzi si osserva un peggioramento, anche se leggero, in quanto il dato dell’UE è salito al 19,8%; a sua volta l’Italia presenta un aumento ancora superiore dal 18,9% al 23,9%. Per il nostro Paese aggiungo solo due dati: uno che sottolinea il peso del capitale culturale sull’i.s. – dei diplomati che possono vantare un padre laureato, i tre quarti circa (73,4%) sono iscritti all’università, mentre la percentuale scende a poco più del 40% (42,6%) per i figli dei diplomati, a intorno a un quarto (26,9%) per i ragazzi con padre in possesso di licenza media e a neppure un quinto (17,7%) per i giovani il cui genitore può contare unicamente su una licenza elementare; l’altro che evidenzia come la struttura prevalentemente generalista dell’educazione, determinata da un continuo processo di licealizzazione dell’educazione tecnica e professionale, non ha condotto al successo e ha lasciato il 33% dei giovani in età fuori del percorso formativo (Sugamiele, 2006).

2.​​ I fattori dell’i.​​ Un gruppo di interpretazioni fa riferimento ai condizionamenti​​ genetici.​​ L’i. dipenderebbe da carenze intrinseche all’individuo riguardanti specificamente l’​​ ​​ intelligenza iscritta nell’eredità genetica, carenze che possono essere scoperte attraverso​​ ​​ test ed essere misurate dal quoziente intellettuale. Tale spiegazione è stata criticata principalmente per due motivi: anzitutto, essa finisce per ridurre l’intelligenza a semplice punteggio; in secondo luogo, se è vero che ogni persona possiede uno specifico patrimonio genetico, è altrettanto vero che ciascuna matura una propria identità sulla base dell’esperienza, dell’​​ ​​ apprendimento e dell’ambiente. Altre teorie si richiamano allo sviluppo​​ psico-affettivo​​ dell’individuo. La costruzione della personalità andrebbe di pari passo con il suo iter scolastico che presenterebbe i seguenti passaggi critici: l’educazione prescolastica, la primaria, la secondaria e l’educazione superiore. Ciascuna transizione richiede l’adattamento a nuove situazioni; gli alunni non rispondono tutti egualmente agli stimoli esterni e alcuni incontrano problemi che incidono sul loro comportamento scolastico. Queste difficoltà possono consistere nel rifiuto totale della scuola che secondo alcuni autori sarebbe da attribuirsi a una reazione contro la madre e alla difficoltà di accettare l’autorità paterna; è frequente anche riscontrare un atteggiamento di passività e di rassegnazione. Alcuni studiosi hanno messo in evidenza il legame tra l’i.s. e particolari situazioni psico-affettive come la separazione dalla famiglia, il fenomeno della rivalità con i fratelli, i problemi fisici ed emotivi connessi con la pubertà. Una serie di interpretazioni fa riferimento alla diversa importanza che l’alunno attribuisce al successo scolastico: tale relazione è certamente segnata dall’appartenenza di classe, ma non va ridotta ad essa, perché le persone non possono essere concepite come la pura incarnazione del proprio ceto. Le spiegazioni che si ispirano all’​​ ​​ interazionismo concentrano l’attenzione sul funzionamento della singola scuola. È centrale la costruzione personale e soggettiva degli eventi da parte degli insegnanti e degli alunni. L’interazione delle varie parti coinvolte nella formazione è alla base dei processi sociali e relazionali che condizionano l’i. dell’allievo. In particolare tale approccio ha chiamato in causa le attese degli insegnanti, le reti di comunicazione che si instaurano nelle classi, i metodi di valutazione e le condizioni di apprendimento. Sul piano​​ sociologico​​ si è assistito al passaggio dall’interpretazione trionfalista e ingenua della teoria della deprivazione culturale (l’i. sarebbe da attribuirsi a tratti culturali negativi della famiglia), al pessimismo radicale della teoria della riproduzione (che riconosce alla scuola unicamente il ruolo di perpetuare l’ordine sociale), per giungere con la riproduzione contraddittoria e le concezioni del neo-weberianesimo a un recupero della funzione positiva della scuola che si accompagna contemporaneamente alla denuncia del suo contributo al mantenimento delle disparità esistenti nel sistema sociale. I capisaldi di una nuova impostazione vanno cercati nell’autonomia relativa della scuola, nella sua funzione «controfunzionale» rispetto agli eccessi del capitalismo (perché trasmette «meta-capacità» cioè abilità generali di dominare il ritmo accelerato del cambio tecnologico e perché è ispirata ai valori di libertà, di eguaglianza e di partecipazione propri dello Stato democratico) e nella sua capacità di fornire ai ceti emergenti uno strumento di lotta per legittimare, tramite i titoli conseguiti, la loro emancipazione. Più recentemente è stato osservato che i processi di emarginazione dei giovani vanno attribuiti tra l’altro al fatto che la scuola, come la modernità, considera solo gli individui e le entità collettive, ma non ne vede le relazioni sociali che li costituiscono (Donati, 2006).

Bibliografia

Eurydice,​​ Measures to combat failure at school: a challenge for the construction of Europe,​​ Luxembourg, Office for Official Publications of the European Communities, 1994; Besozzi E.,​​ Società,​​ cultura,​​ educazione: teorie,​​ contesti e processi, Roma, Carocci, 2006; Commission of the European Communities,​​ Progress towards the Lisbon Objectives in education and training.​​ Report 2006, Brussels, 2006;​​ Asensio J. Mª.,​​ Cómo prevenir el fracaso escolar, Barcelona, CEAC,​​ 2006; Donati P., «Come combattere disagio giovanile e dispersione scolastica», in S. Versari (Ed.),​​ Cercasi un senso disperatamente, Napoli, Tecnodid, 2006, 57-78; Schizzerotto A. - C. Barone,​​ Sociologia dell’istruzione, Bologna, Il Mulino, 2006; Sugamiele D.,​​ Dati utili per l’attuazione del sistema educativo di istruzione e formazione, in «Presenza Confap» 21 (2006) 1-2, 7-52.

G. Malizia