ESPERIENZA RELIGIOSA

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ESPERIENZA RELIGIOSA

Nell’orizzonte educativo attuale l’e. assume una singolare rilevanza; viene esplorata da scienze diverse e in dimensione differenziata. L’e.r. a sua volta è attraversata da analisi molteplici, per lo più articolate e complementari. Perfino la ricerca storico-fenomenologica confluisce nell’e. fondamentale dell’uomo religioso, studiato a perno di manifestazioni svariate, che vi riscontrano il vero fulcro interpretativo (Couliano-Eliade, 1992).

1.​​ L’e.r. nella ricerca recente.​​ Anche lo studioso della tradizione biblica si riporta all’e. di fede di un popolo per capirne la singolarità e la missione. La storia intera di Israele è leggibile solo sulla base della sua e. di fede: «Israele attinge ad uno strato profondo dell’e. storica, che al metodo storico-critico è inaccessibile. Poiché si tratta di cose riguardanti la sua fede, solo Israele è qui competente a parlare» (von Rad, 1974, 1, 134). La rivelazione stessa è dunque attinta all’e. interiore, un’e. che fa storia e fa tutt’uno con la storia. Bultmann ha richiamato in maniera lucida il passaggio obbligato all’e. anche là dove si vuole ricuperare la serietà e l’oggettività della vicenda storica: «Il rapporto dell’uomo verso la storia è diverso da quello verso la natura [...] se si volge alla storia deve confessare a se stesso che egli è una parte della storia e che quindi dice riferimento ad un ambito coerente di rapporti, in cui egli stesso con il suo essere è intrecciato» (Bultmann, 1972, 99). È chiaro che con richiami del genere si concentra l’obiettivo della ricerca sull’e.r. di un popolo o del singolo credente. La ricerca attuale, anche nella sua elaborazione più esigente – filosofica –, si è concentrata sull’e. concreta: ne ha sondato lo spessore, ne ha perseguite le ramificazioni. La ricerca religiosa stessa si è sempre più consapevolmente orientata all’e.: ha inteso sondarne il mistero che la caratterizza, il richiamo alla trascendenza che l’attraversa (Scheler, 1972). Perciò ha anche progressivamente dilatato l’orizzonte di esplorazione portandosi man mano dal dato confessionale al presagio religioso (Marcel, 1976).

2.​​ Aspetti qualificanti dell’e.r.​​ L’e. è termine abusato. La riflessione fenomenologica ed esistenziale l’ha attraversato in tutte le direzioni. Ha tenuto fermi due poli opposti e complementari: l’e. comporta un rapporto obbligato con l’oggetto; anzi, nell’istanza più rigorosa husserliana, ha preteso di lasciar affiorare intatta l’essenziale verità delle cose. Tuttavia una verità si dispiega – si svela – sempre ad una coscienza, e perciò chiama in causa la responsabilità del soggetto. Sotto il profilo educativo si potrebbe dire che un’e. si dà ogni qualvolta c’è partecipazione vissuta e significativa ad una qualunque provocazione. Se ne possono evidenziare gli aspetti qualificanti: anzitutto si tratta di trasferirsi dal vissuto alla consapevolezza del vissuto (dimensione cognitiva); e per lo più sollecitare una presa di coscienza in grado di prender le di stanze dal vissuto, per misurarlo sulla base di criteri autentici di valutazione (dimensione critica); soprattutto perché l’e. indica un necessario riferimento a dati oggettivi con cui è costitutivamente in rapporto, pure da analizzare ed accogliere nella loro intrinseca verità (dimensione veritativa); per quanto sia importante avvertire che il dato oggettivo è sempre assunto dal soggetto, secondo una propria irrinunciabile prospettiva: un punto di vista parziale e interpretativo (dimensione ermeneutica).

3.​​ E.r. e socializzazione.​​ Alcuni studiosi hanno esplorato le condizioni che favoriscono il nascere di una certa concezione di vita («cosmo sacro») e le leggi di socializzazione che sollecitano il singolo individuo e gli consentono di interiorizzarla (Luckmann, 1969). Assecondando la traccia di​​ ​​ Weber hanno esplorato il ramificarsi e il differenziarsi nelle società più avanzate delle competenze e dei ruoli religiosi; dello strutturarsi di processi educativi capaci di suscitare e alimentare l’e.r. Non meno interessante​​ la ricerca psicologica​​ attorno all’e.r. La provocazione di​​ ​​ Freud e di​​ ​​ Jung in ambito specificamente religioso sono alla base di un approfondimento e di una verifica che tende soprattutto a differenziare il desiderio, l’aspirazione o – come Freud preferiva – l’illusione dalla componente interiore e dal suo approdo al reale. Studiosi di psicologia religiosa quali​​ ​​ Allport, Godin, Vergote e tutta una scuola cosiddetta umanistica hanno aperto un versante di ricerca di grande interesse, ne hanno intravisto le risorse umanizzanti o addirittura terapeutiche (Frankl, 1972).

4.​​ E.r. e atto di fede.​​ Più recentemente studi notevoli si concentrano sull’atto di fede, inteso come specifica e. interiore, di per sé non obbligatoriamente religioso (Fowler, 1981) e tuttavia decisivo per interpretarne la logica dell’evoluzione e della maturazione umana e religiosa (Oser, 1988). La risonanza e il significato del rapporto religioso impegnano una parte rilevante della​​ ricerca fenomenologico-esistenziale​​ recente. Contributi significativi vengono soprattutto da G. Marcel, secondo il quale l’e. denuncia un margine insanabile di precarietà e appella alla trascendenza: ripiega nell’insignificanza, se non è «sostenuta dall’armatura del sacro» (Marcel, 1963); l’aspetto più specificamente interpersonale nell’atto religioso è analizzato soprattutto da​​ ​​ Buber (Buber, 1993). Il tema del​​ ​​ linguaggio costituisce un terreno di analisi singolarmente stimolante, sia per articolare in termini consapevoli l’e.r. (Ricoeur, 1969) che per identificare la specificità dell’atto di fede (Ladrière, 1984).

5.​​ E.r. e vita ecclesiale.​​ Per la ricaduta in​​ ambito ecclesiale,​​ la teologia riscopre nel riferimento alla figura di Cristo e alla più lontana tradizione biblica l’esigenza di far leva sull’e. storica ed esistenziale; di esplorarla in profondità proprio sulla base degli apporti che la rivelazione e la tradizione possono offrire. Dal punto di vista specificamente educativo il principio dell’incarnazione è assunto autorevolmente come riferimento qualificante ed esemplare della​​ ​​ evangelizzazione e della​​ ​​ catechesi. Un Sinodo della Chiesa universale specificamente sulla catechesi (1977) riscopre nel principio dell’incarnazione il fondamento capace di comporre esigenze apparentemente inconciliabili o comunque fortemente divaricate, quali la fedeltà a Dio e la fedeltà all’uomo, nell’elaborazione delle strategie educative della comunità credente.

Bibliografia

Marcel G.,​​ Le mystère de l’être,​​ Paris, Aubier,​​ 1963; Luckmann T.,​​ La religione invisibile,​​ Bologna, Il Mulino, 1969;​​ Ricoeur P.,​​ Le conflit des interprétations. Essais d’herméneutique,​​ Paris, Seuil,​​ 1969; Scheler M.,​​ L’eterno nell’uomo,​​ Milano, Jaca Book, 1972; Bultmann R.,​​ Gesù,​​ Brescia, Queriniana, 1972; Rad G. von,​​ La teologia dell’Antico Testamento,​​ 2​​ voll., Brescia, Paideia, 1974; Marcel G.,​​ Giornale metafisico,​​ Roma, Abete, 1976;​​ Lévinas E.,​​ Totalité et infini,​​ La Haye, Nijhoff, 1980; Fowler J. W.,​​ Stage of faith: the psychology of human development and the quest for meaning,​​ San Francisco, Harper-Row, 1981;​​ Ladrière J.,​​ L’articulation du sens,​​ Paris, Cerf,​​ 1984; Couliano I. P. - M. Eliade (Edd.),​​ Religioni,​​ Milano, Jaca Book, 1992; Buber M.,​​ Il principio dialogico ed altri saggi,​​ Cinisello Balsamo (MI), San Paolo, 1993; Trenti Z. et al.,​​ Religio.​​ Enciclopedia tematica dell’educazione religiosa, Casale Monferrato, Piemme, 1998; Trenti Z.,​​ Opzione religiosa e dignità umana, Roma, Armando, 2003; Trenti Z. - R. Romio,​​ Pedagogia dell’apprendimento nell’orizzonte ermeneutico, Leumann (TO), Elle Di Ci, 2006.

Z. Trenti