ESPERIENZA fattore educativo

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ESPERIENZA: fattore educativo

Termine dai molti significati, che sembrano congiungersi nell’idea di una conoscenza molto vicina al vissuto e all’esistenza umana nel mondo, con gli altri, nella storia e nell’apertura al possibile, all’ulteriore, al di più, al trascendente. Dal punto di vista contenutistico può essere intesa come il complesso delle informazioni ed acquisizioni conseguite da un individuo o da un gruppo storico attraverso il tempo (e perciò sinonimo di​​ ​​ cultura individuale e / o collettiva).

1. L’analisi concettuale mette in risalto la molteplicità degli ambiti (e. interna, esterna), dei modi (e. soggettiva, interpersonale, di gruppo, comunitaria, collettiva, storica), dei livelli (e. sensibile, intellettuale, emotiva, sentimentale, estetica, etica, religiosa, mistica), dei momenti (e. precedente, concomitante, susseguente), delle forme (e. diretta, indiretta, riflessa). Nel solco della tradizione e del senso comune (che fa sinonimo di e. l’«aver visto», il «toccato con mano», l’«esserci passato»), la filosofia, fin dall’antichità, ha accentuato la componente sensibile, intuitiva, diretta, emozionale dell’e.; ma ne ha messo pure in luce la problematicità, una certa opacità ed ambiguità conoscitiva (fino ad una facile esposizione all’ingannevolezza, che scambia l’apparenza per realtà). Specie con​​ ​​ Aristotele, se ne sottolinea la situazionalità e particolarità conoscitiva, ma pure la fondamentalità e la basilarità per ogni ulteriore conoscenza, che dalla percezione sensibile giunge all’intellezione concettuale e al ragionamento teorico e pratico. In età moderna si arriva a contrapporre e. a ragione (empirismo contro razionalismo), ma se ne fa pure il punto di partenza obbligato della ricerca scientifica. Per parte sua la scienza moderna dilata il concetto di e., facendovi confluire componenti sensoriali e psicologiche, ma anche logiche, quantitative, tecniche, che però sottopone al controllo dell’​​ ​​ osservazione metodica e sistematica e all’intervento attivo dell’esperimento «artificiale». Peraltro il pensiero contemporaneo di varia matrice (fenomenologia, esistenzialismo, spiritualismo, radicalismo), come le molteplici avanguardie artistiche e letterarie, accusano l’astrattezza e il tecnicismo scientifico e filosofico, e stimolano a ritornare all’immediatezza non codificata dell’e., «lasciando la parola alle cose» (Husserl) ed immergendosi intuitivamente nella realtà esperienziale più profonda. Per parte sua, il freudismo evidenzia la componente inconscia dell’e.; lo spiritualismo bergsoniano la dimensione sovraconscia e la fenomenologia scheleriana la dimensione intenzional-eidetica (vale a dire l’essere rivolta a cogliere l’essenza profonda di quanto viene a coscienza). È ancora rilevante la distinzione / opposizione tra e. esterna-osservativa ed e. interna-riflessiva e simpatetica, che porta a contrapporre scienze naturali e scienze dello spirito. Di questo dibattito si ha il riflesso, tuttora irrisolto, nell’attuale comprensione delle scienze umane e sociali e nella ricerca storica contemporanea, oscillanti tra idiografia e nomotetica, tra metodi quantitativi e metodi qualitativi, tra prospettive positivistiche e prospettive ermeneutiche. Nel clima della complessità e globalizzazione contemporanea si evidenzia per un verso la universalizzazione e per altro verso la frammentazione dell’e.

2. Dewey considera l’e. come fonte precipua e termine di confronto di una scienza dell’educazione Insieme con lui, l’intero movimento delle​​ ​​ Scuole Nuove fa dell’e. il punto di partenza dell’educazione; e del «fare e.» il metodo per eccellenza dell’apprendimento. La ristrutturazione migliorata dell’e. è per J. Dewey il fine stesso dell’educazione. In questa linea, la pedagogia contemporanea e i programmi scolastici vedono nell’e., di cui il soggetto è portatore, un contenuto essenziale da correlare con il patrimonio sociale di cultura, e propongono l’e. come un mezzo educativo necessario in ogni tipo di educazione (familiare, scolastica, catechetica, professionale). Tuttavia – come lo stesso Dewey aveva già avvertito in​​ E. e educazione​​ (1938) – per la buona qualità educativa dell’e., occorre che si tengano in conto le costanti della «continuità» e dell’«interazione». Metodologicamente si dovrà pertanto tener conto delle reali situazioni delle persone, delle loro storie personali, dei loro cammini, delle loro scelte, delle loro aspirazioni. E al fine di dilatare ed arricchire l’e. soggettiva, sarà da introdurre saggiamente e sistematicamente alle risorse culturali offerte dall’ambiente. Allo stesso tempo sarà da stimolare il soggetto educando a maturare l’e. personale, esigendo collaborazione e partecipazione e usando strumenti adeguati al momento vitale e ai processi di crescita personali; non trasmettendo concetti universali e astratti, ma impegnando la globalità personale nella sua sensibilità, motricità, passionalità, intelligenza, volontà, operatività in atti validi, in pratiche significative, in esercizi attivi e supervisionati: con l’obiettivo di superare un fare e. slegato e frammentato, e di aiutare gradualmente a vivere da soggetti, consapevolmente, responsabilmente, solidarmente, nella realtà e nella storia del proprio tempo e della propria comunità di appartenenza o di acquisto in una prospettiva umana globale.

Bibliografia

Dewey J.,​​ E. e educazione,​​ Firenze, La Nuova Italia, 1967; Freire P.,​​ L’educazione come pratica della libertà,​​ Milano, Mondadori, 1973; Galimberti U.,​​ Psichiatria e fenomenologia,​​ Milano, Feltrinelli, 1979; Gevaert J.,​​ La dimensione esperienziale della catechesi,​​ Leumann (TO), Elle Di Ci, 1984; Bertolini P.,​​ L’esistere pedagogico,​​ Scandicci (FI), La Nuova Italia, 1988; Morin E.,​​ I sette saperi necessari all’educazione del futuro, Milano, Cortina, 2001.

C. Nanni