EDUCAZIONE MORALE
Ogni vera intenzione educativa ha come obiettivo ultimo, almeno implicito, la promozione dell’uomo in quanto → uomo, cioè la sua crescita; il fatto educativo e quello morale sono quindi inscindibilmente connessi (→ educazione). Ogni influsso educativo ha una sua valenza etica: esercita una certa influenza, fosse pure impercettibile, sulla → personalità morale dell’educando. Ogni forma di e., anche solo settoriale, produce sempre → formazione (o magari deformazione) morale.
1. Le → scienze dell’e. hanno dedicato in questi ultimi decenni un’attenzione sempre più rilevante, a questa dimensione etica del fatto educativo così che il termine e.m. non indica più soltanto una realtà di fatto da sempre presente al centro dell’attenzione degli educatori veri, ma anche un campo di ricerca e di sapere in via di rapida espansione ed approfondimento, che si articola sia su un piano teoretico, come studio prevalentemente psicologico dello → sviluppo morale, sia su un piano normativo, come guida metodologica alla prassi pedagogica. Il discorso sullo sviluppo morale che precede e condiziona il discorso più propriamente pedagogico sconfina facilmente nel campo specifico della filosofia morale: esso rimanda sempre a una qualche → antropologia e non può evitare di prendere posizione sul senso e sulla natura profonda dell’impegno etico.
2. Riserve particolari può suscitare a questo proposito il carattere decisamente unilaterale della concezione della personalità e del vissuto morale soggiacente ad alcune di queste teorie: esse riconducono molto spesso tutto il complesso dinamismo dell’esperienza morale a una sola istanza psichica, sia essa la pulsionalità (come → Freud), il condizionamento riflesso (come il behaviorismo) o le strutture cognitive (come → Kohlberg). Alcune di queste unilateralità comportano tra l’altro una qualche forma di determinismo etico: il determinismo delle pulsioni, quello della ragione oppure quello del puro e semplice condizionamento sociale. Non pochi studiosi, più attenti alla complessità del vissuto psicologico umano, stanno elaborando visioni dello sviluppo morale che superano queste unilateralità e i corrispettivi determinismi, attraverso forme diverse di sincretismo (ma sarebbe meglio dire di «olismo psichico») che ricuperano gli aspetti positivi delle diverse teorie, e li integrano in una visione più completa del vissuto etico.
3. Nel loro insieme, queste teorie possono comunque fornire un utile punto di riferimento per una migliore comprensione dei rapporti tra il fatto educativo e quello morale, mettendo in risalto il carattere essenzialmente autoeducativo dell’impegno morale. La loro decisa focalizzazione del discorso etico sul soggetto del fatto morale costituisce uno stimolo a superare la «morale della terza persona» dominante nell’era moderna, esclusivamente tesa alla determinazione inequivoca di ciò che è moralmente «corretto» (e perciò alla fondazione e alla elaborazione delle norme), in favore di una «morale della prima persona», orientata alla crescita progressiva del soggetto morale. Nella prospettiva della «prima persona», l’atto morale non è più valutato soltanto in base alla sua efficienza nel produrre risultati, ma anche e più in quanto atto di un soggetto concreto, che ne rimane più o meno profondamente segnato, diventando, attraverso di esso, più o meno maturo, più o meno realizzato in quanto → persona.
4. Una conseguenza rilevante di questa nuova prospettiva sarà il ruolo che viene ad assumere nell’e. il «principio di gradualità». Le diverse teorie dello sviluppo sono abbastanza concordi nell’indicare gli assi principali dello sviluppo morale in alcune polarità, fondamentalmente riconducibili alle seguenti: «eteronomia-autonomia», «prerazionalità-razionalità» ed «egocentrismo-autotrascendimento». Naturalmente una simile scelta orienta, sul piano della → metodologia pedagogica, alla svalutazione di alcune forme tradizionali di e., troppo esclusivamente fondate sull’indottrinamento e sulla repressione. I dinamismi educativi privilegiati saranno invece riassumibili nell’amore accogliente (e quindi non condizionante e non possessivo), nella testimonianza della vita (accompagnata peraltro da una qualche forma di insegnamento morale che, senza scadere a indottrinamento abbia il coraggio umile di chiamare per nome i valori in cui crede), in un ambiente educativo fatto di ordine, affidabilità e serenità (che garantisca all’educando sicurezza interiore e dominio di sé), nella presenza di modelli credibili di identificazione e nell’iniziazione al senso di responsabilità attraverso l’impegno in compiti di percepibile utilità sociale e come tali socialmente riconosciuti.
Bibliografia
Erikson E. H., Introspezione e responsabilità, Roma, Armando, 1968; Bull N., Moral education, London, Routledge & Kegan, 1969; Galli N., E.m. e crescita dell’uomo, Brescia, La Scuola, 1979; Kohlberg L., Essays on moral development, 3 voll., S. Francisco, Harper & Row, 1981; Arto A., Crescita e maturazione morale, Roma, LAS, 1984; Gatti G., E.m., etica cristiana, Leumann (TO), Elle Di Ci, 1994; Lapseley D. - P. Power (Edd.), Character psychology and character education, Notre Dame, Ind., University of Notre Dame Press, 2005.
G. Gatti