TESTIMONIANZA

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TESTIMONIANZA

È l’atto (parola, discorso, attestazione, comportamento pratico) con cui una persona (testimone, lat.​​ testis,​​ gr.​​ martys) propone ad un’altra persona di accettare come vera e credibile un’affermazione di per sé priva di evidenza intrinseca e non suscettibile di verifica sperimentale.

1. L’elemento specifico della t. consiste nella presentazione di una idea / valore, accreditata unicamente sulla base di un rapporto fiduciale tra persone. In tale rapporto, la persona del testimone – con la sua veracità e coerenza di vita, e quindi con la sua autorità morale – si pone come garanzia prossima di​​ ​​ verità. Garanzia prossima, non ultima, in quanto ogni persona è per natura fallibile e ogni t. personale è inevitabilmente connotata di soggettività. Ne consegue che la comunicazione del testimone, se può riuscire moralmente plausibile e convincente, non assume – né pretende di assumere – i caratteri della prova oggettivamente evidente e vincolante. Tuttavia, se dal punto di vista puramente intellettuale la verità testimoniata risulta più fragile rispetto alla verità argomentativamente dimostrata, dal punto di vista etico e culturale la prima sorpassa la seconda proprio per il più profondo coinvolgimento del potenziale personale cui fa appello. Mentre infatti l’argomentazione impegna solo le facoltà intellettive e critiche, la t. fa appello anche e anzitutto alla fiducia tra persone, alla capacità di discernimento etico, all’apertura verso i valori, in definitiva alla comunione interpersonale e alla decisione esistenziale. La nozione di t. è di primaria importanza in pedagogia, in quanto l’educazione è sempre intervento​​ attestativo​​ piuttosto che soltanto​​ enunciativo.

2. Nell’ambito della tipologia dei processi conoscitivi, si designa la conoscenza per t. come una delle modalità tipiche della trasmissione culturale, accanto alla conoscenza per​​ ​​ insegnamento, alla conoscenza per​​ ​​ esperienza, alla conoscenza per​​ ​​ iniziazione. In particolare, il linguaggio performativo della t. qualifica il processo educativo, sia perché questo non può che basarsi sulla reciproca fiducia tra educando ed educatore, sia perché l’intenzionalità educativa è già di per sé carica di​​ ​​ valori, di cui l’educatore si rende immancabilmente testimone e a volte, forse inconsciamente, controtestimone, prima ancora di esserne il docente. La t. si rivela presupposto educativo indispensabile nella​​ ​​ educazione morale, per l’intrinseca necessità di garantire nel​​ ​​ processo educativo – specie in età evolutiva – una congrua continuità / coerenza tra insegnamento dei valori etici (piano del discorso oggettivo sui valori), professione personale di tali valori (piano della adesione soggettiva) e​​ ​​ esemplarità comportamentale (piano della visibilità sociale). Tuttavia l’enfasi odierna sulla visibilità sociale, cui non sono esenti chiese e movimenti religiosi, appare spesso il sintomo di una impertinente rivendicazione identitaria, che confligge con gli ideali di convivenza democratica proposti dalle società multireligiose.

3. Nell’ambito specifico della​​ ​​ educazione religiosa, la t. non è da intendersi come una tattica pedagogica o un coadiuvante morale (il cosiddetto «buon esempio» edificante, che l’educatore si crede moralisticamente obbligato a dare attorno a sé), ma è anzitutto dimensione simbolica costitutiva della comunicazione religiosa, in quanto è nella natura della fede di diffondersi per t. Un credente o una comunità di credenti educa la fede in quanto, nel trasmettere una «memoria», traduce e manifesta il significato salvifico e liberante di quella memoria nell’oggi.

Bibliografia

Pajer F.,​​ La catechesi come t., Leumann (TO), Elle Di Ci, 1969; Ciardella P. - M. Gronchi M. (Edd.),​​ T. e verità, Roma, Città Nuova, 2000; Seminario Arciv. di Milano,​​ Testimoni di Gesù Risorto,​​ speranza del mondo, speciale de «La Scuola Cattolica» 134 (2006) 189-389.

F. Pajer