SVILUPPO MORALE

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SVILUPPO MORALE

Con il termine morale, dal lat.​​ mos,​​ moris​​ (costume), si intende comunemente ciò che «concerne le forme e i modi della vita pubblica e privata, in relazione alla categoria del bene e del male» (Zingarelli, 1995). Di conseguenza, definiamo lo s.m. come il processo di progressiva acquisizione, padronanza e adesione a tali forme e modi di comportamento volto al bene (o al male) della persona (privato) e della persona nella sua relazione interpersonale (pubblico). Il problema dello s.m. viene affrontato da diversi settori di studio e solo entro un’ottica interdisciplinare può essere colto in tutta la sua portata. La prospettiva della psicologia evolutiva (prospettiva in cui ci poniamo) sarà, pertanto, necessariamente limitata rispetto alla vastità dell’argomento.

1.​​ Studio psicologico del problema morale.​​ Lo s.m. è qualitativamente diverso dagli aspetti dello s. generale dell’io o, almeno, individua delle sfaccettature che permettono od esigono che venga studiato separatamente. In una visione rispettosa dei bisogni, delle esigenze e delle potenzialità dell’uomo non si potrà prescindere dal considerare la componente m. Tale componente umana è la parte del sistema di​​ ​​ valori, personali e culturali, relazionata con i fini delle attività e degli impegni dell’uomo, con l’adeguamento o meno del comportamento a tali fini, e con la responsabilità inerente a quest’ultimo. Evidentemente, il comportamento m. ha modalità diverse di attuazione a seconda del momento evolutivo che la persona attraversa e si colora di varie tonalità a seconda del tempo e della situazione concreta in cui questa vive.

2.​​ Diversità di approcci nello studio dello s.m.​​ Lo studio psicologico dello s. fa riferimento fondamentalmente a due grandi modelli: meccanicistico e organicistico. Il modello meccanicistico descrive lo s. come una crescita di tipo quantitativo; l’uomo è visto come un essere reattivo che trova la fonte dei suoi valori nella struttura sociale. Il modello organicistico concepisce lo s. in termini di cambiamenti qualitativi e strutturali che si concretizzano nel progressivo passaggio da una fase o stadio al successivo; l’uomo appare come un organismo attivo che partecipa e costruisce il proprio processo di crescita. Questi due modelli hanno alla base una diversa concezione antropologica. Ma la diversa concezione antropologica cui fanno riferimento le varie correnti psicologiche implica anche una diversa impostazione e interpretazione dello s.m.​​ a) Approccio psicanalitico allo s.m.​​ L’antropologia alla base di molti contributi psicoanalitici è quella che diciamo del «peccato originale». Tale concezione parte dal presupposto che nella natura vi sia qualcosa di perverso; di conseguenza, il processo di​​ ​​ socializzazione è visto come una continua lotta tra l’individuo e la società in cui il primo è destinato è soccombere. La morale si presenta con una duplice veste: esterna e sociologica. Il bambino si sente forzato dall’esterno (morale esterna) ad avere un comportamento che gli consente di difendersi dai propri conflitti e dall’ansia provocata dalla repressione insinuata dalla proibizione genitoriale o sociale (morale sociologica). La maturità morale riflette la completa armonia degli istinti e del controllo razionale. La moralità dell’individuo che ha raggiunto la maturità è caratterizzata dalla rinuncia al principio del piacere per lasciare al principio della realtà la gestione del comportamento. L’Io organizza e gestisce Es e Super-Io.​​ b) Apprendimento sociale e s.m.​​ Le teorie S-R e varie correnti della teoria dell’apprendimento sociale applicata alla socializzazione hanno alla base una concezione antropologica che diciamo della​​ «tabula rasa»:​​ il bambino non è né corrotto né puro, bensì completamente malleabile e plasmabile senza limiti; la socializzazione, quindi, consiste in un processo di​​ ​​ condizionamento di un organismo fondamentalmente passivo. La moralità è descritta in termini di specifiche azioni e come realizzazione di ciò che è stato appreso attraverso i premi o le punizioni. Visto in questa prospettiva, lo s.m. altro non è che una trasmissione e interiorizzazione di valori altrui e, di conseguenza, l’uomo morale non è altro che un insieme di risposte condizionate e di abitudini apprese. Un aspetto fondamentale quale quello dell’autonomia e dell’indipendenza di giudizio viene totalmente escluso da questa visione. Nella più ricca visione di Bandura, lo s. (anche quello morale) è visto come un processo di apprendimento basato sull’acquisizione di nuove risposte, e sulla modificazione continua di quelle già esistenti, grazie all’osservazione di molteplici modelli, specie i genitori. In tale visione, la variabile fondamentale è rappresentata dall’affettività, cioè dall’interazione educativo-affettiva tra i genitori ed il bambino.​​ c) Approccio cognitivo-evolutivo allo s.m.​​ L’approccio cognitivo-evolutivo si rifà ad una concezione antropologica, che diciamo della​​ «purezza innata»,​​ secondo cui la natura umana è intrinsecamente buona ed è la società, e specialmente la società degli adulti, ad esercitare un influsso negativo sull’individuo. La socializzazione viene vista come un processo di s. in cui le intrinseche tendenze di crescita del bambino giungono ad una condotta sempre più adattata e autorealizzante. Lo s. (anche quello morale), processo fondamentalmente positivo, è visto come un emergere continuo di sempre più alte, efficaci e complete capacità di rispondere alla realtà esterna o, più precisamente, come una serie di tappe o stadi in ordine progressivo organicamente integrati tra loro e costituenti veri compiti di s. lungo l’arco evolutivo. Gli aspetti essenziali dello s. sono costituiti dalla capacità dell’uomo di organizzare la propria esperienza e di imporre la propria idea sull’ambiente. Lo s.m. (o, meglio, la maturità del giudizio morale) viene visto come un processo in cui l’individuo, per mezzo di strutture logiche nuove in ogni stadio di s., assume progressivamente il ruolo degli altri. In quest’ottica, il comportamento morale è quello che risulta dalla decisione basata su un giudizio sulla cosa giusta da fare; tale giudizio si fonda, a sua volta, sul principio che va dato rilievo a ciò che è giusto per gli altri e che il proprio comportamento va regolato sulla base di norme di giusto o sbagliato che si possono applicare all’altrui comportamento. Per essere in possesso di un elevato livello di moralità, si deve avere la capacità di comprendere la natura o i principi delle norme morali, di analizzare i problemi alla luce di tali norme, e di decidere se e come queste debbano essere applicate. La maturità morale consiste nella moralità basata sui principi (il più alto livello di giudizio morale): una moralità, cioè, che esige dal soggetto un’opinione personale, basata su principi razionalmente accettati e, possiamo anche dire, autogenerati. La maturità morale, per essere tale, non si limita alla sola capacità di prendere decisioni e dare giudizi che siano morali (governati da principi personali), implica anche un comportamento conforme a tali principi; richiede, cioè, che non ci si fermi all’aspetto del puro pensiero, ma che questo trovi il suo completamento nell’azione (coerenza tra pensiero e giudizio). In questa corrente cognitivo-evolutiva, danno il loro valido contributo​​ ​​ Piaget e​​ ​​ Kohlberg.

3.​​ Suggerimenti educativi.​​ Da un punto di vista educativo può essere utile considerare quanto segue: a) La crescita morale è favorita dalla stimolazione, da parte di persone significative, a procedere verso stadi più alti di pensiero; tale stimolazione si rende insufficiente (anche se garantita da una presenza continua e intensa) se l’educando non partecipa attivamente. b) Il movimento verso lo stadio superiore implica una riorganizzazione cognitiva; così, possiamo dire che il conflitto cognitivo e lo squilibrio, sono il motore centrale per la suddetta riorganizzazione cognitiva o per il movimento ascendente nella scala degli stadi. c) La discussione sui conflitti morali è un fattore che favorisce il progresso negli stadi di s. (Kohlberg): i diversi stadi che si propongono sono nuovi modi cognitivo-strutturali di assumere il proprio ruolo nelle situazioni conflittuali.

Bibliografia

Piaget J.,​​ Le jugement chez l’enfant,​​ Paris, PUF, 1932; Kohlberg L., «Stage and sequence: the cognitive-development approach to socialization», in D. Goslin (Ed.),​​ Handbook of socialization theory and research,​​ Chicago, Rand MacNally and Company, 1969, 347-480; Hoffman L., «Moral development in adolescence», in J. Adelson (Ed.),​​ Handbook of adolescent psychology,​​ New York, John Wiley and Sons, 1980, 295-343; Arto A.,​​ Crescita e maturazione morale.​​ Contributi psicologici per una impostazione evolutiva e applicativa,​​ Roma, LAS, 1984; Kurtines W. M. - J. L. Gewirtz,​​ Lo s.m. attraverso l’interazione sociale, Roma, Armando, 1998; Power F. C. - A. Higgins,​​ La educación moral según Lawrence Kohlberg, Barcelona, Gedisa, 1998; Pérez-Delgado - Ma. V. Mestre Escrivá (Edd.),​​ Psicología moral y crecimiento personal, Barcelona, Ariel, 1999; Kohlberg L.,​​ Psicología del desarrollo moral, Bilbao, Desclée de Brouwer, 2003.

A. Arto