analisi degli OBIETTIVI

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OBIETTIVI: analisi degli

Dal lat.​​ objacere​​ (essere posto davanti), il termine o. è stato introdotto nel linguaggio pedagogico in polemica con «finalità»​​ ​​ identificata con la retorica e la vaghezza secondo le quali si definivano tradizionalmente le intenzionalità educative​​ –​​ ed ha costituito la parola-chiave di un modello didattico​​ –​​ la «pedagogia per o.», appunto – che si è imposto all’attenzione in Europa nella particolare congiuntura degli anni ’70. Senza entrare nel merito delle contingenze culturali che ne avevano ispirato l’origine (gli USA degli anni ’50 con Tyler) né delle «vie nazionali», che in Italia e negli altri Paesi europei l’hanno denotato in modi differenziati, l’opzione a favore degli o. si giustifica essenzialmente come istanza diffusa: a) per​​ «princìpi di legittimazione»,​​ capaci di promuovere la​​ convergenza unitaria​​ delle attese rivolte alla scuola; b) per​​ «principi di organizzazione»​​ in grado di assicurare l’opportuna​​ razionalità strumentale​​ all’azione d’insegnare. Nell’insieme, si tratta di acquisire i requisiti della scientificità al lavoro educativo.

1. In questo contesto, l’analisi degli o. consiste in una complessa e sofisticata procedura di progettazione dell’insegnamento che si caratterizza per​​ l’enfasi sui risultati attesi​​ sui quali far leva per​​ rendere prevedibili e controllabili le operazioni di aula e di scuola.​​ Prescindendo dalle numerose varianti che si conoscono, la programmazione per o. si compie attraverso due passaggi connessi: a) la​​ legittimazione​​ e b) la​​ operazionalizzazione. Il primo​​ si costruisce come​​ processo di deduzione:​​ nel quadro delle finalità assegnate dalla società all’istituzione scolastica, si tratta di identificare​​ il cambiamento dell’alunno​​ in quanto corrispettivo – in situazione – connotato da​​ necessità​​ (=​​ quel cambiamento,​​ e nessun altro che quello)​​ e​​ sufficienza​​ (=​​ quel cambiamento,​​ e solo quello).​​ Dal punto di vista tecnico, è il riferimento al​​ tempo di realizzazione​​ – medio e breve termine – che consente di tradurre la «finalità» in «o.» pertinenti. La deduzione consente inoltre di coprire altre dimensioni del progetto pedagogico-scolastico:​​ all’interno,​​ orientare sul piano etico e attivare a livello socio-emotivo il consenso degli insegnanti;​​ all’esterno,​​ accreditare le intenzionalità formative della scuola presso il pubblico, in particolare le famiglie, invitati a condividere ed a sostenere l’impegno degli insegnanti.​​ Il secondo passaggio​​ è più articolato perché investe​​ il​​ campo decisionale​​ dell’azione didattica, ovvero il calcolo delle condizioni d’esercizio utile a ridurre l’incertezza delle scelte da compiere in molteplici direzioni e in tempo reale. Il dispositivo contempla: a)​​ La valutazione anticipata,​​ ovvero (I)​​ la formulazione rigorosa del cambiamento atteso,​​ tale da indicare le azioni dell’alunno in un contesto dato, e i criteri in base al quale potranno essere riconosciute dall’insegnante, e (II)​​ la classificazione delle prestazioni dell’alunno,​​ in modo da indicare i criteri in base ai quali potranno essere apprezzate dall’insegnante (a questo proposito si adottano​​ tassonomie,​​ più o meno standardizzate – per rendere comparabili i giudizi – e differenziate a seconda degli ambiti curricolari mirati). b)​​ Il​​ disegno della conduzione,​​ ovvero (III)​​ la selezione dei contenuti,​​ (IV) la determinazione della​​ sequenza metodologica,​​ dei raggruppamenti degli alunni, delle tecniche e dei materiali, (V) il computo dei​​ tempi​​ necessari e degli​​ spazi arredati​​ utilizzabili. c)​​ Il controllo di fattibilità,​​ ovvero (VI) l’accertamento dei​​ prerequisiti​​ presso gli alunni ed, eventualmente (VII) interventi resi opportuni per mettere gli alunni in condizione di seguire proficuamente l’attività didattica predisposta.

2. Il successo della «pedagogia per o.» presso l’amministrazione scolastica e gli insegnanti è apparso vasto e immediato, presumibilmente perché ha consentito di razionalizzare le pratiche didattiche e di promuovere efficacemente l’immagine professionale. Frequenti, tuttavia, e numerose sono le obiezioni mosse a questa strategia di programmazione: – innanzitutto la laboriosità della procedura, che richiede competenze elevate, non facilmente reperibili presso gli insegnanti, e la macchinosità, che richiede tempi e impegni di coordinamento proibitivi; – la difficoltà di anticipare la valutazione, rappresentandosi nella fase di progettazione gli esiti di un’attività formativa non ancora esperita e comunque frutto dell’interazione, non sempre né facilmente prevedibile, con gli studenti; – il riduzionismo imposto dall’uso dei verbi d’azione per rendere «visibili» i cambiamenti voluti presso gli alunni quando riguardano conoscenze e competenze cognitive profonde; – gli ostacoli opposti dalla struttura reticolare delle discipline di studio ad essere ordinate in strumenti lineari come le tassonomie; – l’inopportunità di percorsi precostituiti per un’azione come l’insegnamento, che si costruisce integrando gli studenti e adattandosi flessibilmente ai loro comportamenti.

3. A seguito della discussione critica (avviata, lealmente, all’interno del movimento medesimo), ma anche a fronte di reazioni polemiche quando non preconcette, oggi della Pedagogia per O. restano fuori gli estremi, come la «operazionalizzazione», la limitazione degli o. all’interno del «dominio» motorio, pratico e cognitivo di rango inferiore (ad esclusione, quindi, dell’ambito più pregnante sul piano educativo, come sociale-emotivo-affettivo e, a scuola, del livello cognitivo più avanzato), il ricorso per approssimazione di massima alle tassonomie (soprattutto a riguardo della loro «linearità»), il rifiuto netto di indicatori «metrici» e quantitativi all’atto della valutazione, l’ammissione di frammentarietà (e numerosità) degli o. Buttata via l’acqua sporca (soltanto?), resta una sorta di «canone» della programmazione – lo schema​​ O.-Metodi-Contenuti-Valutazione​​ – il​​ nucleo di un’idea d’insegnamento concepito come attività razionale, una sorta di «sentire comune» consolidato, ormai divenuto patrimonio generale. Oggi è la​​ «Pedagogia delle Competenze»​​ che si presenta come una evoluzione non difensiva della​​ Pedagogia per O.​​ e ripropone lo stesso orientamento di fondo, adattato ad una congiuntura culturale ben diversa dagli anni della sua affermazione istituzionale.

Bibliografia

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E. Damiano