AGOSTINO Aurelio

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AGOSTINO Aurelio

n. a Tagaste nel 354 - m. a Ippona nel 430, vescovo e scrittore, padre della Chiesa.

1.​​ Vita ed opere.​​ Africano di nascita e romano di lingua, cultura e sentimenti, A. fu educato cristianamente dalla madre Monica, ma da giovane si abbandonò all’orgoglio intellettuale, a deviazioni morali, all’eresia manichea. Insegnò retorica a Cartagine, a Roma e a Milano: ivi, dopo una lunga e tormentata vicenda interiore e profonda riflessione, si riavvicinò al Cristianesimo e nel 387 fu battezzato dal vescovo Ambrogio. Ritornò in Africa e a Tagaste si dedicò a vita ascetica con alcuni amici. Ordinato sacerdote nel 391 e vescovo di Ippona nel 396, fino alla morte esplicò una prodigiosa attività pastorale, dottrinale e letteraria. Scrisse moltissime opere: libri autobiografici (le​​ Confessiones),​​ filosofici (i​​ Dialogi),​​ apologetici (il più significativo è​​ De civitate Dei,​​ proposta di una visione cristiana della storia umana), dogmatici (il​​ De Trinitate),​​ pastorali e pedagogici, monastici, esegetici, polemici (contro manichei, pelagiani, donatisti); inoltre più di 300 lettere, vari trattati (come le​​ Enarrationes in Psalmos)​​ e circa 570​​ Sermones.​​ In riferimento alla pedagogia sono particolarmente importanti:​​ De magistro,​​ De catechizandis rudibus,​​ De doctrina christiana,​​ Epistulae​​ 118 e 266.

2.​​ Il pensiero pedagogico.​​ a) L’esperienza personale di A. influì sul suo pensiero pedagogico. Dapprima ebbe modo di apprezzare l’educazione cristiana ricevuta dalla madre, poi da giovane, frequentando scuole pagane e leggendo autori classici, deplorò le pagine scandalose, l’obiettivo della vanagloria, la vacuità della semplice formazione letteraria, i metodi mnemonici, i frequenti castighi (pur accettati in linea di principio). Soprattutto A. ricercò la verità per tutta la vita, passando attraverso una crisi religioso-filosofica e una crisi morale. Da esse riemerse con la riflessione personale, con la lettura di testi platonici, con l’esempio di cristiani ferventi e specialmente con la preghiera, la meditazione sulla Sacra Scrittura, l’aiuto della grazia divina. b) Il pensiero pedagogico di A. è strettamente connesso con la sua filosofia e teologia, che sono fondate essenzialmente su tre principi: l’interiorità (l’uomo deve rientrare in se stesso per constatare la presenza della verità), la partecipazione (ogni bene è tale o per se stesso o perché deriva dal bene), l’immutabilità (l’essere vero è solo l’essere che non muta, che esclude limitazioni, composizioni e variazioni). c) L’amore, come espressione di pura benevolenza sull’esempio di Dio, è per A. l’anima dell’educazione (Cat. rud.​​ 4). L’educatore dona con gioia e disinteresse, si adatta alle condizioni psicologiche della persona, ispira confidenza (ivi,​​ 10.12); sa rendere efficaci anche la disciplina e il castigo, perché li fa sgorgare dall’amore (Serm.​​ 13,8,9). Egli desidera portare l’educando al pieno sviluppo delle sue possibilità, come una madre che nutrendo il proprio figlio, non vuole che rimanga piccolo, ma che cresca (Serm.​​ 23,3). A sua volta il bambino corrisponde alle cure dell’educatore, facendosi guidare dall’amore per il bene, scopo primario dell’educazione Certamente non si può amare ciò che non si conosce e non si è ancora sperimentato, ma si ama ciò che già si conosce e che si vuole conoscere meglio e perciò si vuole sapere ciò che si ignora (Trin.​​ 10,1,3). d) Finalità dell’educazione è il passaggio dalla vita istintiva a quella razionale (Civ. Dei​​ 22,24). L’educatore la ottiene servendosi di una equilibrata disciplina, proponendo elevati modelli morali e facendo rispettare la gerarchia dei valori. Tale compito spetta principalmente ai genitori nella famiglia e ai vescovi nella comunità cristiana. e) A. presenta acute pagine sulla didattica: insegnare è mostrare e dire. L’insegnante pone in essere segni, azioni, pensieri; richiama alla mente qualcosa conosciuto in precedenza; porta alla consapevolezza dell’allievo elementi a cui questi non prestava attenzione, pur essendo presenti sullo sfondo.​​ Intelligere​​ [comprendere] sarà non solo​​ intus legere​​ [leggere dentro], ma anche​​ inter legere​​ [leggere tra le cose, considerandole insieme] (Conf.​​ 10,11,18). L’abilità pedagogica del maestro opera una giusta connessione tra parole e significato. Il linguaggio esteriorizza ed incarna la parola interiore: così la comunicazione intersoggettiva è possibile se l’ascoltatore «vede le cose con il puro occhio interiore, conosce ciò che io dico con il proprio pensiero e non mediante le mie parole» (Mag.​​ 12,40). f) Non vi è educazione senza l’atto personale di intendere e di giudicare, senza una valorizzazione di se stessi e la conoscenza dell’universo che ci circonda, senza assunzione di responsabilità totale nei confronti di se stessi. g) Infine attraverso i segni delle cose l’uomo si abitua a passare dalle «realtà materiali a quelle spirituali» (Musica​​ 6,2,2). Lo splendore della verità divina è tale che un occhio impreparato non può sopportarne tutta la luce: l’uomo vi si deve disporre contemplando la luce riflessa sulle cose visibili. Dunque «dobbiamo considerare il mondo come mezzo, non come fine per poter contemplare le perfezioni invisibili di Dio comprendendole attraverso le cose create» (Doct. chr.​​ 1,4,4). La comprensione delle cose intelligibili avviene non per mezzo delle parole che risuonano dal di fuori, ma per mezzo della ragione che è sostenuta dalla luce della verità risplendente nell’intimo (cfr.​​ Mag.​​ 12,39). Ciascuno è ammaestrato «dalle cose stesse che gli si manifestano, perché Dio gliele svela nell’interiorità» (Mag.​​ 11,38). Il ruolo del maestro umano è quello di insegnare un metodo per scoprire la verità presente, ma latente all’interno del discepolo: chi insegna veramente è Cristo, l’unico vero maestro interiore, che interpella tutti e ciascuno, che dona la sapienza, intesa come verità da possedere e realtà da amare. L’uomo supera così la propria mutabilità e si apre al trascendente.

3.​​ Influsso.​​ A. trasmise (soprattutto al​​ ​​ Medioevo) i valori della cultura, il gusto per la ricerca, l’ideale di una sapienza cristiana sotto il primato della Scrittura. Pedagogicamente egli pose l’allievo al centro del processo educativo, ne valorizzò la capacità creativa, elaborò una proposta globale di educazione alla fede, configurò l’apprendimento come lo sforzo di ritrovare in se stessi la verità. All’educatore richiamò il dovere di unire ricerca e testimonianza, scienza e vita. Nella visione cristiana dell’uomo, A. ricuperò e rifuse i valori universalmente umani del mondo classico greco-romano.

Bibliografia

a)​​ Fonti:​​ le opere di A. sono edite in lat. e tradotte in it. nella collana​​ Opera omnia di s. A.​​ (Nuova Biblioteca Agostiniana), Roma, Città Nuova, 1965ss; Miano V. (Ed.),​​ S. A. Antologia pedagogica,​​ Torino, SEI, 1958. b)​​ Studi:​​ Bellotti G.,​​ L’educazione in Sant’A.,​​ Bergamo, 1963; Kevane E.,​​ Augustine the educator. A study in the fundamentals of Christian formation,​​ Westminster, Newman Press, 1964; Patané L. R.,​​ Il pensiero pedagogico di S. A.,​​ Bologna, Patron,​​ 21969;​​ Sant’A. educatore​​ (Atti della settimana agostiniana pavese, 2), Pavia, Ponzio, 1971; Perrini M.,​​ La paideia cristiana di A.,​​ in «Humanitas» 42 (1987) 3, 355-388;​​ Valenzuela A.,​​ San Agustín de Hipona,​​ teoría y arte pedagógicas,​​ Valparaiso, Ed. Universitarias,​​ 1984; Fabris M. (Ed.),​​ L’umanesimo di Sant’A.,​​ Bari, Levante, 1988; Crosson F. J. et al.,​​ «De Magistro» di A. d’Ippona,​​ Palermo, Augustinus / Città Nuova, 1993; Paffenroth K. - K. L. Hughes (Edd.),​​ Augustine and liberal education, Aldershot, Ashgate, 2000;​​ Galindo Rodrigo J. A.,​​ Pedagogía de San Agustín, Madrid, Augustinus,​​ 2002;​​ Jerphagnon L.,​​ Saint Augustin: le pédagogue de Dieu, Paris, Gallimard, 2002.

M. Maritano