SERVIZIO CIVILE VOLONTARIO

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SERVIZIO CIVILE VOLONTARIO

Il s.c.v., recentemente disciplinato con la L. n. 64 / 2001, è figlio dell’obiezione di coscienza (= o.d.c.) al s. militare. L’o.d.c. è il rifiuto di assolvere a un obbligo di legge i cui effetti sono ritenuti contrari alle proprie convinzioni ideologiche, morali o religiose. Si tratta di un comportamento che manifesta una determinazione soggettiva tesa ad affermare valori in contrasto o in opposizione ad un obbligo stabilito da una norma o da un comando dell’autorità e non riducibili ad un personale interesse bensì a quello generale, dell’intera società. Nella sua più consapevole espressione si tratta di una manifestazione di devianza positiva orientata al cambiamento sociale.

1.​​ Chiarimenti.​​ Questo rifiuto d’obbedienza può riguardare varie disposizioni – pensiamo, ad esempio, ai medici obiettori rispetto alle prescrizioni della L. 194 / ’78 sull’interruzione della gravidanza – ma l’attuazione più macroscopica ha riguardato nel nostro Paese la concezione del s. militare obbligatorio come unica modalità di «difesa della Patria». La storia dell’o.d.c. al s. militare, dalle sue prime manifestazioni isolate e di senso profetico degli anni ’50, alle lotte collettive e alla politicizzazione del problema degli anni ’60, fino al riconoscimento giuridico parziale dell’o.d.c. sancito dalla L. 772 / 1972 e alla legittimazione definitiva come diritto soggettivo dal 1998 (L. 230, Nuove norme in materia di obiezione di coscienza), è emblematica del difficile rapporto tra cittadino e istituzioni che ha accompagnato il processo di democratizzazione della nostra società. Il s.c. ha anche segnato gli orientamenti di valore e ha rafforzato la vocazione a lavorare nel sociale di migliaia di giovani nei trenta anni di applicazione della L. del ’72. Sembra passato un secolo anche rispetto al cambiamento intervenuto nel concetto di difesa della Patria: dalla protezione del territorio da aggressioni armate e attuabile con l’uso di armi sempre più micidiali a quello di difesa della società civile da tutto ciò che ne insidia l’unità, la democraticità, la solidarietà, l’uguaglianza dei cittadini, la legalità, la promozione sociale, l’educazione alla tolleranza e altro ancora.

2.​​ Dall’o.d.c. al s.c. aperto a tutti i giovani.​​ Il passaggio dal s.c. sostitutivo della L. del 1972 al s.c.v. della L. del 2001 è stato naturale proprio per la fiducia maturata in questo istituto negli oltre 30 anni di esperienza degli obiettori di coscienza, così come nell’esperienza dell’Anno di volontariato sociale praticato dalle ragazze e dai giovani non obbligati alla leva. Nella storia del s.c. in Italia si possono considerare tre frasi successive: a) s.c. come​​ fenomeno di élite​​ nella fase di primo riconoscimento di questo istituto, in quanto l’obiezione di coscienza era una scelta morale, culturale, politica dichiaratamente antitetica e sostitutiva al servizio militare, oltre che mal sopportata dall’apparato militare che la gestiva; b) s.c. come​​ fenomeno di massa​​ dalla seconda metà degli anni ’80: l’o.d.c. diviene una opzione tra alternative possibili e quindi di pari dignità rispetto a quella per il servizio militare; c) s.c. previsto oggi come​​ esperienza​​ volontaria proposta alla generalità dei giovani, e per la prima volta di ambo i sessi, dai 18 ai 28 anni, e gestito da un’istituzione completamente autonoma rispetto all’apparato militare. Esso richiama il concetto di progetto (come è nella sua attuazione operativa) che significa una esperienza guidata da una scelta valoriale e finalizzata a raggiungere dei risultati più consoni alle potenzialità e aspettative dei giovani che vi sono impegnati. Quindi anche formativa e di primo contatto con il mondo del lavoro nel sociale. Il s.c. si è reso necessario con la sospensione della leva obbligatoria e con la sostituzione dell’esercito a base popolare con uno di tipo professionale su base volontaria, in quanto si era determinato un vuoto nella formazione civile dei giovani. L’istituto della leva aveva infatti un significato pedagogico non irrilevante richiamando i giovani ai doveri costituzionali della difesa, della solidarietà e della responsabilità. Dal dibattito tra chi era favorevole ad un s.c. obbligatorio e chi invece lo voleva facoltativo si affermò l’ipotesi dell’istituzione di un s.c. nazionale parallelo e complementare al servizio militare volontario che avrebbe consentito ai giovani, desiderosi di fare un’esperienza costruttiva per la loro vita, l’opportunità di realizzare attività utili unendo così l’aspetto formativo con quello etico in senso civico.

3. S.c. e volontariato: distinzione nell’integrazione.​​ Vi è una possibile ambiguità sul s.c. nazionale che viene rimarcato come volontario. È «volontario» in quanto è una scelta libera della persona, non più sostitutiva o alternativa al servizio militare di leva. Se il volontariato si basa su tre requisiti identitari: la spontaneità, la solidarietà e la gratuità assoluta, il s.c. nazionale mutua i primi due distinguendosi invece per la mancanza del principio della gratuità. Tuttavia vi è una forte vicinanza tra s.c. e volontariato; entrambe le scelte convergono nel promuovere la partecipazione dei giovani e la loro formazione come cittadini. I progetti di s.c. nel volontariato andrebbero privilegiati proprio in considerazione del compito primo del volontariato, quello di favorire l’impegno sociale e la partecipazione consapevole dei cittadini. È evidente che se il s.c. – per ora limitato a poche migliaia di giovani – diventerà un’esperienza generalizzata potrà garantire al volontariato più risorse umane motivate, anche dopo l’espletamento dello stesso, come è dimostrato dai molti giovani che terminato il s.c. passano a fare volontariato. È altresì vero che un giovane che ha fatto un’esperienza di cittadinanza attiva presso una organizzazione di volontariato considererà normale in altre fasi della vita offrire gratuitamente una parte del proprio tempo ed energie per una causa solidaristica o, almeno, interpretare con spirito di volontariato i ruoli di cittadino.

Bibliografia

Coletti A.,​​ L’o.d.c,​​ Milano, Feltrinelli, 1973; Montanari B.,​​ O.d.c. Un’analisi dei suoi fondamenti etici e politici,​​ Milano, Giuffré, 1976; Albesano S.,​​ Storia dell’o.d.c. in Italia,​​ Treviso, Santi Quaranta, 1993; CNESC (Ed.),​​ Quarto rapporto sul s.c. in Italia, Roma, Icone, 2003; Righi L.,​​ Giovani e s.c. Uno strumento di cittadinanza sociale, Milano, Angeli, 2004.

R. Frisanco