SPIRITO

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SPIRITO

È un termine dai molti significati. Ne può essere conferma perfino il vocabolario della lingua italiana dello Zingarelli. Alla voce s. vi troviamo tra l’altro: «principio immateriale attivo, spesso considerato immortale o di origine divina, che si manifesta come vita e coscienza», «anima, principio di vita individuale», «manifestazione ed essenza della divinità», «essenza personificata», «vivacità d’ingegno, intelligenza briosa». Ne derivano alcuni precisi modi di espressione: avere molto s., nutrire lo s., credere negli s.

1. Lungo la storia del pensiero filosofico-religioso ci sono stati diversi ambiti e modi di intendere il vocabolo s. A partire dalla filosofia greco-latina, esso si trova in tutte le epoche della storia della filosofia. È pure presente nella filosofia orientale. Il suo significato sarebbe da ricercare attraverso il greco​​ nous,​​ il latino​​ mens​​ o​​ ingenium​​ nonché​​ spiritus.​​ Per i filosofi, il termine s. ha un significato particolare quando indica la vita dell’intelligenza e della volontà dell’uomo (= lo s. dell’uomo). Lo s., quindi, è una realtà che si coglie prima di tutto sul piano antropologico e fa pensare all’interiorità dell’uomo. Lo s. dice la capacità di riflessione su se stesso e di​​ ​​ libertà, nonché la capacità di apertura all’assoluto. Grazie allo s., l’uomo può agire come soggetto.​​ 

2. Questa è la ragione per cui lo s. è anche una realtà teologica. Pur limitandosi al suo significato religioso-spirituale, il termine conosce diversi usi: «uomo spirituale» in opposizione all’uomo carnale, «lo s. del mondo» e «lo S. di Dio», «mondo spirituale», «autori spirituali», «potere spirituale della chiesa» in opposizione al potere temporale dello Stato, ecc. Nella Bibbia, la realtà designata con il nome di s. è molto complessa. È a partire dall’AT che essa risulta una realtà concreta, come per es. alito, soffio, vento o, come nel Salmo 104,29-30, l’alito vivificante che Dio infonde negli esseri viventi, oppure il principio di una vita morale qualitativamente migliore, come in Ezechiele 36,26: «porrò il mio s. dentro di voi».​​ Nel NT, il vocabolo s., oltre ad essere frequente acquista un carattere sempre più forte. Da una parte risulta elemento della struttura trascendentale dell’uomo che lo rende​​ capax Dei​​ e dall’altra è il dono che Dio dà perché l’uomo progredisca sul piano spirituale. È interessante, a questo riguardo, il linguaggio di s. Paolo. Nella 1 Ts 5,23, per es., troviamo un’elencazione di «s.,​​ anima e corpo»​​ che non intende indicare parti costitutive dell’uomo. Lo s., in questo contesto, non è una terza componente accanto al corpo e all’anima, ma è un principio di qualificazione. Esso si esprime e si manifesta attraverso la psiche ed il corpo, qualificandoli a misura del loro progressivo dominio. Lo scopo del cammino ascetico, infatti, è quello di rendere il corpo e l’anima trasparenti e sottomessi allo spirituale. S. Paolo mette in costante dialettica lo s. e la carne. La carne indica ogni attività umana, puramente naturale, che si limita ai beni della vita terrena; lo s., invece, indica ogni attività umana che si dedica ai beni della vita futura. È così che l’Apostolo arriva a poter parlare dell’uomo spirituale (pneumatikós)​​ e distinguendo tra l’uomo naturale e quello spirituale, egli indica in quest’ultimo la presenza dello S. di Dio.

3. Dato questo fondamento biblico, la teologia parla dell’inabitazione dello S. santo in tutti gli uomini che possiedono la grazia e la carità, dei doni dello S. santo, delle mozioni dello S. santo. Lo S. santo unisce l’uomo a Cristo e in Cristo lo unisce al Padre. Si tratta di una relazione dinamica che coinvolge tutto l’essere dell’uomo. «L’uomo naturale però non comprende le cose dello S. di Dio; esse sono follia per lui,​​ e non è capace di intenderle,​​ perché se ne può giudicare solo per mezzo dello S.»​​ (1 Cor 2, 14). L’esperienza spirituale cristiana significa, in questo caso, entrare sempre più profondamente nel mistero di Dio: «È in te la sorgente della vita,​​ alla tua luce vediamo la luce»​​ (Sal 36,10). Nella teologia si parla perfino dei «sensi spirituali», sottolineando la concretezza della relazione dell’uomo con Dio ma, prima ancora, il coinvolgimento di tutta la persona, sensi compresi, nell’esperienza di Dio.

Bibliografia

Ryle G.,​​ Lo s. come comportamento,​​ Torino, Einaudi, 1955; Ancilli E. et al.,​​ L’uomo nella vita spirituale,​​ Roma, Pontificio Istituto di Spiritualità del Teresianum, 1974;​​ De Carvalho M. J. jr.,​​ La formation de la pensée humaine. La dynamique ontologique de l’esprit. Genèse de la pensée,​​ Neuchâtel, La Baconnière, 1974; Forest A.,​​ Essai sur les formes du lien spirituel,​​ Paris, Beauchesne, 1981; Lazorthes G.,​​ Le Cerveau et l’Esprit,​​ Paris, Flammarion, 1982; Boracco P. L. - B. Secondin (Edd.),​​ L’uomo spirituale,​​ Milano, Istituto Propaganda Libraria, 1986.

J. Struś