PESTALOZZI Johann Heinrich

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PESTALOZZI Johann Heinrich

n. a Zurigo nel 1746 - m. a Brugg nel 1827, educatore e pedagogista svizzero.

1.​​ Vita e opere.​​ All’età di cinque anni rimane orfano di padre. Viene educato, con il fratello e la sorella, dalla madre e dalla domestica in un clima di intenso affetto. Conosce molto presto la realtà sociale in cui vive, perché trascorre le vacanze presso il nonno paterno, pastore evangelico in una parrocchia vicino a Zurigo, o presso lo zio materno, medico di professione. Rimane fortemente colpito dalla povertà e ignoranza dei contadini, ma ancor più dal cambiamento che subiscono i fanciulli quando iniziano la scuola e il lavoro: dal loro volto spariscono gioia e spensieratezza. Forse è da cercare in quest’esperienza la volontà di P. di dedicarsi con tutte le forze e per tutta la vita all’educazione del popolo. Frequenta la scuola pubblica. Al​​ Collegium Carolinum​​ si entusiasma per la politica e per le teorie fisiocratiche. Nel 1769 sposa Anna Schulthess e con lei si stabilisce presso Birr, dove ha comperato una vasta estensione di terreno incolto. Chiama la proprietà agricola Neuhof e ne fa un istituto educativo per fanciulli poveri. Nel 1770 nasce Jacqueli, l’unico figlio, così chiamato in onore di​​ ​​ Rousseau di cui P. condivide le idee. L’azienda agricola fallisce e nel 1779 P. deve chiudere l’istituto, che ospita una cinquantina di ragazzi. Segue un periodo di riflessione e di pubblicazioni, di cui si segnalano le principali:​​ La veglia di un solitario​​ (1780);​​ Sulla legislazione e l’infanticidio​​ (1783);​​ Leonardo e Geltrude​​ (1781-1787), romanzo d’ambiente che ha molto successo e fa conoscere P. al grande pubblico;​​ Le mie ricerche sul corso della natura nello sviluppo del genere umano​​ (1797). Scoppiata la Rivoluzione fr. P. aderisce ai suoi ideali e ottiene la cittadinanza francese onoraria. Tuttavia, dopo la violenta repressione delle truppe francesi entrate in Svizzera, prende le distanze dall’azione rivoluzionaria e apre una scuola per orfani di guerra a Stans (1798). Vi rimane per cinque mesi progettando e sperimentando il suo metodo, come si legge in​​ Lettera a un amico sul proprio soggiorno a Stans​​ (1800). Lasciata la scuola di Stans, perché adibita ad ospedale militare, si porta a Burgdorf, vicino a Berna. Qui organizza meglio la scuola ed elabora compiutamente le sue dottrine metodologiche, che trovano spazio in alcuni scritti:​​ Il​​ metodo​​ (1800), sviluppato poi in​​ Come Geltrude istruisce i suoi figli​​ (1801);​​ L’A B C dell’intuizione​​ (1801);​​ Libro delle madri​​ (1803). Lasciata anche Burgdorf, perché il castello diventa sede della prefettura, P. accetta l’offerta di aprire un istituto a Yverdon (1805), che ben presto acquista fama mondiale, grazie al perfezionamento del suo metodo e all’aiuto di validi collaboratori. L’istituto è chiuso nel 1825 in seguito a forti contrasti interni, che P. non riesce a sanare. Si ritira amareggiato e ormai ottantenne a Neuhof, dove scrive​​ Il canto del cigno,​​ sintesi delle sue esperienze educative e teorie pedagogiche, e suo testamento spirituale.

2. Pensiero pedagogico.​​ P. non ha elaborato una teoria pedagogica sistematica, perché le sue opere nascono dall’esperienza e dalla sua passione per l’educazione del popolo. Tuttavia è possibile enucleare da esse quegli elementi che risultano fondamentali per una corretta impostazione dell’azione educativa. Per P. l’educazione è un processo che, rispettoso delle leggi della natura umana, abilita l’uomo all’uso di tutte le sue facoltà per raggiungere la perfezione etica. P. si distacca dall’iniziale e acritica accettazione della concezione roussouiana dell’uomo e imposta l’educazione come sviluppo simultaneo, armonico e integrale di tutte le facoltà che sono tipiche dell’uomo.

3. Metodo educativo.​​ La lunga esperienza educativa porta P. a puntare sul metodo naturale. Si tratta di scoprire l’ordinamento psicologicamente elementare e graduale dell’educazione per guidare lo sviluppo integrale del soggetto senza incaute anticipazioni o dannosi ritardi. L’educazione deve perciò avere i caratteri dell’elementarità, gradualità, integralità, senza dimenticare il ruolo che in essa ha l’intuizione.​​ ​​ Girard, nella sua​​ Relazione​​ del 1810 stesa in seguito alla visita compiuta all’istituto pestalozziano di Yverdon, così riassume il metodo di P.: «Circondare la gioventù di idee sensibili, vive e chiare, far risalire l’insegnamento a’ suoi primi elementi, elevarsi di là passo passo, in una gradazione misurata e lenta, dare all’attività spontanea del fanciullo tutto lo slancio possibile, formare in lui l’uomo, senza trascurare tuttavia differenze che l’individuo e la sua vocazione particolare presentano: ecco le regole fondamentali di questo sistema di educazione conosciuto in Europa sotto il nome di​​ Metodo del P.».

4.​​ Ambienti educativi.​​ In consonanza con il metodo naturale, l’ambiente educativo che ha maggior incidenza nell’educazione del fanciullo è la famiglia. Diversamente da Rousseau, che «sequestra» il bambino dal suo ambiente naturale – la famiglia –, P. ne esalta le funzioni educative: «È assodato che il focolare domestico riunisce i fattori essenziali di ogni verace educazione umana in tutta la loro estensione» (Discorsi alla mia casa).​​ Nell’ambiente familiare la madre ha un ruolo fondamentale in ordine all’educazione, perché attraverso di lei si sviluppano nel bambino i germi dell’amore, della fiducia, della riconoscenza, della socialità, della sicurezza. La famiglia è perciò il luogo delle relazioni essenziali ed esemplari dell’esistenza; è il luogo dello sviluppo infantile animato dall’amore, è il luogo dove «la vita educa». Dopo la famiglia la scuola è un ambiente educativo perché continua il processo iniziato nella casa domestica e permette al fanciullo di ampliare e arricchire le sue esperienze di vita. Tuttavia la scuola è educativa solo ad una condizione: se non si contrappone all’educazione familiare, ma se la continua e la integra.

5.​​ Influsso.​​ L’esperienza educativa di P. ha influito su tutti gli educatori e pedagogisti del periodo romantico. Anche se non tutto della sua opera e dei suoi scritti può essere ritenuto valido, tuttavia gli siamo debitori nel nostro modo di concepire l’educazione e la scuola. Inoltre gli si riconosce la profonda sensibilità con cui affronta temi e problemi sempre attuali: l’importanza dei primi anni di vita nella formazione della personalità equilibrata e completa; l’importanza della relazione madre-bambino e dei rapporti familiari; il ruolo dell’amore nel processo educativo.

Bibliografia

a)​​ Fonti:​​ J. H. P.,​​ Sämtliche Werke,​​ ediz. critica delle opere di P. curata da A. Buchenau, H. Stettbacher e E. Spranger, Berlin / Zürich, W. de Gruyter / Fuessli, 1927-1976, 28 voll.;​​ Sämtliche Briefe,​​ epistolario completo in 13 voll., Zürich, Fuessli, 1949-1976. b)​​ Studi:​​ Meylan L.,​​ L’attualità di P.,​​ Firenze, La Nuova Italia, 1962; Delekkat F.,​​ P.: l’uomo,​​ il filosofo,​​ l’educatore, Ibid., 1967; Genco A.,​​ Il pensiero di G.E.P.,​​ Padova, Liviana, 1968; Silber K.,​​ P.: L’uomo e la sua opera,​​ Brescia, La Scuola, 1971;​​ Soëtard M.,​​ P. ou la naissance de l’éducateur: étude sur l’évolution de la pensée et de l’action du pédagogue suisse​​ (1746-1827),​​ Frankfurt, Lang, 1981; Id.,​​ P.,​​ Paris, PUF, 1995.

R. Lanfranchi