LITURGIA

image_pdfimage_print

 

LITURGIA

Il termine si trova per la prima volta nel gr. classico, dove​​ leitourgía​​ denota un’attività pubblica, svolta liberamente a servizio dei concittadini. Con il tempo l.​​ presenta un qualunque servizio reso alla collettività o alla divinità. Nella Bibbia greca l.​​ indica sempre un «servizio religioso» reso a JHWH, mentre il NT adotta altri termini per definire la realtà del nuovo culto «in spirito e verità» inaugurato da Gesù Cristo. Al termine di un’ampia pagina biblico-teologica (cfr.​​ SC​​ 5-7), il Vaticano II presenta la l.​​ come «l’esercizio del sacerdozio di Gesù Cristo». L’azione rituale, con il linguaggio tipico dei segni e dei simboli, è il luogo di annuncio e realizzazione dell’opera santificatrice del Padre, per Cristo, nello Spirito; l. pertanto non equivale solo a​​ rito, ma indica una realtà cui il rito stesso rinvia.​​ Per evidenziare meglio questa realtà è stata attuata la riforma liturgica nella Chiesa di rito romano, e si è rinnovata la pastorale e la catechesi. Tanto la ricca documentazione liturgica, quanto la variegata produzione pastorale e catechistica che hanno caratterizzato le Chiese locali dal Vaticano II in poi, mostrano quanto sia urgente continuare nell’impegno di​​ comprensione della l.​​ in modo da​​ educare​​ ad essa valorizzando i più diversi ambiti della vita, e secondo i ritmi del tempo. Il traguardo che dà senso ad ogni espressione cultuale, è costituito dalla​​ l. della vita,​​ cioè dal «culto spirituale» (Rm 12,1-2).

1.​​ Comprendere la l.​​ Dal momento in cui è risuonato il comando di Cristo: «Fate questo in memoria di me» la Chiesa celebra il​​ memoriale​​ della Pasqua del suo Signore non ripetendo dei riti quasi fine a se stessi, ma elevando al Padre, con il loro linguaggio, il culto spirituale: celebrato nei diversi segmenti del quotidiano, attraverso il​​ linguaggio simbolico e rituale,​​ esso è l’unico che permette, in un contesto di fede, una reale comunicazione divino-umana, e viceversa. La mediazione sacerdotale di Cristo continua ad attuare quella comunione-comunicazione portata a compimento una volta per tutte sulla Croce, perché ogni persona che si apre all’annuncio del Vangelo possa realizzare la più profonda​​ liberazione interiore​​ attraverso l’incontro reale ed efficace con il Dio della vita nella celebrazione sacramentale. I sacramenti, pertanto, attuano questo​​ incontro​​ a condizione che siano realmente​​ simboli​​ di quella volontà di​​ incontro​​ con il fratello, e di quel desiderio di​​ liberazione​​ da ogni forma di male, quali si devono attuare nel quotidiano impregnato di Vangelo.

2.​​ Un itinerario nel tempo.​​ L’esperienza di Dio Trinità non può mai essere ridotta ad un momento puntuale; essa si attua e si prolunga nel tempo secondo quei ritmi che la pedagogia liturgica ha condensato nella progressiva strutturazione dell’anno liturgico.​​ La sua articolazione è finalizzata a far vivere al fedele​​ nel tempo​​ l’esperienza misterica della Pasqua di Gesù Cristo. L’alternarsi di «tempi forti» (tempo natalizio​​ e​​ tempo pasquale)​​ e del «tempo ordinario», di solennità, feste e memorie costituisce l’occasione per una conformazione sempre più piena e totalizzante a Cristo, Uomo nuovo e perfetto. Per questo, ciò che dà significato alla dimensione​​ tempo​​ non è la successione dei giorni e delle stagioni, ma la certezza di vivere l’opera della salvezza all’interno di un ciclo naturale, in cui gli elementi «sole» e «luce» sono assunti come segni di Cristo «sole di giustizia» e «luce che non conosce tramonto». Dal momento che l’esperienza del mistero passa attraverso il rito, anche l’anno liturgico (in armonia con i ritmi quotidiani della l.​​ delle Ore) costituisce un’esperienza educativa che permette al singolo di realizzare il proprio itinerario di fede e di vita. Educare ai dinamismi del rito liturgico è pertanto cogliere i contenuti e le metodologie di uno dei linguaggi chiamati ad esprimere e a realizzare quanto racchiuso nel mistero di quel tempo che scorre dall’Incarnazione fino al suo compimento nella Parusía.

3.​​ Educare alla l. della vita.​​ Il titolo rinvia al ruolo educativo da attuare in ordine alla formazione liturgica. Dal momento in cui il Cristo ha inviato i suoi discepoli, Parola e Sacramento sono sempre stati accompagnati dall’impegno della comunità ecclesiale nell’educare all’esperienza viva e vivificante della Pasqua di Cristo. Come l’annuncio della Parola si realizza attraverso forme diverse, così la celebrazione del Sacramento richiede il supporto della formazione, della catechesi e dell’animazione. In tal modo Parola e Sacramento possono realizzare quella​​ l. della vita​​ o quel​​ culto spirituale​​ che si identifica con la libera accettazione della​​ proposta​​ divina, in attesa di una​​ risposta​​ che il rito è capace di esprimere​​ in verità​​ quando questa è già stata​​ ritualizzata nella vita.​​ Nella stessa prospettiva è doveroso ricordare che la l.​​ nel suo insieme ha la capacità innata di educare a se stessa. Infatti, mentre la Chiesa celebra, l’assemblea celebrante è educata a fare della propria vita un culto. Alla luce della Parola rivelata e annunciata nella l., i testi eucologici (= preghiere ufficiali presenti nel libro liturgico) diventano una memoria impegnativa e prospettica per chi partecipa all’azione liturgica con le necessarie disposizioni interiori. L’insieme dei linguaggi della l.​​ contribuisce, inoltre, a coinvolgere la persona nella sua totalità: tutti i sensi sono chiamati in azione, secondo il tipo di celebrazione e secondo le situazioni e i tempi liturgici. Linguaggio verbale e non verbale, unitamente alla ministerialità e al livello di fede dell’assemblea che celebra, contribuiscono non solo alla percezione esperienziale del mistero, ma anche alla sua vera e propria immedesimazione, in modo che il mistero celebrato e vissuto diventi una vera e propria mistica. In questo senso la dimensione catechetico-pastorale non può mai mancare in un itinerario educativo ordinato al vertice dell’esperienza religiosa cristiana quale si attua nel sacramento. Un percorso educativo cristiano non potrà dirsi tale se non si apre all’esperienza sacramentale, e ad essa conduce sollecitando l’operatore pastorale ad attivare tutte quelle competenze che caratterizzano il proprio ambito di ricerca, in vista di un umanesimo integrale.

Bibliografia

Aldazábal J.,​​ Vocabulario básico de liturgia, Barcelona, Centre de Pastoral Litúrgica,​​ 1994; Sartore D. - A. M. Triacca. - C. Cibien (Edd.),​​ L., Cinisello Balsamo (MI), San Paolo, 2001; Sodi M. - A. M. Triacca (Edd.),​​ Dizionario di omiletica, Leumann (TO) / Gorle (BG), Elle Di Ci / Velar, 2002;​​ Basurko X.,​​ Historia de la liturgia, Barcelona, Centre de Pastoral Litúrgica, 2006.

M. Sodi