SEMIOTICA

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SEMIOTICA

Si definisce con questo termine un’area disciplinare che si propone lo studio: a) dei segni intesi come ciò di cui l’uomo, in virtù della loro strutturale capacità di rinviare a uno o più significati, si serve per comunicare con i suoi simili; b) del testo inteso come lo spazio metodologico in cui, in virtù del ricorso a codici e strategie comunicative precisi, avviene uno scambio simbolico tra un progetto di comunicazione (enunciatore) e un programma d’uso (enunciatario); c) dell’interazione tra un testo e il suo ricettore entro un determinato contesto comunicativo.

1. Ciascuna di queste definizioni corrisponde a una delle tre grandi famiglie di teorie che lo sviluppo della s. nel nostro secolo ha prodotto; la vicenda storica della s., in tempo precedente al raggiungimento di un’autoconsapevolezza epistemologica (tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento), è di fatto più antica e ci riporterebbe prima ancora che alle riflessioni di Locke, all’intuizione del processo di significazione nella antica Stoà (sec. III a.C.). L’attenzione al segno, alla sua capacità di rinvio, al suo impiego in funzione comunicativa, è quella distintiva delle origini «scientifiche» della s. dalla riflessione di Peirce e Saussure. Il prevalere del modello di significazione proposto dal secondo – quello classico che distingue nel segno significante e significato – comporta l’iscriversi di tutta una generazione di s., la prima, entro il paradigma teorico dello​​ ​​ strutturalismo.

2. Quando lo strutturalismo entra in crisi alla fine degli anni ’60 del sec. scorso, alla prima si avvicenda una seconda generazione di teorie accomunate da una preoccupazione testualista. Critiche nei confronti di un concetto, quello di struttura, rigido e soprattutto incapace, perché non dinamico, di spiegare il funzionamento comunicativo di un testo, queste s. pensano il testo come il luogo di una contrattazione simbolica, come una macchina che produce senso ed insieme disegna il profilo del suo interlocutore. Vittime di questa reimpostazione sono idee forti delle prime s., come la convinzione dell’autosufficienza dell’oggetto significante o della reversibilità del processo di codifica. A queste s. subentra infine – ed è storia recente – una nuova generazione di s., le pragmatiche, la cui attenzione passa dal testo all’interazione e soprattutto al contesto come luogo di questa interazione.

3. Di grande interesse è lo studio della s. per chi si occupa di educazione almeno in due direzioni. In primo luogo perché l’intera area della comunicazione didattica, sia condotta in presenza che all’interno di ambienti di apprendimento on-line, richiede che venga elaborata una compiuta s. della formazione sia in ordine ai codici con cui si organizza la comunicazione (da parte dell’insegnante come dello studente) sia in relazione al​​ setting​​ che ne costituisce lo spazio naturale. In secondo luogo, la strumentazione s. è sicuramente importante perché consente all’insegnante di muoversi a proprio agio dentro la vera e propria foresta di simboli multimediali di cui è costituito il paesaggio culturale della società dell’informazione. Non saperli leggere significa condannarsi automaticamente a una scarsa efficacia educativa.

Bibliografia

Casetti F.,​​ S. Saggio critico,​​ testimonianze,​​ documenti,​​ Milano, Feltrinelli, 1977; Eco U.,​​ I​​ limiti dell’interpretazione,​​ Milano, Bompiani, 1990; Martin M.,​​ Semiologia dell’immagine e pedagogia,​​ Roma, Armando, 1990; Bonfantini M. A.,​​ Specchi del senso. Le s. speciali,​​ Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 1991; Rivoltella P. C.,​​ Teoria della comunicazione, Brescia, La Scuola, 2001; Cantoni L. - N. Di Blas,​​ Comunicazione. Teorie e pratiche, Milano, Apogeo, 2006.

P. C. Rivoltella