LAMBRUSCHINI Raffaello

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LAMBRUSCHINI Raffaello

n. a Genova nel 1788 - m. a San Cerbone (Figline Valdarno) nel 1873, educatore e pedagogista italiano.

1. Studia nel seminario di Orvieto, e dopo l’ordinazione presbiterale ricopre vari incarichi ecclesiastici prima in Umbria (subendo un periodo di esilio in Corsica) e poi presso la curia romana. Nel 1816 si ritira nella sua azienda agricola a S. Cerbone, svolgendo un’azione di sperimentazione agraria in contatto con quella del Ridolfi, e compie studi di botanica e di fisica. Fonda nel 1827, insieme a C. Ridolfi e L. de Ricci, il «Giornale Agrario Toscano», sostenendovi la necessità di una pedagogia agraria basata sul​​ ​​ mutuo insegnamento e sulla valorizzazione delle conoscenze già spontaneamente diffuse. Fonda e dirige dal 1830 l’istituto di S. Cerbone, piccolo collegio privato, facendone il laboratorio pratico della sua riflessione pedagogica e nel 1831 la scuola delle feste per gli artigiani della zona. Collabora con l’«Antologia» di Vieusseux, pubblicandovi i suoi primi scritti di carattere strettamente pedagogico, tra cui l’importante memoria​​ Sulla istruzione del popolo.​​ Intreccia un intenso scambio epistolare privato con​​ ​​ Capponi e Tommaseo, da cui emergono le sue propensioni verso una radicale riforma della Chiesa. Dirige e in larga parte scrive in prima persona la celebre «Guida dell’Educatore» (1836-1845), edita dal Vieusseux, prima rivista pedagogica italiana nel senso moderno del termine, che ha come supplemento le «Letture per i Fanciulli» (1836-1842) poi «Letture per la Gioventù» (1844-1845). I contributi del L. spaziano dalla filosofia dell’educazione alla didattica applicata. Le finalità dell’educazione sono connesse alla definizione delle qualità dell’educatore, che offre anzitutto un esempio. Seguono trattazioni sui premi e i castighi, l’educazione familiare e un trattatello​​ Delle virtù e dei vizi.​​ La «Guida» di L. ospita anche una serie di strumenti didattici che riguardano il metodo di lettura, di cui viene proposta una versione di quello sillabico, l’aritmetica, la scrittura, compreso un piccolo corso di calligrafia, e infine la grammatica, l’analisi logica e alcune elementari lezioni di lingua latina. Importanti anche i contributi sull’istruzione religiosa, con narrazioni bibliche e trattazioni sulla morale e la preghiera.

2. Pur nella forma non sistematica emerge dalla molteplicità degli scritti di L. l’affermazione della necessità che l’educazione tenga presenti tutte le dimensioni dell’uomo e la concezione della pedagogia come scienza fondamentalmente pratica e sperimentale. Sempre a L. sono dovuti il saggio​​ Sopra la necessità di scuole magistrali,​​ e il dialogo​​ Sulla libertà d’insegnamento,​​ in cui sostiene la completa libertà dell’insegnamento privato, nel contesto di una presenza pubblica all’altezza dei bisogni della generalità della popolazione. Nel 1849 ripubblica in modo organico, col titolo​​ Della educazione e della istruzione​​ (Firenze, Vieusseux, 1849), i suoi scritti apparsi sulla «Guida». Nel 1852 pubblica la prima giornata dei dialoghi​​ Della istruzione​​ (cfr. l’ediz. definitiva, Firenze, Le Monnier, 1871) che cerca di offrire una sintesi tra «buon senso» e moderne dottrine pedagogiche, tenendo insieme presenti Capponi e​​ ​​ Tommaso d’Aquino, esortando l’educatore a seguire le fasi dello sviluppo fisico e psichico dell’educando. Dopo aver chiuso il suo Istituto, svolge nel 1847-49 un significativo ruolo politico, nel gruppo di Ricasoli.

3. Nel 1859 è nominato dal Ridolfi, ministro della P. I. del governo provvisorio toscano, ispettore generale delle scuole, compiendo, in collaborazione con Buonazia, Conti e Gotti, una vera e propria rifondazione della scuola toscana, soprattutto elementare, servendosi anche della rivista pedagogica «La Famiglia e la Scuola» (1860-1861) in cui L. pubblica la seconda giornata dei dialoghi​​ Della istruzione,​​ le sue lezioni di grammatica e le sue conferenze sulle caratteristiche ideali del maestro. Nominato senatore nel 1860, rimane nell’amministrazione centrale del Ministero della P. I., come ispettore centrale per l’insegnamento elementare, svolgendo un rilevante ruolo nell’amministrazione delle scuole toscane almeno fino al 1865. Collabora al periodico «La Gioventù» (1862-1871) ed è tra i protagonisti di vivaci polemiche sull’evoluzionismo e sulla questione della lingua. È professore di pedagogia e antropologia, all’Istituto di Studi Superiori di Firenze dal 1867 e sovrintendente dello stesso Istituto. La fortuna del L. si esplica attraverso la tradizione educativa moderata toscana, l’influsso di questa su quella piemontese e, per questo tramite, sulla tradizione della scuola e della pedagogia italiana. Nel Novecento, quando L. è ormai un classico della pedagogia italiana, viene riattualizzato ad opera di Gambaro e​​ ​​ Casotti.

Bibliografia

a)​​ Fonti:​​ L.R.,​​ Riforma religiosa nel carteggio inedito di R.L., Torino, Paravia, 1923-1926;​​ Scritti politici e di istruzione pubblica, Firenze, La Nuova Italia, 1937;​​ Scritti di varia filosofia e religione, Ibid., 1939; R.L. - G. P. Vieusseux,​​ Carteggio, Firenze, Le Monnier / Fondazione Spadolini, 1997-2000. b)​​ Studi:​​ Casotti M.,​​ R.L. e la pedagogia italiana dell’Ottocento, Brescia, La Scuola, 1964; Gentili R.,​​ L.: un liberale cattolico dell’800, Firenze, La Nuova Italia, 1974; Gaudio A.,​​ Educazione e scuola nella Toscana dell’Ottocento. Dalla Restaurazione alla caduta della Destra, Brescia, La Scuola, 2001; Cambi F. (Ed.),​​ R.L. pedagogista della libertà, Reggello, FirenzeLibri, 2006.

A. Gaudio