INCULTURAZIONE
Per i. s’intende il processo educativo per cui i membri di una → cultura vengono resi coscienti e partecipi della cultura stessa.
1. In questo processo, l’individuo non è un soggetto passivo, ma accoglie i modelli e i valori culturali con il suo giudizio critico. Inoltre, nell’individuo si sviluppa una crescita continua della capacità di interpretare in maniera autonoma e personale ciò che vede o che gli viene proposto. Tutta la società si preoccupa per i giovani che sono chiamati a far parte della sua realtà e storia comune. L’i. comprende particolarmente l’assunzione del patrimonio sociale comune di conoscenze, idee, valori, norme, tecniche, modelli operativi, ecc. L’i. si coglie con maggior evidenza durante l’infanzia, quando il → bambino viene educato ad essere → uomo o → donna nell’ambito della → famiglia e dei gruppi spontanei di coetanei. All’interno del processo d’i. si può parlare di tre stadi: a) si informa l’individuo; b) si forma la sua visione mentale; c) si orienta il suo comportamento. L’informazione nutre la coscienza e l’individuo che, da creatura del tutto dipendente, diventa una persona responsabile e autonoma. Oltre ai tre stadi, c’è anche l’imitazione che è un aspetto dell’i., che appare determinante soprattutto al periodo infantile. L’imitazione però non appartiene soltanto al periodo dell’infanzia, ma continua tutta la vita e prosegue con il processo d’i.
2. Il processo di i. può avvenire in due modi: formale e informale. Secondo i sistemi propri della società, a un determinato momento del loro sviluppo, i giovani – maschi e femmine – vengono affidati a specifiche istituzioni (la → scuola) o a specifiche persone (i maestri, ecc.), ai quali si attribuisce il compito dell’i. formale. Diversa è l’i. informale, che si attua continuamente lungo tutta la vita dell’individuo. La distinzione tra i. formale e informale, pur essendo netta, non dev’essere assunta come assoluta. Per es., anche durante il processo dell’i. formale in una istituzione rigida, niente può inibire l’individuo a cogliere tutto ciò che gli si presenta in maniera informale.
3. Questa concezione di i. viene sempre più frequentemente scambiata con il termine → socializzazione. Però, la socializzazione è oggetto di studio di varie discipline scientifiche; per es., la psicologia, la sociologia ecc. e ognuna di esse le dà un significato differente, seguendo il suo punto di vista. Mentre nella prospettiva psicologica si bada ai meccanismi e ai processi evolutivi, in quella sociologica la socializzazione va studiata sulle procedure sociali che determinano la condizione sociale, individuale e collettiva. Invece, nell’ambito dell’ → antropologia culturale l’interesse per la socializzazione si svolge attorno al rapporto tra il mondo della cultura e la personalità, individuale e collettiva; a tale senso si avvicina a quello che noi chiamiamo i. Nel quadro della cultura, l’i., come anche la socializzazione, è vista da parte dell’individuo come l’insieme dei processi da acquisizione della cultura, e da parte del gruppo come il sistema di comunicazione di cultura.
4. È necessario fare una distinzione anche tra i. e acculturazione per cogliere meglio il significato dell’una e dell’altra, perché all’i. si accompagna o si sovrappone l’acculturazione. Benché per fini analitici sia possibile isolare il processo di i., non sarebbe esatto considerarlo in maniera avulsa dai contatti che una cultura ha con un’altra. Mentre l’i. riguarda la dinamica interna di una singola cultura in relazione ai suoi membri, l’acculturazione si riferisce alle relazioni esistenti tra più culture e agli effetti che derivano dai loro contatti. Ma è da notare che, essendo la cultura non statica, ma dinamica, si può dire che una delle sue costanti è il fatto di essere sempre in trasformazione. Ora tale processo da Herskovits è chiamato anche acculturazione. Nel linguaggio antropologico la parola acculturazione è in uso fin dal 1948, e si è diffusa ormai nel linguaggio anche degli storici. Tuttavia il fenomeno è stato da sempre studiato, sia pure con prospettive diverse da quelle attuali.
5. Nell’ambito pastorale i. è usato per indicare l’inserimento del cristianesimo nelle culture, sia nell’annuncio della Parola come anche nella → catechesi. Benché l’uso ecclesiale della parola i. nel 1979 fosse considerato un «neologismo», oggi non è più considerato una scelta facoltativa, ma qualifica ogni attività della missione della chiesa. Questo concetto è meglio precisato nell’attività liturgica e nella → catechesi, in quanto si tratta di un incontro dialettico fra la fede cristiana ed una cultura particolare, in cui tutte e due vengono ratificate, sfidate e trasformate o arricchite in vista del regno di Dio.
Bibliografia
Bernardi B., Uomo cultura società. Introduzione agli studi etno-antropologici, Milano, Angeli, 1977; Groome T., I.: come procedere in un contesto pastorale, in «Concilium» 30 (1994) 1, 159-176; Pace E. (Ed.), Dizionario di sociologia e antropologia culturale, Assisi, Cittadella, 1989; Nanni C., L’educazione tra crisi e ricerca di senso, Roma, LAS, 1990; Tentori T., Antropologia culturale. Percorsi della conoscenza della cultura, Roma, Studium, 1990; Roest-Crollius A., Teologia dell’i., Roma, Pontificia Università Gregoriana, 1993.
C. De Souza