DISOCCUPAZIONE GIOVANILE

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DISOCCUPAZIONE GIOVANILE

Limitando l’area di osservazione alle dimensioni europee della d.g., si rileva un primo elemento quantitativo diversificante: l’incidenza della d. di coloro che hanno meno di 25 anni e la portata dei suoi problemi variano notevolmente tra gli Stati membri della Unione Europea. «Il problema è particolarmente sentito in Italia, dove, nel maggio 1994, oltre la metà dei disoccupati era al di sotto dei 25 anni, anche se tale cifra risultava considerevolmente inferiore a quella registrata nel 1985, quando superava il 60%» (Commissione europea, 1994, 147).

1. Al di là di adeguate precisazioni sulle variazioni quantitative del fenomeno (decremento del tasso di natalità, permanenza prolungata o parcheggio nei sistemi formativi) e sulle indiscusse caratteristiche strutturali del medesimo, occorre rilevare come si sia attualmente più attenti a collegare le analisi economiche a quelle sociali e, per quanto attiene la d.g., alle situazioni problematiche della transizione dei​​ ​​ giovani alla vita attiva. Le categorie dei giovani dai 15 ai 29 anni, nella crisi strutturale dell’occupazione delle società industrializzate, vivono infatti esperienze personali diversificate per condizionamenti oggettivi e soggettivi, a cui si sommano spesso i ritardi e i limiti degli interventi istituzionali rivolti a discriminare positivamente le categorie svantaggiate culturalmente, socialmente, economicamente (giovani del Sud, ragazze, emigranti, disadattati,​​ drop-out...).

2. Nei Paesi del Nord Europa, come nel caso della Francia, le conclusioni di recenti indagini sulla situazione dei giovani disoccupati individuano due modelli estremi di precarietà giovanile. Il primo, riferito a giovani che si presentano sul mercato del lavoro con il solo titolo della scolarità dell’obbligo, si caratterizza per una situazione di «differimento subito» della tradizionale istantaneità e contemporaneità del reperimento di un’occupazione-matrimonio-autonomia dalla famiglia di origine. Un secondo modello, tipico dei giovani che dispongono di un titolo di livello secondario generico o con professionalità limitata, rivela situazioni di «istituzionalizzazione della precarietà», che potrebbero instaurare un processo di fissazione o di regresso rispetto al responsabile inserimento nella vita adulta.

3. Nei Paesi del Sud Europa le ricerche rilevano situazioni più diversificate, da cui non sono estranei i modelli culturali interiorizzati dai giovani durante il positivo o negativo percorso scolastico-formativo, la configurazione del mercato locale del lavoro, l’incidenza degli interventi normativi e legislativi rapportati a particolari situazioni di ragazze e ragazzi svantaggiati. Rispetto al ruolo del sistema scolastico, la sesta indagine Isfol sui «percorsi giovanili di studio e lavoro» conferma i risultati di varie ricerche rilevando come il sistema scolastico italiano, in tutte le sue articolazioni, tende a sovradimensionare le aspettative di inserimento-successo-soddisfazione professionale dei giovani, accanto ad un servizio insufficiente di orientamento, nonché ad un processo di selezione a più stadi di tipo non solo meritocratico, ma determinato dall’ambiente sociale e culturale di appartenenza, al quale si accompagna, però, una certa nuova tendenza dei giovani ad effettuare scelte formative in funzione (o in vista) di un dato progetto o obiettivo professionale, anche se realizzabile da una ristretta fascia giovanile (Isfol, 1989).

4. Quanto alla configurazione del mercato locale del lavoro, i risultati delle ricerche confermano empiricamente un ampliamento concettuale dell’occupazione / d.g., evidenziando un​​ continuum​​ di situazioni e di ruoli assunti da un medesimo soggetto, con conseguenti forme di lavori saltuari o precari assunte perlopiù da studenti che cercano poco attivamente lavoro e da quanti lo cercano ma ne accettano solo di un certo tipo, rifiutando ogni altra opportunità (Zucchetti, 1991).

5. Infine, nel raffronto tra le iniziative legislative e le politiche dell’Unione Europea – più orientate a sostenere e qualificare l’apprendistato (​​ formazione professionale), i contratti a tempo parziale, i contratti formazione / lavoro si constata in Italia il prevalere della tendenza ad affidare le soluzioni di tali problemi ad interventi settoriali o alle dinamiche del mercato del lavoro sia ufficiale, sia informale o sommerso (Censis, 1987). Le prospettive di contenimento, più che di soluzione, del problema della d.g., soprattutto in Italia, sembrano richiedere sia interventi complessivi ed articolati, che segnino un superamento della fase dell’emergenza, sia il potenziamento di strategie di progetto.

6. Tra la fine degli anni 2000 e l’inizio del nuovo millennio si sono registrati in Italia un aumento costante dell’occupazione e una riduzione corrispondente della d. e questo per effetto della vitalità e maggiore flessibilità del sistema (Censis, 2006). A sua volta, la d.g. (gruppo di età 15-24 anni) cala dal 27, 1% del 2002 al 20, 6% del 2006; come si vede, anche se il progresso è notevole, tuttavia l’entità del fenomeno rimane sempre grave in quanto il tasso si colloca intorno a un quarto della popolazione. Il dato inoltre presenta una notevole variabilità e il problema riguarda maggiormente le femmine, il Sud e i laureati. Nel confronto con gli altri Paesi dell’Europa, se è vero che l’Italia presenta una bassissima propensione al lavoro che la svantaggia nella competizione con gli altri Stati, è anche vero che al 2005 il tasso di d. era inferiore alla media europea.

Bibliografia

Cavalli A.,​​ La gioventù: condizione o processo?,​​ in «Rassegna Italiana di Sociologia» 21 (1980) 519-542; Censis,​​ Rapporto sulla situazione sociale del Paese,​​ Milano, Angeli, 1987; Isfol,​​ Percorsi giovanili di studio e lavoro, Ibid., 1989; Zucchetti E.,​​ Approccio locale al mercato del lavoro,​​ in «Professionalità» 11 (1991) 2; Commissione Europea,​​ L’occupazione in Europa 1994,​​ Lussemburgo, Comunità Europee, 1994; Minardi E.,​​ Dove va il lavoro in Italia, Faenza, Homeless Book, 1999; Censis,​​ 40° rapporto sulla situazione sociale del Paese. 2006, Milano, Angeli, 2006.

P. Ransenigo