PRATICHE EDUCATIVE

image_pdfimage_print

 

PRATICHE EDUCATIVE

Le p.e. sono forme coerenti e complesse di p. umana collaborativa, attuate in un contesto sociale, caratterizzate da specifica intenzionalità formativa. Una p.e. è di conseguenza guidata teoreticamente, storicamente e culturalmente da ideali di bene da perseguire in favore di coloro ai quali è rivolta (Pellerey, 1999) e si distingue da p. umane di altro tipo per la coerenza che segue rispetto alla definizione di​​ ​​ educazione dalla quale trae ispirazione.

1. Le p.e. possono descrivere il senso della cultura civile di un gruppo, di una società, di una popolazione, di una nazione. Ad es., P. Freire (2004) sottolinea come la p.e. esige dei saperi necessari e obbliga a rivisitare l’etica e l’estetica dell’insegnamento, l’«agire» educativo, il rigore metodologico, la ricerca, il rispetto delle diversità etniche e culturali, l’accettazione della novità e della critica… per affermare che questi aspetti si ritrovano nella fase di osservazione della p.e. stessa. In altre parole, più semplicemente, l’espressione «p.e.» si usa in senso generale per indicare l’attività in quanto insieme di azioni e di influenze di insegnamento, condotta da un insegnante a favore di studenti in un luogo per un certo periodo di tempo, al fine di promuovere lo sviluppo e la crescita di abilità, comportamenti, conoscenze.

2. Spesso le buone p.e. seguono modelli (sistemi o metodi) educativi di riferimento all’interno dei quali si possono individuare concetti e principi che riguardano livelli logici differenti che coinvolgono il piano scientifico, quello operativo o progettuale, ecc. Tra le espressioni che possono assumere un significato analogo a p.e. si trovano il «fare educativo» o il «fatto educativo». Inoltre non è infrequente sentire trattare di p.e. quando una istituzione scolastica indica le prassi, le consuetudini, le tradizioni e le innovazioni che la caratterizzano. In tal contesto si producono p.e. nel significato di documentazione di qualità che spesso una istituzione di tipo scolastico o formativo ritiene importante ai fini della propria certificazione, autovalutazione o promozione.

3. In ultima analisi l’espressione «p.e.» per alcuni può essere impropriamente usata per descrivere e presentare esperienze didattiche o metodologie che rispondono a requisiti di qualità svolte in un contesto istituzionale. Questo significato negli ultimi anni è stato talvolta anche attribuito all’espressione «buone prassi», o «buone p.» (best practices), che soprattutto all’interno di una struttura pone un accento particolare agli aspetti più di cultura organizzativa, di collaborazione tra esperti in didattica o in metodologica di successo.

Bibliografia

MacIntyre A.,​​ After virtue.​​ A study in moral Theory,​​ Notre Dame, University of Notre Dame Press, 1981; Guardini R.,​​ Le età della vita. Loro significato educativo e morale, Milano, Vita e Pensiero, 1986; Pellerey M.,​​ L’agire educativo. La p. pedagogica tra modernità e postmodernità, Roma, LAS, 1988;​​ Meirieu P.,​​ Le choix d’éduquer, Paris,​​ ESF, 1991; Macario L.,​​ Imparare a vivere da uomo adulto. Note di metodologia dell’educazione, Roma, LAS, 1993; Meirieu P.,​​ La pédagogie entre le dire et le faire, Paris, ESF, 1995; Lombardo P.,​​ Educare ai valori, Verona, Vita Nuova, 1996; Pellerey M.,​​ Educare. Manuale di pedagogia come scienza pratico-progettuale, Roma, LAS, 1999; Milani L.,​​ Competenza pedagogica e progettualità educativa, Brescia, La Scuola, 2000; Freire P.,​​ Pedagogia dell’autonomia,​​ Torino, Ega, 2004.

M. Bay