UTOPIA
Dal gr. ou (non) e tópos (luogo); letteralmente «non luogo», «luogo che non esiste». Così Tommaso Moro (1480-1535) intitolò la sua opera, che descriveva uno stato ideale dove vigeva una perfetta uguaglianza economico-giuridica.
1. Il pensiero utopico costituisce un filone che esprime la radicale nostalgia umana per situazioni vitali desiderate o per speranze di forme di vita considerate rispondenti alle aspettative umane profonde, disattese dagli assetti sociali esistenti. In tal senso gli scritti utopici si presentano come suggestioni o progetti ideali per un futuro «a misura umana». L’attuale clima di «tramonto delle ideologie» e delle grandi narrazioni relative al senso globale della vita, fa parlare anche di «fine dell’u.». Del resto già nel corso della storia si sono avute forme di «anti-u.» (o «distopia») in nome di una razionalità aderente ai fatti e contro fughe in vagheggiamenti irreali. Peraltro è noto come K. Mannheim (nel suo saggio del 1929, Ideologia e u.) distingueva u. da → ideologia. Rispetto a questa l’u. è tipica delle classi in ascesa, è presa di coscienza, denuncia di ingiustizia e anticipazione di una nuova società. In ogni caso l’u. spesso manifesta in forma radicale e semplificata problemi reali o ipotesi anticipatrici da assoggettare a controllo scientifico; e per altro verso esprime «il di più» e «l’oltre» che la scienza stessa suggerisce.
2. Nella letteratura utopica l’educazione gioca sempre un ruolo primario anche se per lo più ridotta a formazione del cittadino o peggio a conformazione ai modelli utopici di vita proposti. In tal senso, A. Huxley, nel suo Il mondo nuovo, assimilava le indicazioni educative degli utopisti al condizionamento dei comportamentisti più rigidi. Tuttavia è interessante notare che nei saggi utopici l’ → educazione è vista per lo più come fatto globale, non solo scolastico, opera della comunità intera in tutte le sue componenti ed espressioni di vita (abitazioni, relazioni sociali, vita quotidiana, lavoro, studio, sport, gioco, discussioni) e concomitante a tutta la vita, non solo nella giovinezza. In tal senso i saggi utopistici anticipano concetti tipici della pedagogia contemporanea (→ educazione permanente, educazione formale, non formale e informale, società educante, l’educazione «al femminile»).
3. Tra le u., converrà ricordare quelle più direttamente pedagogiche: prima tra tutte l’Emile di → Rousseau (il cui radicale spontaneismo naturalistico non è però senza una pianificazione globale della formazione) e sul fronte opposto l’anti-u. di Walden Two di → Skinner (in cui il futuro dell’umanità è affidato ad un ferreo condizionamento del comportamento).
Bibliografia
Colombo A. (Ed.), U. e distopia, Milano, Angeli, 1987; Kumar K., U. and anti-u. in modern times, Oxford, Blackwell, 1991; Fest J., Il sogno distrutto: la fine dell’età delle u., Milano, Garzanti, 1992; Habermas J., Dopo l’u., Venezia, Marsilio, 1992; Di Sante C., La rinascita dell’u., Roma, Edizioni Lavoro, 2000; Servier J., Storia dell’u., Roma, Edizioni Mediterranee, 2002; Comparato V., U., Bologna, Il Mulino, 2005; Iglesias M. del C., Razón, sentimiento y utopía, Barcelona, Galaxia Gutenberg, 2006.
C. Nanni