SOGGETTI DELL’EDUCAZIONE

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SOGGETTI DELL’EDUCAZIONE

Termine di uso piuttosto recente nel discorso pedagogico. Con esso s’intende mettere in luce la parte attiva e la responsabilità personale degli interventi volti alla promozione e alla qualificazione umana individuale e comunitaria.

1.​​ La referenza filosofica e storico-culturale.​​ Il termine s. (dal lat.​​ subiéctum,​​ che traduce il gr.​​ hypokéimenon​​ = «ciò che sta sotto») in ambito filosofico sta per «ciò che è sotteso alle determinazioni che lo specificano». In tal senso largo è sinonimo di ogni realtà, in quanto «sostanza» con i propri «accidenti» ed in quanto tale predicabile e pensabile. Ma il vocabolo ha un’accezione «forte» nelle realtà personali; significa, infatti, il termine di riferimento dell’imputabilità etica e della responsabilità di quanto è messo in atto, così come degli effetti di esso. Da Kant in poi s. è sinonimo di​​ io,​​ di​​ autocoscienza attiva e creativa,​​ condizione di possibilità del pensare, dell’agire e del giudicare, anche se ne afferma la pura «noumenicità» teorica: infatti è solo pensabile, non conoscibile. È, cioè, tale che non si riesce razionalmente ad affermarlo come esistente nella sua realtà profonda. Se ne «postula» tuttavia l’esistenza in sede di giustificazione dell’agire pratico. È nota la radicalizzazione idealistica del s., visto come assoluta attività creatrice, che pone se stesso e il mondo, come atto puro, principio immanente di tutto il reale e del divenire storico. Ma è pure nota la sua progressiva dissoluzione nel pensiero contemporaneo, in cui il s. è ridotto a funzione (Husserl), a principio di trascendenza rispetto al mondo (Heidegger), ad attività che «nullifica» l’essere (Sartre), a maschera di impulsi vitali (Nietzsche), a effetto di superficie dominato da leggi e strutture che lo superano da ogni parte (strutturalismo), a destrutturato gioco pirotecnico di pulsioni e di desideri (post-strutturalismo e neo-nichilismo). Simile è l’immagine del s. anche nella letteratura contemporanea e nel cinema. La tendenza neo-umanistica degli ultimi tempi cerca, in vario modo ed in maniera interdisciplinare, di riaffermare la consistenza del s., contro ogni sua dispersione nell’anonimato irresponsabile e nel gioco alienante dei processi storici produttivi e politici. Il marxismo ha riletto il termine s. in chiave storico-materialistica e collettivistica. Sicché si è parlato di s. sociali che fanno la storia: dal proletariato, al partito, alle donne, ai giovani, ai popoli diseredati del terzo mondo, ecc. Oggi emerge decisamente un tipo di soggettività individual-liberale ai limiti del soggettivismo e dell’individualismo.

2. In alternativa a «destinatari» ed «utenti».​​ Nel discorso pedagogico contemporaneo s. è usato in alternativa a​​ destinatario.​​ L’educando è visto come il termine dell’intenzionalità formativa e degli interventi degli educatori e del sistema sociale di formazione; ma con ciò si rischia di ridurlo ad oggetto e a «campo» della preoccupazione e dell’azione educativa. Parlare di s. significa, invece, dar risalto alla dimensione attiva dell’​​ ​​ educando nel processo formativo e riconoscerne il protagonismo, vale a dire l’essere causa prima efficiente – per dirla in termini tradizionali – della propria educazione; rispetto a cui ogni altro intervento sarà sempre nell’ordine delle cause efficienti cooperative e / o strumentali. Similmente è con il termine​​ utente / i,​​ utilizzato in sede sociologica o di politica economica, ad indicare gli educandi in quanto hanno diritto di usufruire e fanno uso dei «servizi» sociali di formazione. Questa prospettiva rischia di equiparare gli educandi e le loro famiglie a «clienti». Ora, invece, con il termine s. si allude ad una loro qualificazione di «cittadini» a pieno diritto, che collaborano corresponsabilmente e partecipano all’impegno sociale di formazione, visto come processo di qualificazione umana del corpo sociale in genere e di ciascun membro di esso, come produzione della cultura comunitaria e come costruzione di una convivenza giusta e democratica.

3. S.d.e. come agenti del sistema dell’educazione.​​ Il plurale fa riferimento ad una coscienza pedagogica – qual è quella contemporanea – resa vigile e critica dal vasto​​ ​​ pluralismo che caratterizza la vicenda storica contemporanea. In tal senso 1’​​ ​​ educazione, come risultato e come processo, è vista come opera sinergica di intenzionalità ed azioni molteplici ed interagenti (e, purtroppo, spesso tra loro contrastanti e contraddittorie). Sotto questo profilo, l’espressione s.d.e. è avvicinabile a quella di​​ agenti educativi,​​ che tuttavia sembra porre l’accento sul solo agire e non anche – come la terminologia s.d.e. – sull’autoresponsabilità personale. L’​​ ​​ azione educativa fa riferimento per lo più a forme partecipate di responsabilità. Ciascuno ne deve rispondere per quanto e nella misura che gli compete, ma non è mai del tutto vanificata nell’anonimato sociale. In tal senso parlare di s.d.e. è un modo anche per riferirsi alle molte figure di​​ ​​ educatore e alle diverse​​ ​​ istituzioni educative.

Bibliografia

Thomae H.,​​ Conflitto,​​ decisione,​​ responsabilità,​​ Roma, Città Nuova, 1978; Ducci E.,​​ L’uomo umano,​​ Brescia, La Scuola, 1979; Bertin G. M. - M. Contini,​​ Costruire l’esistenza,​​ Roma, Armando, 1981; Chistolini S. (Ed.),​​ Cittadinanza e convivenza civile nella scuola europea, Ibid., 2006.

C. Nanni