QUINTILIANO Marco Fabio
Vissuto tra il 35 / 40 e il 95 d.C., retore romano, n. a Calahorra in Spagna.
1. Vita. Dopo aver compiuto gli studi a Roma esercita in Spagna l’insegnamento della Retorica. Condotto a Roma dall’imperatore Galba nel 68, è il primo maestro di Retorica stipendiato dallo Stato. È pure educatore dei pronipoti dell’imperatore Domiziano. Corona il suo insegnamento con la pubblicazione della Institutio oratoria, l’opera che gli assegna un posto di particolare importanza nella storia dell’educazione umanistica.
2. L’ideale dell’oratore. Q. è uno dei più fedeli interpreti di quell’ideale di Humanitas, che ha nell’Orator il suo paradigma più completo, e che alla tradizionale virtus romana associa l’apporto determinante della → paideia greca. Continua così la tradizione di cui fu grande maestro → Cicerone (che Q., Inst. 10,1,112, dice non più solo nome di una singola persona, ma della stessa oratoria). È importante il contributo di Q. per il concetto stesso di Orator, vale a dire per la dignità, la figura culturale e morale, la missione che gli è affidata. In lui Q. vuol raggiungere, per quanto umanamente possibile, la perfezione della formazione («Oratorem instituimus illum perfectum... qualis fortasse nemo adhuc fuerit»). Per questo torna ripetutamente sulla completezza della sua formazione, accentuandone singolarmente due aspetti, ritenuti inscindibili, che perciò entrano nella stessa definizione dell’Orator: quello culturale (vir vere sapiens), che fiorisce nell’arte oratoria (dicendi eximia facultas) e quello etico (omnes animi virtutes; ratio rectae honestaeque vitae); anzi con una esigenza prioritaria della componente etica, tanto da ritenere che la stessa oratoria o sia virtù, o non sia neppure oratoria. Rivendica così per l’Orator alcune caratteristiche che, in particolare gli stoici, attribuivano ai filosofi. Ciò è visto anche come un’esigenza della missione sociale che, secondo Q., compete all’Orator e che, con una certa enfasi, sintetizza così: «regere consiliis urbes, fundare legibus, emendare iudiciis». La sua concezione della dignità dell’Orator e della stessa oratoria ci fa paragonare la posizione di Q. nella Roma del I sec. d.C. a quella di Isocrate nell’Atene del IV sec. a.C.
3. La formazione dell’oratore. L’oratoria, così considerata, costituisce la meta dell’educazione nella quale Q. si sente personalmente impegnato. Passati i tempi della Repubblica, in cui l’impegno politico dell’oratore era più immediato, e la formazione avveniva (come ci dice Tacito, Dial. 34) nel contatto con i più famosi oratori nel vivo della lotta (pugnare in proelio disceret), ora è la scuola la palestra di quella formazione. Ma, oltre che essere meta, l’oratoria, liberata dal formalismo e dedita ai grandi valori, è per Q. anche dotata di per se stessa di una eccellente forza educatrice. Proprio in questa dimensione educativa Q. ci lascia l’eredità più preziosa. Un primo rilievo da fare è la visione globale e unitaria della formazione dell’oratore, che porta Q. a valorizzarne tutte le fasi; per cui non si accontenta di presentarci la metodologia dell’insegnamento della Retorica, che pure occupa la maggior parte della Institutio oratoria, ma si preoccupa anche della formazione precedente, come pure della fase ultima della vita dell’oratore, in cui, oltre a dar risalto all’influsso costante della sua saggezza, suggerisce anche un prezioso coronamento come educatore a sua volta dei giovani. In questo quadro unitario cogliamo l’originalità di Q. nell’importanza data all’educazione nell’infanzia, che vede come condizione indispensabile alla stessa formazione dell’oratore (minora illa sed quae si neglegas non sit maioribus locus / Proem.). Nell’infanzia evidenzia la malleabilità della natura, la forza e la persistenza delle prime impressioni. Di qui l’importanza dei primi anni; la fiducia nelle capacità della natura (pater de nato filio spem optimam capiat); la ricerca anche di una metodologia adatta attraverso il gioco; la scelta, per qualità morali e culturali, delle persone che si occupano del bambino; la stessa istanza sull’importanza della vita familiare e dell’influsso che essa esercita sulla prima educazione, destinato a durare tutta la vita. La fiducia nella natura umana (di rado totalmente refrattaria all’azione dell’educazione) si associa alla considerazione dell’arte dell’educazione. Essa non può essere efficace se non basandosi sulle doti di natura in ogni singolo individuo. Conoscerle e adeguarvisi è compito del maestro. Nella relazione maestro-discepolo va cercata anche la risposta di Q. al problema della disciplina: la formazione dell’oratore non può venire che dall’azione concorde del maestro e del discepolo. Ciò si estende a un altro settore, in cui Q. si mette intenzionalmente in contrasto con una prassi da molti giustificata: quella delle punizioni corporali. Vi si oppone energicamente non solo perché essa può ottenere l’effetto contrario a quello voluto (cioè provocare odio anziché amore allo studio); ma in considerazione della dignità personale dell’alunno («in aetatem infirmam et iniuriae obnoxiam nemini debet numium licere»). Osserva pure che ciò può dipendere dalla cattiva scelta dei maestri. Un ultimo rilievo circa la scuola è la preferenza da Q. attribuita alla scuola pubblica su quella familiare, per il vantaggio offerto dal confronto con altri compagni, per il diverso dinamismo della vita scolastica, per lo stimolo dell’emulazione usata anche come mezzo disciplinare.
4. Incidenza e risonanza. L’influsso esercitato da Q. si estende a tutta la successiva pedagogia umanistica. A lui si ispira s. → Girolamo nella sua Lettera a Leta sull’educazione della figliola Paola. In particolare costituisce un punto di riferimento privilegiato degli Umanisti rinascimentali nel loro ritorno alla classicità. Sulla sua Institutio oratoria si basa soprattutto → Guarino Guarini nella sua organizzazione della scuola umanistica del ’400.
Bibl: a) Fonti: Q., Institutio oratoria. Ediz. con testo a fronte a cura di A. Pennacini, Torino, Einaudi Gallimard, 2001, 2 voll. b) Studi: Cerruti F., Una trilogia pedagogica ossia Q., Vittorino da Feltre e don Bosco, Roma, Scuola Tip. Salesiana, 1908; Gerini G. B., Le dottrine pedagogiche di Cicerone, Seneca, Q., Torino, Paravia, 1914; Cousin J., Études sur Quintilien, 2 voll., Paris, 1936; Bianca G., La pedagogia di Q., Padova, CEDAM, 1963; Galino M. Á., Historia de la educación. Edades antigua y media, Madrid, Gredos, 1988.
M. Simoncelli