DIVERTIMENTO
Le moderne enciclopedie definiscono ancora oggi il d. in rapporto a ciò che serve a svagare, a distrarre, a rallegrare lo spirito, a sollevare l’animo dalle cure quotidiane, dalle fatiche del lavoro, dalle preoccupazioni.
1. Dal punto di vista storico-fenomenologico, in realtà ogni civiltà ha saputo creare da sempre i propri «spazi» per divertirsi: i greci con le olimpiadi, i romani con i circenses, i medioevali con i tornei. Ai giorni nostri le occasioni per divertirsi sono espresse in variegate forme, contesti e dimensioni: si va dai d. che si possono fare nella privacy della propria abitazione alle palestre e ai ben attrezzati campi da gioco, dalla stampa ai programmi televisivi fino all’utilizzo di sofisticati software informatici, dall’ascolto individualizzato della musica alle discoteche / balere e ai concerti in piazza, dalle scampagnate al turismo organizzato, dalla partecipazione ad un gruppo informale di amici ai d. di massa. A seconda dei casi, quindi, il d. può essere suddiviso in base a differenti settori e bacini d’utenza; prolificano le associazioni ed i clubs con l’unico scopo di far divertire; l’organizzazione di feste e di spettacoli di massa rientra sempre più nei piani e nei bilanci delle amministrazioni pubbliche e degli Enti patrocinanti. Da quando c’è più tempo per divertirsi l’«industria del d.» ha moltiplicato le opportunità a tal punto da diventare un settore trainante dell’economia, della cultura e dell’immagine stessa di una società o di un Paese.
2. Dal canto suo, la sociologia ha predetto da anni l’avanzare di una «civiltà del d.», i cui macrofenomeni emergenti sono dati dalla diffusione del → consumismo, dalla universalizzazione dei prodotti attraverso la produzione di massa, dalla commercializzazione delle informazioni su base mass-mediale. Ma la gente si diverte davvero, ed inoltre si può considerare il d. un fattore fine a se stesso? Nell’inquadrare il fenomeno dal punto di vista psico-pedagogico, la concezione edonistico-evasiva del d. appare del tutto riduttiva, soprattutto se considerata in funzione delle potenziali opportunità formative che può offrire il d. Autori come J. Dumazedier tendono infatti a superare tale visione per inquadrarlo nell’insieme delle occupazioni circoscritte al tempo libero alle quali l’individuo si dedica sia per riposarsi e per svagarsi, ma anche per cogliere l’opportunità di formarsi, di partecipare alla vita sociale, di sviluppare le proprie capacità di libera espressione. Che differenza c’è allora tra il d. ed il → tempo libero? Effettivamente risulta difficile operare una distinzione tra i due concetti dal momento che il tempo libero ingloba anche il d., ed entrambi risultano strettamente correlati al fattore «tempo»: con l’aumentare del tempo libero e con il suo espandersi a livello di massa si sono moltiplicate parallelamente anche le occasioni (e / o le ragioni) per consumarlo divertendosi.
3. Tutto ciò richiama all’urgenza di intervenire in questo settore anche con delle proposte «formative». È questo il motivo per cui oggi il d. non può più essere considerato un semplice «momento accessorio» della società attuale, ma ne rappresenta piuttosto una funzione di vitale importanza in quanto è in grado di incidere e di contribuire alla trasformazione della stessa giocando al suo interno un proprio ruolo protagonista, facendosi cioè «spazio» e «momento» educativo. A questo punto il tentativo di inquadrare il d. in una «dimensione formativa» si fa tanto più urgente quanto maggiori sono le occasioni della sua espansione a livello di massa. Spetta adesso agli educatori riuscire ad occupare un tale spazio affinché diventi anch’esso un’«occasione-per-educare» (e non solo per divertire), riscoprendone i valori autentici di raccordo con la «qualità della vita», ed evitando al tempo stesso di relegarlo alla semplice funzione catartica di sfogo / evasione dai problemi del quotidiano.
Bibliografia
Huizinga H., Homo ludens, Torino, Einaudi, 1968; Johannis T. B. Jr. - C. Neil Bull (Edd.), Sociology of leisure, Beverly Hills / London, Sage, 1971; Friedman M. et al., Gli ideali educativi. Saggi di storia del pensiero pedagogico, Brescia, La Scuola, 1972; Dumazedier J., Sociologia del tempo libero, Milano, Angeli, 1985; Piccinelli R., Guida al piacere e al d., Ancona, EXA Media, 2005.
V. Pieroni