BULLISMO
Il termine italiano b. viene dalla parola inglese bullying (tiranneggiare), termine usato nella letteratura internazionale per connotare il fenomeno delle prepotenze tra pari in un contesto di gruppo.
1. Definizione e descrizione del fenomeno. «Il b. consiste nella messa in atto di comportamenti aggressivi, offensivi, umilianti, tendenti all’isolamento ed alla ridicolizzazione, ripetuti costantemente da uno o più alunni (i bulli) nei confronti di un compagno di solito più debole o diverso in qualche caratteristica (la vittima) al cospetto di altri compagni (i testimoni) che si divertono per l’aggressione, incitando i bulli a continuare oppure facendo finta di niente, mantenendo il silenzio e l’omertà» (Mariani, 2005, 75). Secondo questa definizione per poter parlare di b. ci devono essere tre attori: a) il bullo, b) la vittima, c) i testimoni. I coetanei possono assumere, all’interno del gruppo, ruoli diversi, ponendosi dalla parte del bullo, intervenendo a sostegno delle vittime o rimanendo semplici osservatori. C’è anche da sottolineare che si instaura una sorta di complementarità tra bullo e vittima, in quanto quest’ultimo non è in grado di porre fine al sopruso, anzi lo alimenta con i suoi comportamenti goffi e maldestri. I bulli possono essere di tre tipi: a) Il bullo aggressivo: tale soggetto è aggressivo su chiunque possa essere identificato come vittima e non si preoccupa minimamente delle conseguenze del suo comportamento. È impulsivo, è favorevole alla violenza, ha un forte desiderio di dominare gli altri, è molto forte sia psicologicamente che fisicamente, è del tutto insensibile ai sentimenti degli altri ed infine ha un’elevata stima di sé. b) Il bullo ansioso: tale categoria di soggetti ha più problemi di qualsiasi altro bullo o vittima, condividendo molte delle caratteristiche di quest’ultima. Infatti è sia ansioso che aggressivo, è insicuro di sé, e spesso se la prende con ragazzi più grandi e più forti di lui. c) Il bullo passivo: in quest’ultima categoria di bulli rientrano tutti quegli individui che affiancano il leader. Lo fanno per due motivi principali: il primo è per proteggere se stessi, il secondo è per avere lo status di appartenenza al gruppo (Marini - Mameli, 1999, 63). Anche la vittima fa parte del «sistema»: ha la funzione del «capro espiatorio». È un / a ragazzo / a che evidenzia difficoltà nel difendersi e si trova in una situazione di impotenza nei confronti di coloro che lo / a molestano. Presenta elevati livelli di ansia e insicurezza, scarsa autostima; tende ad essere più debole dei coetanei e più preoccupato per l’incolumità fisica. Vi è anche la categoria di vittima provocatrice che è una combinazione di modelli reattivi, ansioso ed aggressivo.
2. L’intervento. Per risolvere o modificare il fenomeno del b. sono necessari interventi ad hoc. Il compito degli insegnanti è quello di intervenire precocemente per modificare comportamenti che tendono a cronicizzarsi. È importante sviluppare una collaborazione tra insegnanti, educatori e famiglia (sovente causa iniziale della violenza del bullo). Ma è soprattutto decisivo lavorare sul gruppo-classe. Ci sono esercizi che aiutano gli alunni a prendere coscienza della grave ingiustizia che si sta perpetrando, dei problemi che essa maschera, delle possibilità che hanno di risolvere, cooperando, i loro problemi. Esistono delle tecniche specifiche per aiutare i bulli a ridurre la loro violenza e altre per sostenere la vittima e farle acquisire delle competenze per reagire più adeguatamente. Sono ormai collaudati i «Circoli di Qualità» (CQ) che hanno una metodologia specifica per affrontare il problema. L’importante è che la scuola, di fronte a tale fenomeno, non lo neghi o lo banalizzi. Essa deve reagire con una serie di provvedimenti anti-b. Se non ha un esperto, può acquisirlo dall’esterno, per esempio uno psicologo specializzato sull’argomento. Poco opportuna appare invece la presenza di un tutore dell’ordine.
Bibliografia
Olweus D., B. a scuola. Ragazzi oppressi, ragazzi che opprimono, Firenze, Giunti, 1996; Fonzi A., Il b. in Italia: il fenomeno delle prepotenze a scuola dal Piemonte alla Sicilia. Ricerche e prospettive d’intervento, Ibid., 1997; Marini F. - C. Mameli, Il b. nelle scuole, Roma, Carocci, 1999; Sharp S. - P. K. Smith, Bulli e prepotenti nella scuola: prevenzione e tecniche educative, Trento, Erickson, 2000; Lawson S., Il b.: suggerimenti per genitori ed insegnanti, Roma, Editori Riuniti, 2001; Mariani U., Alunni cattivissimi: come affrontare il b., l’iperattività, il vandalismo ed altro ancora, Milano, Angeli, 2005; Di Sauro R. - M. Manca, Strategie di intervento e prevenzione del b. in adolescenza, Roma, Edizioni Kappa, 2006.
G. Vettorato