VIOLENZA

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VIOLENZA

La v. è in genere descritta come un tratto costitutivo della natura umana; dal punto di vista sociologico essa è fatta derivare dai conflitti; dal punto di vista psicologico è descritta come espressione della​​ ​​ aggressività.

1. È dunque considerata come momento reattivo degli individui di fronte a minacce esterne o​​ ​​ frustrazioni interne, tanto da impegnare l’interpretazione della aggressività interpersonale e della v. sociale (le guerre) come eventi riequilibratori dei conflitti. Ambedue le letture sono deboli sul piano teorico. L’aggressività concepita come tendenza, presente nel comportamento e nella fantasia, finalizzata alla etero ed auto-distruzione (per affermazione del sé) nel percorso frustrazione-aggressività-v. è messa in discussione da​​ ​​ Lewin, R. Lippit e R. K. White (1939) che demistificano la positività dell’effetto catartico conseguente allo scarico della tensione. Le ricerche etologiche mostrano poi che l’aggressività, per come è usualmente intesa dall’uomo, nel mondo animale non esiste. Lorenz (1976) libera la tendenza all’azione antagonista dai contenuti di aggressività distruttiva (per come sono psicologicamente vissuti dall’uomo) vedendoli come finalizzati alla conservazione della vita e del territorio.

2. Il​​ ​​ conflitto sociale è analizzato come il fulcro attorno a cui gravitano gli eserciti, la v. istituzionale ed i processi di guerra come strumento di difesa. Non risolto esso genera v. espressa con distruttività in ragione della potenza delle macchine belliche. Il criterio che alimenta l’espansione degli eserciti e delle guerre è paradossalmente quello della pace: la guerra infatti viene celebrata come strumento per la realizzazione della pace giusta, negando l’evidenza delle divisioni sociali e delle tensioni internazionali che sono sempre conseguenza dei conflitti. Quasi mai un conflitto genera pace con soddisfazione: la pace che si instaura, secondo R. Aron (1970), è in genere o pace fondata sul terrore e sull’impotenza o pace fondata sulla potenza (pace d’equilibrio, pace egemonica, pace imperiale).

3. Nella discussione sulla v. acquista un significato di rilievo l’analisi della v. esercitata dalle bande giovanili. Negli stili di vita violenti si riscontra il fallimento di un processo di educazione come liberazione dalla v. per la realizzazione di personalità capaci di​​ ​​ autorealizzazione soggettiva mediante disciplina, dialogo e confronto. Ciò che accade nelle bande giovanili ricorda che il compito dell’educatore è quello di insegnare a non far crescere l’aggressività, che continua erroneamente ad essere considerata forza positiva da scaricare, quasi l’essere umano fosse paragonabile ad un accumulatore privo di coscienza di sé e di capacità di modificare ed equilibrare i propri sentimenti.

Bibliografia

Lewin K. - R. Lippit - R. K. White,​​ Patterns of aggressive behavior in experimentally created «Social Climates», in «Journal of Social Psychology» 1939, 10, 271-299; Aron R.,​​ Pace e guerra tra le nazioni, Milano, Comunità, 1970; Lorenz K.,​​ L’aggressività, Milano, Il Saggiatore, 1976; Ferrarotti F.,​​ Alle radici della v., Milano, Rizzoli, 1979; Severino E.,​​ Techne. Le radici della v.,​​ Ibid., 1979; Caprara G. V. - P. Renzi,​​ L’aggressività umana,​​ Roma, Bulzoni, 1985; Salvini A.,​​ V. negli stadi, Firenze, Giunti-Barbera, 1986; Rebughini P.,​​ La v., Roma, Carocci, 2000; D’Ors A,​​ La v. e l’ordine, Lungro di Cosenza, Marco Editore, 2003; Boyle K.,​​ Media and violence: gendering the debates, Thousand Oaks, Sage, 2005; Flores M.,​​ Tutta la v. di un secolo, Milano, Feltrinelli, 2005.

V. Masini - G. Vettorato