PROFILO PROFESSIONALE

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PROFILO PROFESSIONALE

1.​​ Introduzione. Rappresenta la descrizione delle caratteristiche di un ruolo professionale, ed in particolare la collocazione organizzativa ed i compiti che caratterizzano tale ruolo, così da costituire riferimento per la progettazione – e la certificazione finale – di un percorso che miri a formare persone dotate di competenze adeguate. L’utilizzo dei p.p. risponde alla necessità di finalizzare le attività di istruzione e formazione tecnico-professionale alle reali necessità del mondo del lavoro, così da consentire l’occupabilità delle persone formate e la loro valorizzazione entro il contesto economico.

2.​​ Spiegazione. Esistono tre grandi scuole di pensiero circa il modo in cui elaborare il p.p.: a) La scuola​​ granulare​​ che pone al centro dell’analisi le attività lavorative sotto forma di mansioni. Tale visione ha le sue origini nel modello di organizzazione scientifica del lavoro di F.W. Taylor che prevede la verticalizzazione della decisione, la definizione scientifica delle mansioni, la selezione della persona più adatta, l’addestramento della stessa in modo efficiente, il controllo della produttività. b) La scuola​​ istituzionale​​ che enfatizza l’importanza dell’organizzazione al fine di delineare ruoli che corrispondano alle reali professioni aziendali; queste devono essere pensate come vere e proprie «strutture sociali» ovvero famiglie professionali identificate da figure omogenee per competenze maturate e skill effettive realizzate. c) La scuola​​ olistica​​ che mira a ricomporre le figure professionali intorno ad aree di responsabilità ed a situazioni problematiche che convergono verso il ruolo in oggetto ed enfatizzano l’apporto individuale. In questo senso, la competenza è tale quando mobilita aspetti significativi del comportamento della persona, generando in tal modo prestazioni eccellenti, accettabili o insufficienti, oltre a competenze di soglia e distintive. Se pure la letteratura converge sulla necessità di superare rigide descrizioni di ruoli e mansioni, nel momento propositivo il ventaglio delle posizioni si apre rischiando in tal modo di cadere in uno scenario caotico e difficilmente gestibile. D’altro canto, anche coloro che mirano a ricostruire tutte le figure di lavoro a partire da una mappa globale di competenze paiono destinati ad un esito deludente, vista l’impossibilità di costruire repertori validi in generale, indipendentemente dalle condizioni di esercizio del lavoro. In questo senso, l’unica via percorribile potrebbe essere costituita da un’intesa di massima su p.p. essenziali, lasciando all’azione formativa specifica il compito di contestualizzare l’intervento e di validarne concretamente i risultati.

Bibliografia

Taylor F.W.,​​ Principles of scientific management, Norton, New York, 1911 (trad. it.​​ L’organizzazione scientifica del lavoro, Roma, Athenaeum, 1920); Parsons T.,​​ Structure and process in modern societies, Glencoe, Ill., Free Press, 1960; Scott W. R.,​​ Le organizzazioni, Il Mulino, Bologna, 1994; Spencer L. M. - S. M. Spencer,​​ Competenza nel lavoro, Milano, Angeli, 1995; Boam R. - P. Sparrow,​​ Come disegnare e realizzare le competenze organizzative. Un approccio basato sulle competenze per sviluppare le persone e le organizzazioni, Milano, Angeli, 2002;​​ Trigilia C.,​​ Sociologia economica, 2 voll., Bologna, Il Mulino, 2002; Boldizzoni D. (Ed.),​​ Management delle risorse umane, Milano, Il Sole 24 ore, 2003.

D. Nicoli