DROGA

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La d. è un particolare farmaco psicotropo – cioè ad azione sulla psiche – che può sconvolgere la mente e indurvi particolari «interreazioni» che la caratterizzano: abitudine o assuefazione, spesso tolleranza, fino alla dipendenza fisica e / o psichica.

1.​​ Effetti delle d.​​ Le d. producono effetti tossici organici e mentali acuti e cronici e comportamenti psichici devianti (​​ devianza), pericolosi per l’individuo che li assume e per la società. È importante precisare il significato dei tre tipi di legame che la d. stabilisce con l’organismo: a)​​ Abitudine o assuefazione:​​ sotto questo termine intendiamo uno stato biologico fisio-psichico, espressione dell’adattamento dell’organismo alla presenza della d., che induce un consumo ripetitivo a intervalli più o meno ravvicinati. b) La​​ tolleranza​​ è un fenomeno biologico per cui l’organismo deve aumentare progressivamente la dose della d. per ottenere gli stessi effetti gratificanti, riuscendo a tollerare in tale maniera quantitativi sempre più elevati al di sopra di quelli tossici e anche letali. La tolleranza è chiamata​​ funzionale​​ quando esiste un’assuefazione progressiva delle cellule bersaglio agli effetti del farmaco. È invece definita​​ metabolica​​ allorché è causata dall’attivazione crescente dei processi biologici che portano alla sua distruzione per cui, pur aumentando la dose assunta, la quantità attiva è sempre la stessa. c)​​ Dipendenza​​ (​​ tossicodipendenza): si produce quando la assuefazione ha raggiunto un livello tale che la privazione della d. fa insorgere una particolare condizione chiamata sindrome di astinenza.

2.​​ Classificazione delle d.​​ Le d. vengono classificate in varie maniere, di cui le più importanti sono le seguenti: a) secondo la natura:​​ naturali​​ o vegetali, cioè non manipolate;​​ estratti:​​ cioè un estratto attivo delle precedenti fino a raggiungere il semplice​​ componente attivo​​ (per es. morfina dall’oppio, cocaina dalla coca, tetraidrocannabinolo dall’hashish e dalla marijuana, ecc.);​​ semisintetiche,​​ per manipolazione di un componente attivo, come la diacetilazione della morfina in eroina; di​​ sintesi​​ come il metadone, le amfetamine, l’ecstasy, ecc.; b) secondo la liceità:​​ lecite​​ come alcool e tabacco,​​ illecite​​ come eroina e cocaina; le illecite, se hanno effetti terapeutici non sostituibili, possono essere consumate purché prescritte da medici su particolari ricette, come morfina e barbiturici; c) secondo la pericolosità:​​ leggere​​ come i cannabici e le benzodiazepine,​​ pesanti​​ come gli oppioidi e la cocaina; d) secondo gli effetti farmacologici predominanti:​​ sedativo-euforizzanti​​ come gli oppioidi e i barbiturici,​​ psicostimolanti​​ come cocaina, amfetamine, caffeina,​​ psicoalteranti​​ o allucinogeno-deliranti come LSD, mescalina, hashish; e) secondo la possibilità di acquisto:​​ da strada​​ (che più di frequente vengono tagliate) come eroina e ecstasy,​​ di farmacia​​ come morfina e barbiturici, di cui è garantita la purezza; f) secondo il gruppo chimico farmacologico e di uso: oppioidi, derivati della canapa indiana, coca e cocaina, psicofarmaci, allucinogeni e deliranti, anestetici e solventi volatili, alcool, tabacco, metilxantinici (te, caffè, ecc.).

3.​​ La d. e l’educazione.​​ L’uso della d. si perde nella notte dei tempi: tuttavia esso era limitato alle classi più elevate e gestito rigidamente. Dopo la metà del 1850 l’abuso si diffuse nei Paesi occidentali dapprima tra uomini di cultura e medici, poi tra adulti instabili o curiosi, provocando una serie di leggi, partite dagli USA con l’Harrison Act​​ e accolte da quasi tutte le nazioni con gli attuali accordi di Vienna, ratificati nel 1980. Dopo la seconda guerra mondiale e in particolare dopo il 1960, si è assistito ad una vera e propria rivoluzione. L’abuso ha coinvolto pesantemente i​​ ​​ giovani, divenendo fenomeno di massa. Ne sono scaturite gravissime implicazioni sociali, che hanno richiesto e richiedono l’intervento massivo educativo-pedagogico che si è svolto e si svolge sulla base di diverse posizioni e tendenze, con differenti molteplici approcci e strategie. Quelle basate sulla​​ ​​ prevenzione sono indirizzate ai soggetti più giovani, che si presume non abbiano ancora assunto la d. (prevenzione primaria). L’educazione, che in questo ambito è l’unico mezzo di approccio e strategia, si basa da un lato sulla descrizione dei danni ineluttabili della d. e dall’altro su una formazione in grado di resistere a questa tentazione. Un primo problema riguarda quali d. si debbano considerare come oggetto dell’insegnamento ad evitarne l’uso. Secondo alcuni solo le d. di abuso, cioè quelle dichiarate illecite. Secondo altri anche le lecite, che possono essere responsabili di comportamenti criminosi. Per altri ancora – e più correttamente – tutte le d., in quanto rappresentano un rischio sociale e tossico assai elevato per l’individuo e / o la comunità. In ogni caso, l’approccio e la strategia educativi debbono essere indirizzati – indipendentemente dal tipo di d. su cui si voglia esercitare la prevenzione – a formare soggetti capaci di rigettare l’uso di queste sostanze contro tutte le attuali suggestioni: moda, spaccio, curiosità, sperimentazione, ricreazione, uso strumentale ed espressivo, ecc.

Bibliografia

Malizia E.,​​ D. 80,​​ Torino, Edizioni Medico-Scientifiche,​​ 41985; Jones H. - M. Jones,​​ Drugs and the mind,​​ Cambridge (Mass.), Cambridge University Press, 1987; Nizzoli U. - M. Pissacroia (Edd.),​​ Trattato completo degli abusi e delle dipendenze, Padova, Piccin, 2003; Malizia E. - S. Borgo,​​ Le d., Roma, Newton Compton, 2006.

E. Malizia