DIALETTO

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DIALETTO

Il d. è inteso e definito dai sociolinguisti come una varietà geografica, storica e linguistica di una lingua nazionale (es. il piemontese rispetto all’it.).

1. Ruolo e valore storico.​​ La sua dimensione e il suo ruolo sono limitati nell’uso tanto individuale che sociale; esso è parlato generalmente da un individuo e / o da un gruppo in situazioni particolari, in un ambiente geo-sociale ben definito e tra membri della medesima comunità. Il suo ruolo limitato e limitativo lo ha fatto considerare generalmente dai sociolinguisti come una «lingua bassa» (low language),​​ contro la «lingua alta» (high language)​​ rappresentata da una lingua di uso nazionale e ufficiale («lingua standard»). Il valore storico, però, del d. può superare anche quello della lingua nazionale, in quanto ne rappresenta sia il codice più antico e preesistente sia, a volte, la matrice originaria della stessa lingua nazionale (come il toscano rispetto all’it.). Tale valore storico fa sì che il d. riassuma forme e contenuti culturali tradizionali, insiti nell’anima di una comunità di parlanti. Essendo la prima lingua generalmente parlata da un individuo, il d. sta spesso alla base del pensiero e del sentimento di un individuo dialettofono. Da qui l’accresciuta tendenza, in tempi recenti, a ricuperare i d. anche attraverso lo studio storico e scientifico: donde una specifica disciplina denominata dialettologia.

2.​​ Valore educativo del d.​​ Il valore storico-culturale del d. – come, del resto, di qualsiasi lingua minoritaria o «etnica» – ha riscosso in questi ultimi anni l’attenzione giustificata dei pedagogisti, al fine di ricuperarne la funzione formativa nell’ambito della cosiddetta «educazione linguistica di base». Il d. diventa così il punto di partenza di ogni sviluppo ulteriore della competenza linguistica e comunicativa fin dalla scuola dell’infanzia. La riflessione più o meno sistematica sulla struttura e sulle funzioni, oltre che sulla storia e sulle valenze socioculturali, del d. parlato fin dall’infanzia dal bambino, anziché ostacolare l’acquisizione e lo sviluppo della competenza nella lingua standard, tende a produrre una capacità di approfondita riflessione analitica sui concetti universali delle lingue e, conseguentemente, un grado notevole di sviluppo delle cosiddette «abilità metalinguistiche». Il risultato è stato non soltanto uno sviluppo più elevato delle capacità di natura specificatamente linguistica, ma anche una trasposizione delle accresciute abilità cognitive ad altri settori del​​ ​​ curricolo scolastico, come la matematica e le scienze. Pertanto, non solo l’apprendimento precoce di una lingua straniera, ma anche di una lingua minoritaria, come il d., può costituire un forte stimolo e sostegno alla formazione delle competenze linguistiche e cognitive in generale. Se è vero che «si educa il linguaggio mediante la lingua» (ossia, si arricchisce e si perfeziona la capacità di verbalizzazione e comunicazione – «linguaggio» – mediante l’assimilazione cosciente di un sistema linguistico storicamente e socialmente valido – «lingua»), anche il d. non può essere escluso da tale processo di valorizzazione.

Bibliografia

Rohlfs G.,​​ Studi e ricerche su lingua e d. d’Italia,​​ Firenze, Le Monnier, 1972; De Mauro T.,​​ Storia linguistica dell’Italia unita,​​ Bari, Laterza, 1974; Grassi C.,​​ Elementi di dialettologia italiana,​​ Torino, UTET,​​ 21982; Titone R.,​​ Educare al linguaggio mediante la lingua,​​ Roma, Armando, 1985; Nero S. J.,​​ Dialects,​​ Englishes,​​ Creoles,​​ and education,​​ Mahwah (NJ), Erlbaum, 2006.

R. Titone