AMICIZIA
Relazione interpersonale affettiva, nata da una scelta generalmente basata sulla gratuità leale, sulla reciprocità costante, sulla comunicazione umana, sulla simpatia istintiva, sulla comunanza di interessi, di ansie e di ideali.
1. Il profilo genetico dell’a. Con alcuni studiosi di antropologia filosofica e di psicologia sociale (→ Buber, Lévinas, Gevaert, → Nuttin) si può giustamente affermare che «in principio è la relazione», perché la verità dell’uomo non è nel suo essere soggetto, in sé considerato, ma nel suo essere in correlazione strutturale con altri soggetti. L’identità non è nel soggetto – afferma Heidegger – ma nella relazione. Un individuo è ciò che viene fuori dal suo sistema di relazioni umane. Entrare in armonia con «l’altro», allora, sembra soprattutto il compito dell’a., che si presenta come completamento di esperienze relazionali. L’a. è una forma di → amore con caratteristiche del tutto particolari, perché è svincolata da obblighi normativi e dipende solo dalla lealtà reciproca, dalla gratuità dell’incontro, dal rispetto della individualità di ciascuno, dalla consuetudine del rapporto, dalla generosità nelle difficoltà, dalla condivisione delle gioie, dagli interessi comuni, dal lavoro armonizzato per uno scopo comune. L’a. è caratterizzata dal sentimento della parità: gli amici, infatti, non si inquadrano in una gerarchia, si sentono tutti uguali e se talvolta nascono conflitti o competizioni, questi sono superati dalla profonda lealtà e dalla disinteressata gratuità che dà vita al rapporto. Nella relazione amicale entra in gioco un’altra importante caratteristica: la similarità, il processo cioè che trasferisce il bisogno di identità verso l’identificazione, grazie alla quale ogni amico tende ad assumere valori e comportamenti simili o identici a quelli dell’altro. In questo contesto l’a. ci libera dalla solitudine, consolida vincoli affettivi di gruppo, è un conforto, un sentimento di sicurezza, un calore umano che non ha bisogno di parole per esprimersi, perché comunica anche solo con la semplice presenza.
2. Aspetti evolutivi dell’a. Ogni periodo della vita si esprime nell’a. secondo modalità diverse. Sotto l’aspetto evolutivo si possono individuare tre tappe di questo processo: a) l’a. sensibile-affettiva, che si sviluppa nel periodo prepuberale e puberale ed è prevalentemente motivata da aspetti di carattere emozionale e sensibile. È un tipo di a. che nasce per lo più tra soggetti dello stesso sesso e presenta a volte alcuni tratti dell’amore eterosessuale. Questo tipo di a. deve considerarsi come una tappa biologicamente obbligatoria e rappresenta la prima incerta trasformazione dell’affettività della fanciullezza, di natura egocentrica, nell’affettività matura, di natura allocentrica; b) l’a. captativo-egocentrica, che è tipica dell’ → adolescenza ed è contraddistinta da aspetti narcisistici, simbiotici e consumativi. Essa è dominata dal bisogno e dal sentimento di essere «l’uno con l’altro», per cui gli amici si vogliono bene perché ognuno vede nell’altro un mezzo per la propria affermazione. Nell’adolescenza l’a. rappresenta una forma elevata di comunicazione emotiva e di condivisione di esperienze. Si tratta di una naturale inclinazione a convivere con l’amico e a vedere in questo fatto uno strumento di personale compiacenza, più che un mezzo di reciproco perfezionamento, essendo l’adolescente prevalentemente centrato più su di sé che nell’altro; c) l’a. operativo-oblativa, che rappresenta la pienezza matura di questa relazione interpersonale. Essa è contraddistinta dal bisogno di essere «l’uno per l’altro», ossia dalla coscienza del fatto che la vita degli altri impone alla propria una certa responsabilità; presuppone un amore fondato sulla gratuità, che è un atteggiamento non motivato da altra ragione che non sia la «libertà del donare e del ricevere», per cui si vuole bene all’altro per quello che è e non tanto per quello che serve. Un’a. siffatta stimola gli amici ad un fattivo interscambio di esperienze personali, ad una concreta manifestazione di stima e simpatia, ad un’effettiva condivisione delle difficoltà e delle gioie, ad una comunicazione personale che si fa progressiva donazione nella sincerità e nella lealtà, proiettandoli nel domani in una comunione di intenti, di impegni, di aspirazioni e di speranze.
3. Educare all’a. Da queste rapide annotazioni sull’a. emerge una logica conseguenza: chi ha responsabilità educative deve avviare all’a., favorendola, orientandola, proteggendola. Sembrano perciò opportune due annotazioni a questo proposito: siccome i legami affettivi di natura amicale non possono ovviamente essere imposti, l’educatore deve innanzitutto vivere e testimoniare in prima persona l’esperienza dell’a. con quel calore umano e quella lealtà che sono già di per sé un fatto educativo; in secondo luogo deve saper creare luoghi di incontro e di aggregazione, in cui soprattutto i ragazzi e le ragazze possono «conoscersi», «capirsi», «stimarsi», «impegnarsi», «esprimersi», «giocarsi» in definitiva in un tipo di a. che sia feconda e costruttiva per la crescita della loro persona.
Bibliografia
Bucciarelli C., I ragazzi, le ragazze, la coeducazione, Roma, AVE, 1973; Padiglione V., L’a.: storia antologica di un bisogno estraniato, Roma, Savelli, 1978; Riva A., A., Milano, Ancora, 1985; Bucciarelli C., Adulti-adolescenti: comunicazione cercasi, Roma, AVE, 1993; Pizzolato L., L’idea di a., Torino, Einaudi Paperbacks, 1993; Galli N., L’a. dono per tutte le età, Milano, Vita e Pensiero, 2004.
C. Bucciarelli