QUESTIONARI

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QUESTIONARI

Insieme di quesiti, più o meno elaborati psicometricamente, su uno o più argomenti. Il q. è una delle forme più antiche di​​ ​​ test di personalità, nato per integrare, standardizzare e rendere più oggettivo il​​ ​​ colloquio psichiatrico e psicologico.

1.​​ Tipi di q.​​ Attualmente, i q. sono il tipo di strumento più diffuso per la misurazione di tratti della personalità normale, di psicopatologie, di stati di disagio, di interessi scolastici e professionali, di atteggiamenti sociali. Le loro caratteristiche strutturali li rendono particolarmente adatti ad essere utilizzati nella fascia di età compresa fra i 10 e i 70 anni, con costi gestionali minimi perché si prestano bene alla somministrazione collettiva e computerizzata e consentono un massimo di automatizzazione nell’attribuzione del punteggio e nell’elaborazione dei dati. Per la misurazione di caratteristiche della personalità normale, i q. più usati in campo internazionale sono il CPI (California Psychological Inventory) di H. Gough, che misura numerose caratteristiche descritte in termini di vita quotidiana e attinenti a comportamenti che interessano il lavoro e la socialità; il 16 PF. di R.B. Cattell per adulti e le analoghe forme per adolescenti (HSPQ), ragazzi (CPQ) e bambini (ESPQ), che misurano la «sfera della personalità normale», con riferimento a 16 variabili (o poco meno, a seconda dell’età dei soggetti) individuate fattorialmente; q. riferiti alla teoria dei Big Five (Comrey, Caprara e coll.). Accanto ai q. appena citati, che ambiscono a fornire una descrizione completa della personalità, numerosi strumenti hanno ambito più ristretto. Per es. si trovano q. che misurano dinamiche psicologiche in riferimento a varie teorie, che valutano le difese dell’Io o altri costrutti desunti dalla teoria psicoanalitica, che si riferiscono al costrutto psicologico del Sé, che valutano il​​ ​​ locus of control, i ruoli sessuali, il machiavellismo, la personalità «di tipo A», l’aggressività ecc. Il disagio psicologico viene valutato da altri q., il più famoso dei quali è il Minnesota Multiphasic Personality Inventory (MMPI, MMPI 2, MMPI A), che considera varie patologie, applicando sistemi di assegnazione del punteggio che si sono andati accumulando nel corso di mezzo secolo (le «scale aggiuntive» di cui esiste almeno qualche verifica di validità sono decine). Q. che valutano disturbi clinici e di personalità in riferimento a nosografie contemporanee (DSM-IV e ICD-10) sono il Millon Clinical Multiaxial Inventory Manual, distribuito solo nei Paesi anglosassoni, e le varie forme dell’italiano TALEIA. Molto numerosi sono i q. per la valutazione di patologie specifiche o di stati di disagio particolari: ansia di stato e di tratto, ossessività, paure, problemi, depressione, stress,​​ ​​ burn-out​​ ecc. I q. attinenti al disagio psichico per bambini sono pochissimi: si può citare il CDS e il CDI (depressione), lo STAIC, le Scale psichiatriche di autosomministrazione per fanciulli e adolescenti (SAFA), il Q. Scala d’Ansia per l’età evolutiva (ansia). Quasi esclusivamente per ragazzi e adolescenti sono invece i q. che misurano​​ ​​ interessi scolastici professionali. In Italia i q. d’interessi più utilizzati, soprattutto in orientamento, sono quelli di G. F. Kuder, di J. L. Holland e di M. Viglietti. Tra i q. che misurano i​​ ​​ valori, si possono citare lo «Studio dei valori» di Allport, Vernon e Lindzey e la «Rassegna dei valori» di Rokeach, ambedue prevalentemente usati a scopo di ricerca. I q. che misurano​​ ​​ atteggiamenti sono per lo più costruiti in funzione di ipotesi di ricerca particolari. Fra quelli di interesse più generale si possono citare il Parental Attitude Research Instrument (PARI) e la scala di «Dogmatismo educativo» di De Grada, Ercolani, Ponzo ispirata al costrutto di dogmatismo di Rokeach. I q. sono anche utilizzati a scopo esplorativo, per raccogliere informazioni di varia natura, in alternativa a interviste standardizzate. In questo caso, di solito la sofisticazione psicometrica degli strumenti è minima: viene curata solo la validità di contenuto e non viene compiuta una verifica preliminare sperimentale della validità.

2.​​ Le scale di controllo.​​ I primi q. si collocavano nella tradizione della psicologia introspettiva: si ipotizzava che la risposta al quesito fosse una descrizione autentica e attendibile della realtà intrapsichica. Presto questa ipotesi fu abbandonata, principalmente per effetto delle ricerche sulle distorsioni indotte dalla «desiderabilità sociale» della risposta. Vennero conseguentemente introdotte varie forme di controllo: alcune prevalentemente finalizzate a eliminare gli effetti della desiderabilità sociale (per es. «scelta forzata»), altre principalmente finalizzate a evidenziare l’entità e la presenza di distorsioni di vario tipo. Nell’approccio della «scelta forzata», introdotto nel 1953 da Edwards nel suo Personal Preference Schedule (P.P.S.: misura l’intensità relativa di dinamiche psichiche riferite alla teoria di Murray), ogni quesito contiene due affermazioni, che si suppone siano di pari desiderabilità sociale ma diverse qualitativamente: il soggetto deve scegliere quella preferita. Questo metodo, adottato in alcuni q. di interessi (per es. Kuder) estendendo il gruppo di affermazioni a tre per item, probabilmente elimina l’effetto della desiderabilità sociale, ma suscita altri inconvenienti. Il soggetto deve esprimere una valutazione di gradimento relativo sulle affermazioni che gli sono presentate: ogni risposta è una graduatoria, che non dice la distanza di gradimento fra un elemento e l’altro. Il punteggio che ne risulta viene detto «punteggio ipsativo» e possiede caratteristiche metrologiche peculiari (per es. non è appropriato su questi punteggi calcolare coefficienti di correlazione o analisi fattoriale), in quanto espressione di una graduatoria interna agli interessi del singolo soggetto e non misura oggettiva e «trasversale». Ad es., se un q. a scelta forzata sugli interessi sportivi viene sottoposto a ragazzi e ragazze, può darsi che Maria, a cui di sport interessa molto poco, metta comunque al primo posto il calcio; Gianni invece, interessato a tutti gli sport, mette al primo posto la pallacanestro, al secondo il ping pong e al terzo il calcio, ma l’interesse che Gianni ha per il calcio è certamente superiore all’interesse che per il calcio ha Maria, costretta a scegliere fra oggetti di cui non le importa gran che. La tecnica della scelta forzata è stata abbandonata da Edwards, che pure l’aveva introdotta per primo, nella più recente edizione del suo q. di personalità (1967). Più largamente diffuso è il ricorso a scale di controllo, rivelative di risposte «non autentiche» per l’una o l’altra ragione. I prototipi delle scale di controllo sono le scale L e F introdotte nella prima edizione del MMPI (1940), successivamente integrate dalla scala K. La scala L segnala la tendenza del soggetto ad autoelogiarsi, la F ad autodenigrarsi. La scala K, analogamente alla L, segnala la tendenza ad autoelogiarsi, ma si basa su affermazioni più «sottili», meno esageratamente assertive di perfezione. I protocolli che hanno punteggi molto più alti della media in L o F vengono considerati inattendibili e i punteggi nelle altre scale non sono interpretati. I punteggi nella scala K possono invece essere utilizzati per «correggere» i punteggi di altre scale. Quest’ultima prassi è lasciata peraltro alla decisione dell’interprete del q., dato che la validità della scala K è stata provata una sola volta, su un campione statunitense, circa sessanta anni fa e, per es. in Italia, non è stata mai sottoposta a verifica. Scale di controllo analoghe sono presenti nel CPI e, limitatamente alla L, in alcuni dei q. di Cattell e di Eysenck. Le scale L, F e K si basano su una stima di incongruenza fra risposte al q. e realtà osservata nella media di più campioni della popolazione. Altre scale si basano sulla «coerenza» tra risposte date allo stesso quesito o tra risposte date a quesiti di significato opposto, oppure sulla frequenza «abnorme» di un particolare tipo di risposta: moltissimi «Vero», moltissimi «Falso», moltissimi «Non so». Scale di questo tipo sono state introdotte nel MMPI-2 (1990) e nei TALEIA (2007). Nella seconda edizione del CPI (1987) vengono presentate delle equazioni, derivate da ricerche su campioni statunitensi, che consentono l’individuazione di tre tipi di scarsa affidabilità: a) Imbrogliare per sembrare migliori (Fake good), b) Carenza di validità per altri motivi, c) Risposte a casaccio contrapposte a imbrogliare per sembrare peggiori. Le scale di controllo sono uno dei punti di forza della diffusione dei q. rispetto ad altri tipi di strumento (per es. i test proiettivi) che danno per scontata sia l’assenza o l’impossibilità di inganno, sia l’assenza di risposte date «a casaccio». Allo stato attuale, non solo è stata invece largamente provata la possibilità di rispondere in modo ingannevole a qualsiasi tipo di test o d’intervista, ma sono anche sempre più diffusi «libri di testo», corsi di preparazione per rispondere ai test più usati nei concorsi e nelle perizie e addirittura guide per la contraffazione della propria calligrafia.

Bibliografia

Nunnally J. C. - I. H. Bernstein,​​ Psychometric theory,​​ New York, McGraw-Hill,​​ 31994; Weiss D. J. (Ed.),​​ New horizons in testing.​​ Latent trait test theory and computerized adaptive testing, London, Academic Press, 1983; Lanyon R. I. - L. D. Goodstein,​​ Personality assessment, New York, Wiley,​​ 31997; Boncori L.,​​ Teoria e tecniche dei test, Torino, Bollati Boringhieri, 1993; Id.,​​ I test in psicologia,​​ Bologna, Il Mulino, 2006; Roccato M.,​​ L’inchiesta e il sondaggio nella ricerca psicosociale, Ibid., 2006; Boncori L.,​​ TALEIA-400A,​​ Trento, Erickson, 2007.

L. Boncori