DEPRESSIONE

image_pdfimage_print

 

DEPRESSIONE

Il termine d. indica un​​ continuum​​ di stati emotivi più o meno penosi, che vanno dai normali sentimenti passeggeri di tristezza esistenziale, alla sofferenza più prolungata connessa al lutto normale per la morte di una persona cara, o per la rottura di una relazione affettiva o per la perdita di un ruolo significativo, fino ad una vera e propria sindrome di un grave stato patologico caratterizzato principalmente dai seguenti sintomi: umore disforico, apatia, senso di apprensione angosciosa, debole​​ ​​ stima di sé, tendenza alla lamentela, incapacità di provare piacere, perdita di significato, percezione dolorosa del presente, incapacità di usare le esperienze piacevoli del passato e angoscia del futuro, corpo vissuto come evento di perdita, gravi angosce ipocondriache, indebolimento dell’istinto di conservazione.

1. La d. è una delle patologie più diffuse nella società contemporanea ed è in costante aumento. Si ritiene che nel corso della vita il 17-20% della popolazione denunci una qualche patologia depressiva. Circa la distribuzione tra i sessi, il rapporto maschi-femmine è di 1 a 3.

2. Esistono due tipi fondamentali di d.: la​​ d. nevrotica​​ e la​​ d. psicotica.​​ La d. nevrotica si caratterizza per la relativa stabilità ed integrità delle rappresentazioni del Sé e della realtà, per la tollerabilità del senso di​​ ​​ colpa, del senso di solitudine e di abbandono, per un uso piuttosto moderato dei meccanismi della negazione e dell’idealizzazione. Nella d. nevrotica inoltre riveste un ruolo notevole la conflittualità edipica, per cui l’individuo appare dominato dal primato dell’immaginario triangolare. Stante la sua comparsa a seguito della perdita di un qualcosa che è vissuto come oggetto significativo, fonte di una sicurezza di base, la d. nevrotica è detta anche​​ reattiva.​​ Il calo di senso di benessere, che segue al trauma, mette in luce l’esistenza di una sottostante struttura di personalità più o meno debole. La d. psicotica comporta invece la destrutturazione del nucleo del Sé e quindi un grave deterioramento delle relazioni con gli oggetti interiorizzati. Inoltre l’esame di realtà risulta essere gravemente compromesso e disturbato da allucinazioni e deliri. All’origine della d. psicotica sta il fallimento del processo di separazione-individuazione nella prima fase della vita.

3. Circa l’eziologia​​ esistono diversi modelli esplicativi. Il​​ modello organicistico​​ insiste sui fattori genetici e biochimici. Il​​ modello comportamentistico​​ ritiene che, a seguito di ricompense inadeguate da parte dell’ambiente, l’individuo apprende uno stato di inaiutabilità, fino a trovare una ricompensa nell’assumere il ruolo del depresso. Il​​ modello cognitivo​​ afferma che alla base della d. c’è una triplice configurazione cognitiva distorta e cioè una percezione negativa di sé, del mondo e del futuro. Il​​ modello socioculturale​​ sostiene che la d. è determinata da strutture socioculturali che non sono in grado di fornire all’individuo un senso della vita, per cui ci si trova a dover vivere senza ruoli precisi e finalità ben definite e dentro un contesto di rapidi cambiamenti, che impediscono di sostituire i vecchi valori perduti con altri in grado di fornire uguale sicurezza e stabilità. Il​​ modello psicoanalitico,​​ elaborato da S.​​ ​​ Freud (1917) nel famoso saggio​​ Lutto e melanconia,​​ ritiene che la causa della d. stia nella perdita precoce dell’oggetto della libido entro un quadro narcisistico. Ciò determina: a) una grave ferita al proprio Sé; b) una profonda sofferenza per l’oggetto perduto che, proprio perché tale, viene vissuto, oltre che come oggetto d’amore, anche come oggetto di odio; c) una negazione, attraverso l’introiezione, della perdita dell’oggetto; d) un’identificazione con l’oggetto introiettato. Si determina così uno stato d’indifferenziazione tra il Sé e l’oggetto, per cui il risultato finale è che l’individuo, attaccando sadicamente l’oggetto perché vissuto come frustrante in quanto assente, distrugge anche se stesso. Come giustamente sottolinea Freud, l’ombra dell’oggetto (cattivo) cade sull’Io, per cui quest’ultimo diviene bersaglio di critica, come lo è l’oggetto perduto. Ciò comporta sia la comparsa del senso di colpa nei confronti dell’oggetto, perché odiato, che il crollo della stima di sé. In particolare, il depresso sperimenta un grave senso di disperazione, in quanto non può appoggiarsi all’oggetto, perché vissuto come distrutto da lui stesso. In sintesi, secondo l’ottica psicoanalitica, la causa fondamentale della d. in età adulta va ricercata nelle esperienze di perdita primaria di un oggetto d’amore interiorizzato e percepito in modo ambivalente. Ne segue che ogni perdita comporta la perdita del proprio essere.

4.​​ D. in età evolutiva.​​ Al pari dell’​​ ​​ ansia, le manifestazioni depressive nell’età infantile, in generale possono essere considerate come una reazione psicobiologica fondamentale, di tipo transitorio, al fine di trovare un adattamento di fronte alle varie esperienze di separazione connesse con la crescita. Può comunque comparire anche una d. patologica, dove i sintomi più tipici sono: senso d’infelicità, attività autoerotiche, mancanza d’interessi, sensazione di non essere amati, insonnia, fobia della scuola, aggressività, disturbi psicosomatici, perdita dell’appetito. L’inizio dell’​​ ​​ adolescenza si caratterizza come un periodo in cui è considerata come normale la comparsa di sentimenti depressivi. Ciò è dovuto al fatto che il soggetto sperimenta una perdita sia sul versante narcisistico che oggettuale. Più precisamente, i cambiamenti a livello fisico, psichico e sociale espongono l’adolescente all’esperienza della perdita del corpo infantile, del ruolo infantile e dei genitori infantilmente vissuti. Ciò comporta la rinuncia all’immagine idealizzata del proprio corpo perfetto in quanto percepito come bisessuato, all’immagine grandiosa di sé e all’immagine dei genitori onnipotenti. Rispetto all’infanzia, nell’età adolescenzia-le, oltre che alla d. di tipo nevrotico, è possibile riscontrare una d. di tipo psicotico. Verso la fine dell’adolescenza può comparire anche la psicosi maniaco-depressiva o bipolare. Le cause principali della d. patologica nell’adolescenza vanno individuate nel fallimento del secondo processo di separazione-individuazione e quindi, nella persistenza di una relazione simbiotica e nella presenza di oggetti interni persecutori.

Bibliografia

Freud S., «Lutto e melanconia», in​​ Opere,​​ vol. 8, Torino, Bollati Boringhieri, 1976, 102-118; Jacobson E.,​​ La d. Studi comparativi degli stati normali,​​ nevrotici e psicotici,​​ Firenze, Martinelli, 1977; Beck T. A.,​​ La d.,​​ Torino, Bollati Boringhieri, 1978; Haynal A.,​​ Il senso della disperazione. La problematica della d. nella teoria psicoanalitica,​​ Milano, Feltrinelli, 1980; Kristeva J.,​​ Il sole nero. D. e melanconia,​​ Ibid., 1988; Castellazzi V. L.,​​ Psicopatologia dell’infanzia e dell’adolescenza: La d.,​​ Roma, LAS, 1993; Stark K.,​​ La d. infantile, Gardolo, Erickson, 1995; Jervis G.,​​ La d., Bologna, Il Mulino, 2002; Palacio Espasa F.,​​ D. di vita,​​ d. di morte, Milano, Cortina, 2004; Arnoux D.,​​ La d. in adolescenza, Roma, Borla, 2005; Zuccardi Merli U. (Ed.),​​ Il soggetto alla deriva. D. e attacchi di panico, Milano, Angeli, 2005;​​ Chabert C. et al.,​​ Figure della d., Roma, Borla, 2006; Pancheri P. (Ed.),​​ La d. mascherata, Milano, Masson, 2006.

V. L. Castellazzi