PSICOMETRIA
Studio dei procedimenti matematico-statistici attinenti alle misurazioni psicologiche; studio dei → test mentali.
1. L’introduzione di test oggettivi in campo educativo e psicologico risale alla fine dell’Ottocento e risponde alla duplice esigenza di migliorare la validità delle valutazioni «ingenue» (voti e giudizi scolastici, diagnosi psicologiche e psichiatriche ecc.) e di rendere il processo di valutazione più rapido ed economico. Più o meno contemporaneamente, e contestualmente all’elaborazione delle teorie psicologiche, vennero sviluppate metodologie matematico-statistiche per la verifica della validità dei test, per l’ottimizzazione della «correzione», per la standardizzazione dei punteggi ecc. Le metodologie erano in parte desunte da altre scienze sperimentali (per es. i metodi di scaling dalla fisica, l’analisi della varianza dall’agricoltura, le statistiche descrittive dalla demografia ecc.), in parte erano ideate o notevolmente rielaborate da psicologi (per es. l’analisi fattoriale) e venivano riferite indifferentemente a test psicologici o di profitto scolastico.
2. All’inizio la p. includeva l’area disciplinare attualmente chiamata «Statistica psicometrica». Già alla metà del sec. scorso però era avvenuta una differenziazione fra le due discipline: la p. aveva assunto il ruolo prevalente di inquadrare teoricamente i fenomeni, di formulare operativamente le esigenze del testing, di discutere l’appropriatezza dell’uso delle varie tecniche statistiche, di introdurre e verificare nuove metodologie, di descrivere criticamente i test esistenti. Le trattazioni attuali di p., rispetto a quelle di metà Novecento, dedicano poco spazio all’illustrazione delle tecniche, ormai gestite da packages computerizzati, e più spazio alla discussione dei fondamenti teorici e dell’appropriatezza delle varie metodologie. Le aree trattate includono i modelli di scaling (settore in cui è più rilevante l’apporto matematico e in cui è presente l’importante aspetto operativo della costituzione di norme per la standardizzazione dei punteggi), la validità, la struttura interna delle misure, l’uso dell’analisi multivariata (con particolare attenzione all’«analisi fattoriale», esplorativa o confermativa), l’analisi degli item con metodi tradizionali o più recenti (statistiche d’informazione, IRT) l’effetto di variabili contingenti sulla misurazione (per es. effetto della rapidità, dell’indovinare a caso, dello «stile di risposta»).
3. Negli ultimi trent’anni ha acquisito importanza crescente, ed è prossima a staccarsi dalla p., l’area applicativa che studia le corrette modalità per integrare l’atto valutativo nell’intervento educativo, psicologico o sociale. Questa problematica parte dal momento della pianificazione dell’intervento, includendo quindi una conoscenza critica degli strumenti esistenti e delle variabili intervenienti, affronta il momento in cui i dati del profilo testologico e di tutte le altre informazioni attinenti al soggetto devono essere integrati fra loro e commentati (spesso ormai anche con l’aiuto di software, di cui bisogna verificare la validità) e si conclude con la comunicazione dei risultati al soggetto o a un interlocutore sociale (per es. il consiglio di classe) in un quadro generale d’intervento.
Bibliografia
Guilford J. P., Psychometric methods, New York, McGraw-Hill, 1936, 1954; Thorndike R. L., Educational measurement, Washington D.C., American Council on Education, 1951,1971; Rubini V., Basi teoriche del testing psicologico, Bologna, Patron, 1975; Boncori L., Teoria e tecniche dei test, Torino, Bollati Boringhieri, 1993; Nunnally J. C - I. H. Bernstein, Psychometric theory, New York, McGraw-Hill, 31994; Barbaranelli C. - E. Natali, I test psicologici: teorie e modelli psicometrici, Roma, Carocci, 2005; Boncori L., I test in psicologia, Bologna, Il Mulino, 2006.
L. Boncori