POSTMODERNO / POSTMODERNITÀ
Più che una delimitazione cronologica, sia l’aggettivo sostantivato che il sostantivo astratto, starebbero ad indicare una situazione, uno stato, una condizione, una sensibilità letteraria, artistica, filosofica e culturale in genere che si va distanziando dalla → modernità.
1. Il condizionale è d’obbligo, in quanto si ha a che fare con un termine, carico di emozionalità contrapposta, quasi una parola d’ordine, di indubbia presa sui mass media e sull’immaginario collettivo, a cui vengono assegnati significati diversi fino all’ambiguità. Usato già in saggi letterari spagnoli e statunitensi di critica letteraria degli anni ’30-40 e dallo storico A. Toynbee nel 1947 in A study of history, per indicare una nuova fase storica successiva all’età moderna, il termine ha avuto fortuna con il saggio del filosofo francese J.-F. Lyotard (La condition postmoderne, 1979) e in sede letteraria con il saggio del critico statunitense I. Hassan (The question of post-modernism, 1981).
2. Secondo i teorici del p. la cultura moderna, vale a dire la visione del mondo e della vita, tipica della vicenda storica delle società dell’Occidente post-medioevale, sarebbe giunta al suo tramonto. La condizione postmoderna renderebbe manifesti i limiti e le sue configurazioni culturali ispirate all’umanesimo antropocentrico, che ha nella scienza e nella tecnica le sue massime espressioni di razionalità e nella capacità di trasformazione industriale e di azione politica le vie per costruire il proprio destino storico ed intramondano; ed evidenzierebbe la non assolutezza delle sue grandi narrazioni («meta-racconti» nella terminologia di Lyotard), specie quelli dell’ → illuminismo, dell’idealismo, del positivismo e del marxismo, che a loro modo legittimavano filosoficamente, eticamente e politicamente l’egemonia culturale dell’Occidente. O perlomeno metterebbe in risalto che, rispetto a una «modernità solida», con le sue strutture consolidate, prevarrebbe una «modernità liquida», caratterizzata dai flussi, dai processi, dalla costante innovazione, conseguente all’irrompere delle tecnologie informatizzate, dalla globalizzazione dell’esistenza e del mercato e culturalmente dal declino della metafisica. Il sapere risulterebbe irrimediabilmente frammentato, ipotetico, situato, costituzionalmente in itinere, insormontabilmente storico-culturale. Contenutisticamente assisteremmo alla motiplicazione delle Weltanschauung e delle fedi, che danno spettacolo di sé e che diventano piuttosto merce di consumo massmediologico, senza che nessuna possa di diritto imporsi alle altre come più vera. Al massimo può trovare pragmaticamente maggior accoglienza rispetto alle altre. Più che un sapere che definisce, avremmo a che fare con un sapere che parla, narra, racconta delle cose-eventi o di sé, che interpreta e produce nuove o rinnovate comprensioni (che «sfondano» le comprensioni precedenti, più che «fondare» posizioni) o semplicemente che opera «tecnologicamente» sul reale o lo «simula virtualmente».
3. Considerato da Habermas come segno della crisi in cui versa il progetto emancipativo della modernità, esaltato o bollato come «pensiero debole» (che si appoggia ed oltrepassa la critica culturale di Nietzsche e Heidegger), tacciato di rimettere in corso posizioni pre-moderne o reazionarie, il p. esprime a suo modo il vasto → pluralismo e la complessità sociale contemporanea. In tal senso costituisce un utile termine di confronto per la pratica educativa e la ricerca pedagogica, chiamata oggi, sempre più, a non fermarsi a soluzioni tecniche, ma a ripensare globalmente la cultura formativa.
Bibliografia
Lyotard J.-F., La condizione postmoderna, Milano, Feltrinelli, 1981; Vattimo G. - P. A. Rovatti (Edd.), Il pensiero debole, Ibid., 1983; Vattimo G., La fine della modernità, Milano, Garzanti, 1985; Habermas L, Il discorso filosofico della modernità, Roma / Bari, Laterza, 1987; Bauman Z., Modernità Liquida, Ibid., 2002; Chiurazzi G., Il p., Milano, Mondadori, 2002; Ambrosi E., Il bello del relativismo, Venezia, Marsilio, 2005; Bauman Z., Il disagio della p., Milano, Mondadori, 2007.
C. Nanni