EDUCAZIONE EXTRASCOLASTICA

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EDUCAZIONE EXTRASCOLASTICA

L’insieme delle occasioni, delle esperienze, degli interventi e delle agenzie formative che non hanno nella scuola (nei suoi curricoli, spazi, orari, funzionamenti) il loro punto di riferimento. In sostanza, tutto quanto avviene, per finalità educative, esternamente alla scuola e al di fuori della sua struttura istituzionale.

1.​​ Opposizione e continuità.​​ L’e.e. si definisce innanzitutto attraverso la distinzione rispetto a quella scolastica, che può assumere un significato puramente descrittivo e di rilevazione di fatto (ciò che non avviene a scuola) oppure un senso più approfonditamente qualitativo e «modale» (ciò che non avviene nei modi e con gli stili della scuola). Seguendo questa seconda accezione, occorre partire dall’analisi di una contrapposizione che ha percorso larghi tratti della pedagogia contemporanea. I sostenitori della pedagogia non direttiva, della​​ ​​ pedagogia istituzionale e della teoria della​​ ​​ descolarizzazione hanno sostenuto il primato del non scolastico sullo scolastico, mentre i fautori dello​​ ​​ strutturalismo, del​​ ​​ marxismo e del​​ ​​ personalismo hanno difeso quello della scuola. L’esperienza extrascolastica – per gli uni – consente di realizzare l’apprendimento come acquisizione di significati personali, libera da canalizzazioni rigidamente e deterministicamente precostituite, improntata a dinamismi di flessibilità ed elasticità, aperta ad una pluralità di risorse e di ambienti, rafforzata dalla gratuità delle occasioni personali di contatto e dall’assenza di apparati esterni di controllo e di autorizzazione. Il tirocinio scolastico – per gli altri – assicura le condizioni di un apprendimento culturalmente rilevante e metodologicamente provveduto, ripulito da ogni incrostazione di dilettantismo ed improvvisazione, orientato all’ acquisizione degli strumenti di analisi e riflessione critica personale. È chiaro, allora, che ad una visione «burocratica» della scuola si contrappone un’immagine «caotica» ed inaffidabile dell’e.e. Se questa contrapposizione risultasse incomponibile, diventerebbe impossibile pensare ad una sintesi tale da riunire in una composita ma armonica visione educativa tutte le diverse «sfere vitali» (​​ Pestalozzi) nelle quali si distende e si esplica l’esistenza della persona. La condizione prima di un​​ ​​ progetto formativo adeguato alla complessità ed alla controversa multilateralità della nostra esperienza consiste, invece, proprio nel prospettare il reciproco concorso del mondo della scuola e degli universi dell’ extrascolastico per la formazione dell’uomo in un orizzonte di​​ ​​ valori comuni e nel rispetto della diversità dei linguaggi e delle potenzialità. Lo scolastico può richiamare dall’extrascolastico la maggior distensione ed autenticità delle relazioni interpersonali, la concretezza dei contenuti, la naturalità delle motivazioni, il rispetto del desiderio esplorativo e l’assenza di formalismi; a sua volta, l’extra-scolastico può recepire dallo scolastico il rispetto della competenza, la stimolazione all’autonomia critica, la ricerca di mediazioni scientifico-razionali, il controllo del coinvolgimento emotivo, l’acquisizione di procedure rigorose di indagine, il perfezionamento degli strumenti espressivi. Non si nega, quindi, la scuola, ma non la si assolutizza; non si ignora, a sua volta, la vita, ma non si abbandona l’extrascolastico ad un puro e semplice gioco di forze ed influssi in contrasto fra loro e spesso privi di un orientamento formativo responsabile.

2.​​ Identità dell’extrascolastico.​​ L’«autodidassi» rappresenta l’elemento distintivo fondamentale dell’esperienza extrascolastica, in cui – come dice P. Furter – «l’obiettivo principale è quello di suscitare, sostenere e prolungare un processo attivo di acquisizione continua di ogni individuo all’interno di ciascuna delle situazioni che egli affronta per trasformare il suo vissuto culturale». A questo riguardo, si delineano due principali campi di attenzione: il fenomeno della «formazione diffusa» da una parte e le prospettive della «post-alfabetizzazione» dall’altra. Sul primo piano, è possibile constatare la presenza di un vasto ed articolato mondo di presenze culturali, comprensivo di un arco di contributi quanto mai composito – enti locali ed enti di decentramento, agenzie di divulgazione, agenzie culturali, cinema, musica, teatro, arte, storia, iniziative di aggiornamento tecnico-professionale, strutture di​​ ​​ educazione permanente e ricorrente – fino a poter parlare di sovrabbondanza, di dispersione e di diffrazione delle offerte. Nasce da qui l’esigenza di coordinamento e di razionalizzazione, che sembra aver trovato nel principio della «territorializzazione» il più produttivo criterio unificante. Resta, ad ogni modo, il problema di definire le strutture di autorevolezza e di potere cui affidare il coordinamento: enti locali, amministrazioni decentrate, libere associazioni di volontariato e / o professionali? Il tema della post-alfabetizzazione, poi, invita a riflettere sull’importanza di concepire l’e.e. come insieme di opportunità in grado di affrontare efficacemente impegni di consolidamento della preparazione alfabetica di base, di aprirsi a tutte le opportunità di alfabetizzazione in senso culturale, di includere delle possibilità di applicazione e di finalizzazione personale per tutti e di potenziare lo sviluppo delle comunità. Da entrambi i versanti appare evidente che il nodo centrale è costituito dalla messa in atto – per stare ancora con Furter – di «reti formative» intese come «insieme coerente, ma non necessariamente centralizzato o uniformizzato, di tutti gli insegnamenti che si indirizzano a differenti clientele in differenti momenti della loro vita in differenti situazioni». Al centro di questa ideazione, infine, sta la costruzione di una pedagogia dell’​​ ​​ e. permanente estesa a tutte le età della vita e, al suo interno, la fondazione di una vera e propria andragogia (teoria della formazione dell’adulto), che si concretizza nell’autovalutazione iniziale dei bisogni di formazione da parte dei destinatari stessi, nella loro partecipazione alla gestione della formazione e nell’organizzazione collettiva di essa.

Bibliografia

Furter P.,​​ «La formation extrascolaire et le développement dépendent», in​​ Les modes de transmission. Du didactique à l’extrascolaire,​​ Paris / Genève, PUF-IED,​​ 1976,18-102; Massa R.,​​ L’e.e.,​​ Firenze, La Nuova Italia, 1977; Associazione Pedagogica Italiana,​​ E.​​ scolastica ed extrascolastica oggi,​​ Atti del XIII Congresso Nazionale di Pedagogia, Bologna, Pàtron, 1979;​​ Furter P.,​​ Les systèmes de formation dans leur contextes,​​ Berne, Lang,​​ 1980, 157-191; 315-332; Scurati C. (Ed.),​​ L’e.e. Problemi e prospettive,​​ Brescia, La Scuola, 1986; Cisem,​​ La formazione diffusa,​​ Milano, Angeli, 1986;​​ Pain A.,​​ Éducation informelle,​​ Paris, L’Harmattan,​​ 1993;​​ Lamata Cotanda R. - R. Domínguez Aranda (Edd.),​​ La construcción de procesos formativos en educación no formal,​​ Madrid, Narcea, 2003.

C. Scurati