CAPITALISMO
È il sistema economico nato con la rivoluzione industriale (e ad essa intimamente congeniale) nell’Europa occidentale alla fine del sec. XVIII ed ora diffuso in maniera e misura diverse, in quasi tutto il mondo.
1. Il c. è fondato sulla proprietà privata (spesso anonima) dei mezzi di produzione (costituenti appunto quello che si chiama il capitale), sulle elevate (e crescenti) dimensioni delle unità produttive (le imprese), sul ruolo egemone dell’imprenditore, nell’organizzazione dell’attività produttiva, sulla dipendenza dell’apparato produttivo dalle richieste di un mercato libero e concorrenziale. Rispetto all’imprenditore i prestatori di lavoro si trovano in una posizione di subordinazione, sancita dal contratto di lavoro. I capitalisti sono i titolari della proprietà del capitale; ma i rischi (e naturalmente i vantaggi) dell’attività produttiva ricadono sull’imprenditore. Come il lavoro, così anche il capitale, quando non appartiene direttamente all’imprenditore (ed è la norma) deve essere adeguatamente rimunerato, secondo un prezzo determinato dal mercato. Il c. ha quindi esaltato la produttività del denaro; ne ha istituzionalizzato il mercato; ha creato un complesso di istituzioni finanziarie, aventi il compito di raccogliere il risparmio e di farlo affluire verso l’investimento. Simili istituzioni vengono ad assumere nel sistema un potere economico enorme, capace di esercitare forme di pesante condizionamento sulla politica sociale dei popoli.
2. Il primo c. è stato caratterizzato da forme di sfruttamento selvaggio del lavoro, che hanno prodotto, come reazione, la nascita del sindacalismo moderno e la formazione delle ideologie e dei movimenti socialisti. Col trascorrere del tempo, attraverso successivi e continui adeguamenti alle trasformazioni sociali, il c. ha mutato profondamente la sua fisionomia e si presenta oggi, con caratteri notevolmente diversi, costituiti soprattutto da un continuo aumento della produttività e della dimensione delle unità produttive, per una maggiore e più equa diffusione della ricchezza (almeno per i Paesi industriali avanzati), e per un tasso altissimo e crescente di consumi. Ma la creazione di un unico mercato mondiale, ha esasperato il divario economico esistente tra Paesi industriali avanzati e Paesi ancora in via di sviluppo, creando forme di miseria intollerabili, da cui non esiste per ora via praticabile di uscita. Dal punto di vista culturale, il c. può essere adeguatamente capito solo sullo sfondo dell’ideologia liberale. Il valore privilegiato da questa forma di pensiero è quello dell’individualità personale. Compito della → società è quello di liberarne tutte le possibilità di espansione attiva e di stimolarne intensamente le prestazioni sia materiali che culturali. Questa liberazione e questo stimolo sarebbero garantiti dal carattere competitivo del sistema capitalista. Il sistema stesso, col suo specifico funzionamento, senza bisogno di programmare nessuna forma sistematica di indottrinamento, esercita un influsso educativo inconsapevole ma efficace, volto a diffondere questa sua specifica visione dell’uomo e della società. Spetta perciò alla scuola e agli educatori di professione il compito di aiutare le nuove generazioni a una valutazione critica di questa ideologia e di una messa in guardia nei confronti di questo indottrinamento occulto, così largamente diffuso nella nostra cultura.
Bibliografia
Perroux F., Le capitalisme, Paris, PUF, 1960; Sweezy P. M., La teoria dello sviluppo capitalistico, Torino, Bollati Boringhieri, 1970; Dobb M., Economia politica e c., Ibid., 1972; Pont. Consiglio della Giustizia e della Pace, Compendio della Dottrina sociale della Chiesa, Città del Vaticano, LEV, 2004.
G. Gatti